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Carabineri-di-Scalea-“Nell'ordinanza appare più volte anche il nome di Mario Russo, che ha retto il Comune dal 2000 per dieci anni. In particolare, c'è un capitolo dedicato ai lavori per il porto turistico e la successiva gara d'appalto per il compostaggio dei rifiuti. Secondo il giudice, i dettagli riportati dal pm "sebbene non siano correlati a contestazioni specifiche, assumono valenza nella valutazione". E si legge, tra l'altro, che "a partire dal 2010, gli ‘ndranghetisti avevano determinato l’elezione di Basile che perpetrava un sistema già attivo con l’amministrazione Russo. Quest’ultimo appoggiava l’elezione di Basile salvo poi lamentarsi del fatto di non essere stato più coinvolto nella spartizione degli appalti".  Sulla vicenda specifica del porto, "Mario Russo, evidentemente, era al corrente del fatto che Basile gestisce gli appalti comunali per conto della cosca Valente-Stummo, pertanto, per il tramite di Marco Zaccaro e Nocito Mario, gli faceva sapere che doveva essere considerato, altrimenti non avrebbe rilasciato, quale componente di amministrazione dell’Arpacal, le autorizzazione previste dal Via", la valutazione di impatto ambientale.  Secondo l'accusa, anche la vecchia amministrazione, da lui guidata, sarebbe stata vicina a Pietro Valente, ritenuto il capo dell'omonima cosca. In particolare avrebbe fatto ottenere alla Cem Spa, riconducibile, tra gli altri, a Vincenzo D'Oriano, considerato contiguo al clan Cesarano di Castellamare di Stabia (Napoli), i lavori per la costruzione del porto turistico di Scalea, gara che aveva un importo di oltre 14 milioni di euro. Su questo versante le indagini di carabinieri e Dda di Catanzaro proseguono

E così i carabinieri hanno perquisito l'abitazione dell'ex sindaco a Scalea, quale indagato nella inchiesta Plinius, e il suo ufficio di capogruppo del Pdl alla Provincia di Cosenza

E non basta. Risulta indagato anche il presidente della Despar.

Oltre al suo socio Crisciti, anche Antonino g. finisce nei faldoni dell'operazione antimafia. Incroci pericolosi tra imprenditoria, politica e criminalità nelle pratiche per l'apertura di un nuovo centro commerciale a Scalea

Un'accusa che investe Santino Pasquale Crisciti, indagato «per un episodio di corruzione aggravato dal metodo mafioso». Colpa di una domanda per il rilascio di un'autorizzazione all'apertura di un centro commerciale. Crisciti è un imprenditore poco noto alle cronache. Più conosciuto di lui è il suo socio, Antonino g., «coindagato» – secondo quanto risulta dalle carte della Dda di Catanzaro – nell'operazione che ha visto l'arresto di 38 persone, tra cui il sindaco del centro dell'Alto Tirreno, Pasquale Basile.

Secondo l'accusa, nel corso del 2011 si consuma «l'ennesimo episodio corruttivo». Succede quando «l'allora assessore al Commercio Francesco Galiano accetta la promessa della consegna di una somma di denaro dall'imprenditore Santino Pasquale Crisciti per ottenere delle autorizzazioni relative all'apertura di un centro commerciale».

Ritorna così alla ribalta la storia della«ripulitura di proventi illeciti senza lasciar traccia». Ovvio che anche su questo versante le indagini di carabinieri e Dda di Catanzaro proseguono.

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57 persone denunciate per truffa, è il risultato di un'attività portata a termine dai finanzieri della Tenenza di Scalea nei confronti di altrettanti dipendenti del C.A.P.T. (Centro di Assistenza Primaria Territoriale) di Praia a Mare (CS), sede distaccata del distretto ASP di Cosenza, per aver attestato falsamente la presenza in servizio propria e di altri colleghi, facendosi "strisciare" e/o "strisciando" per altri il badge personale.

Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola, dott. Bruno Giordano sono state condotte anche mediante l'ausilio di strumentazione tecnica, grazie alla quale, utilizzando una telecamera nascosta nei pressi della macchina striscia badge e confrontando le immagini con gli elenchi delle strisciature giornaliere, è stato possibile individuare le condotte "sospette" e risalire con esattezza ai responsabili delle violazioni rilevate.

L'operazione è stata, infatti, denominata "striscia" proprio in ragione delle "strisciate" anomale dei badge da parte dei dipendenti del C.A.P.T., i cui ingressi sono stati monitorati per oltre un mese. Oltre 10.000 i filmati visionati e 136 le anomalie rilevate.

La struttura interessata, come detto, è il C.A.P.T. di Praia a Mare, sede distaccata del distretto ASP di Cosenza.

Alcuni dei 57 dipendenti denunciati, pur recandosi regolarmente a lavoro, strisciavano il badge di altri colleghi assenti o ritardatari; altri dipendenti invece si accordavano per scambiarsi il favore: uno di essi al momento dell'ingresso strisciava anche per uno o più colleghi, ed a sua volta veniva "smarcato" all'uscita ricevendo, ricambiato, il favore di prima. In questo modo il dipendente che arrivava in orario permetteva ai colleghi di arrivare in ritardo, ed egli in cambio poteva lasciare anzitempo il posto di lavoro.

Infine, una terza parte dei dipendenti denunciati si faceva strisciare da altri il badge sia in entrata che in uscita.

Una truffa ai danni dell'Ente sanitario ben strutturata, che ha coinvolto quasi i due terzi dei dipendenti del distretto ospedaliero e che si ripeteva giorno dopo giorno quasi fosse una normale operazione di servizio.

I 57 soggetti segnalati all'Autorità Giudiziaria si sono resi responsabili del reato di truffa aggravata, per aver attestato falsamente la propria presenza in servizio facendo strisciare ad altri il badge personale.

L'operazione appena conclusa dalle Fiamme Gialle di Scalea si incardina nel più ampio settore istituzionale della tutela della spesa pubblica che, nel difficile momento economico vissuto dal Paese, è percepita dai cittadini - sempre più sensibili verso tali tematiche - come un obiettivo prioritario.(Comunicato stampa della GdF Cosenza)

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Si tratta di Filippo D'Aprile, 52 anni, piccoli precedenti penali, titolare del distributore di benzina Agip nei pressi di Belvedere.

Alla base dell'omicidio dell'anziana ci sarebbe stato, quindi, un tentativo di rapina attuato con la minaccia di un'arma da taglio. Successivamente il D’Aprile avrebbe stretto le mani al collo per farsi rivelare il posto in cui nascondeva le chiavi della cassaforte contenente un consistente quantitativo di denaro contante e depositi bancari e postali.

Sono stati trovati, infatti, all'interno della cassaforte a muro 37.950,00 euro, oggetti in oro e documentazione bancaria e contabile, attestante tra l'altro la stipula di polizze vita, acquisti obbligazionari e investimenti in diamanti.

Stando alle informazioni da parte degli investigatori sarebbero stati 2 i tentativi di rapina.

Il primo il giorno 26 ottobre 2012 quando con il viso coperto da un passamontagna, avrebbe tentato di introdursi nell'abitazione del parroco per svaligiare la famigerata cassaforte di cui l'uomo conosceva esattamente l'ubicazione ma quando a causa di un ritardo imprevisto si sarebbe scontrato con il sacerdote pestandolo a sangue per poi darsi alla fuga.

Il secondo finito tragicamente per la signora Iolanda.

La soluzione del dilemma e l 'identificazione del responsabile dell'omicidio grazie al RIS di Messina che ha confrontato un campione di saliva prelevato da una tazza di caffè bevuta da D'Aprile con il DNA presente nei capelli ritrovati sul passamontagna e nelle tracce di sangue rivenute nell'appartamento.

Il D’Aprile era pratico del palazzo perché nello stesso abitava la suocera che, al momento, sembra estranea alle vicende in quanto nei giorni degli eventi pare fosse fuori casa.

 

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