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Scissione PD: meglio tardi che mai? Forse!

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Dopo un travaglio durato tre anni, quelli che vogliono continuare a essere e fare politiche di sinistra (Bersani, D'alema, Epifani, Speranza ecc.) lasciano il PDR (partito di Renzi).

Tanti iscritti ed elettori del PD, senza rumori, hanno capito già da tempo che il PDR non ha niente a che fare con la tradizione del socialismo e lo hanno lasciato.

 

Sarebbe stata molto più comprensibile l’uscita, senza le giravolte di Emiliano, in tante occasioni (legge elettorale (bocciata dalla consulta), abolizione dell’art. 18, riforma della costituzione (bocciata dagli italiani) ecc..

Ma ora, a scissione avvenuta, si può in ogni caso dire, meglio tardi che mai? Certo, ma con un grosso punto interrogativo.

Il dato positivo di questa scissione è sicuramente il fatto che a lasciare il PDR siano due ex segretari del PD (Bersani e Epifani),un ex segretario dei DS nonché primo ministro (Dalema) e un ex capo gruppo della Camera dei Deputati del PD (Speranza), tutti rami dell’albero del PCI e del socialismo.

Chiunque oggi, in buona fede, sentendosi di sinistra, rimane ancora nel PDR ha qualche motivo in più per interrogarsi!

Il dato negativo è che questo ritardo ha agevolato, nel corpo del PD, militanti ed elettori, consapevolmente o inconsapevolmente, una mutazione culturale profonda.

Ieri Berlusconi e la sua corte hanno gridato ai quattro venti un falso principio di garantismo che aveva come scopo finale l’impunità per i potenti e i politici, arrivando a sostenere, senza vergogna che Ruby era la nipote di Mubarak!

Oggi dirigenti centrali e periferici del PDR, giornalisti dell’Unità, ma purtroppo anche semplici iscritti provenienti dal PCI, difronte allo scandalo CONSIP, ripetono lo stesso mantra del garantismo e, senza arrossire, sostengono che l’incontro tra Marroni, ad di CONSIP, e Tiziano Renzi è avvenuto per parlare della statua della Madonna di Medjugorie. Prendere atto di questa mutazione culturale è fondamentale!

Il primo atto politico degli scissionisti dovrebbe essere di portare via dal PDR tutti quelli che vogliono continuare a essere di sinistra e intercettare i tanti che in questi tre anni lo hanno lasciato e sono rimasi a casa.

Il secondo obiettivo dovrebbe essere quello di riunire sotto una confederazione tutte le varie sigle della sinistra (Possibile di Civati,SI ecc.).

Per una tale confederazione c’è uno spazio elettorale che potrebbe arrivare e superare il 15%.

Ma questo sarà possibile solo se non si ha come obiettivo (come alcuni interventi lasciano capire) quello di togliere qualche voto al M5S per ritornare a una alleanza con il PDR.

L’unica via da percorrere, con tutti i problemi che sicuramente presenta, è che questa confederazione trovi convergenze con il M5S, che sicuramente ha consolidato il suo 30%, e che aspira a un cambiamento profondo della nostra società.

Non mi nascondo i problemi che sono tanti, a cominciare dall’Europa e dalle forme organizzative.

Ma ci sono tanti punti, sicuramente non secondari, orizzonti culturali nei quali una sinistra, degna di questo nome, dovrebbe riconoscersi e nei quali, per come si sta muovendo oggi, sembra potersi riconoscere anche il M5S.

Penso al reddito di cittadinanza, all’eliminazione di odiosi privilegi della casta, alla difesa, senza se e senza ma, della dignità del lavoro e del lavoratore, al necessario rispetto e a un confronto rispettoso con i sindacati, alla necessità che i rappresentanti del popolo non solo siano, ma anche appaiano, senza ombra di dubbio, onesti e che non siano a vita.

Ad avere come obiettivo immediato per le pensioni, anche già in essere, un max non sproporzionato rispetto ai contributi versati e all’eliminazione dei doppi e tripli vitalizi.

E ancora mettere sul tavolo il problema dei problemi delle società post-post industriali che richiederebbe un novello Marx!

La produttività del lavoro, grazie alla scienza e alle sue applicazioni tecnologiche in tutti i campi, ha avuto, rispetto a cento anni fa, un enorme incremento. (Pe fare un esempio semplificativo si pensi che cento anni fa, per zappare un ettaro di terra, a seconda del terreno e della tipologia di lavorazione, erano necessari 20-50 giorni lavorativi di otto ore. Oggi un trattore con meno di 10 ore lavora lo stesso terreno in modo migliore e quindi più produttivo).

In tutti i campi l’aumento di produttività dovuto alla tecnologia non è andato per lo più verso il capitale e ha aumentato a dismisura la diseguaglianza tra ricchi e poveri.

Dopo cento anni la giornata lavorativa è ancora di otto ore, la disoccupazione aumenta sempre più e il lavoro è diventato sempre meno remunerato, tanto che tantissimi lavoratori pur lavorando non possono assicurare a loro stessi e alle loro famiglie una vita dignitosa.

C’è necessità di una nuova sinistra che alla velocità e al cambiamento del PDR sappia contrapporre la lentezza saggia della democrazia, un cambiamento basato su un di più di uguaglianza e un di meno di privilegi, un di meno di corruzione e un di più di legalità, un di meno di competitività e un di più di solidarietà.

E ancora un di più di merito e un di meno di clientela, un di più di difesa della salute e un di meno di profitti, un di più di democrazia e un di meno di massonerie varie, un di più di partecipazione e un di meno di un solo uomo al comando, un di meno di “buona scuola renziana” e un di più di una scuola palestra di cultura e democrazia.

Un di più di rispetto del lavoro e dei lavoratori, un di più di uomini delle istituzioni al di sopra di ogni sospetto di clientela e corruzione, un di più di rispetto della Costituzione.

La scommessa di una sinistra rinnovata deve essere, che su tutte queste bandiere e questi orizzonti ideali, possa ritrovarsi insieme al M5S.

Se questo sarà il percorso degli scissionisti, allora certo, meglio tardi che mai!

E’ la sola via per far rinascere nel cuore e nella mente di tante persone la speranza che un mondo meno diseguale, diverso e migliore è possibile.

Giuseppe Furano

Redazione TirrenoNews

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