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Amici lettori di Tirreno News, oggi vi voglio raccontare una storiella vera per riderci sopra e per passare un po’ di tempo in allegria e per dimenticare per un momento tutte le brutture di questo pazzo mondo in cui viviamo.

C’era una volta.

I miei ex alunni certamente risponderebbero:- Un Re, signor Maestro –

No, ragazzi, c’era una volta un gallo, anzi ce ne erano due in un pollaio di campagna, due bei galli canterini che secondo alcuni facevano troppo rumore.

Con i loro simpatici e meravigliosi “Chicchirichì” troppo forti, svegliavano la gente del vicinato che ancora dormiva tranquilla nei loro letti dopo aver trascorso la nottata nei pub e nei locali notturni sniffando e bevendo.

E allora la gente, infastidita del loro canto, si è rivolta alla Polizia Municipale, la quale, dopo aver ricevuto numerose segnalazioni di protesta, è stata costretta ad iniziare le indagini e a cercare i due galli accusati di cantare troppo forte.

E fanno troppo rumore. Infatti due galli, come si dice in giro, nello stesso pollaio non stanno bene insieme. Non solo sono rumorosi e svegliano la mattina con i loro chicchirichì la gente che ancora vuole dormire, ma si beccano fra di loro continuamente per avere la supremazia sulle galline.

E’ successo a Bulgarello, frazione del Comune di Cadorago in provincia di Como.

Gli agenti della Polizia Municipale sono stati mandati in giro dal lro Comandante per scovare da dove provenissero quei fastidiosi e rumorosi chicchirichì e chi fosse il proprietario dei galletti incriminati.

Ma cosa hanno fatto questi due poveri galletti che sono stati incriminati, vedete un po’, di disturbo alla quiete pubblica?

Ma come, oggi il canto del gallo disturba la gente?

Ma il gallo così facendo non fa altro che il suo mestiere, quello di cantare.

Va bene, oggi, il suo canto non è più gradito e forse non è più gradito il canto d’estate dei grilli e delle cicale.

I ragazzi, oggi, preferiscono il canto di Baglioni, Morandi, Pausini, Giorgia, Nannini, Rossi, etc.

Ma allora i Vigili dovrebbero occuparsi e mettere a tacere non solo il canto dei grilli, delle cicale, dei fringuelli, dei cardellini degli usignoli che con i loro canti allietano le nostre lunghe giornate estive, ma anche i suoni assordanti provenienti dalle stanze dei vicini di casa avendo la radio e la televisione ad alto volume.

Ma ora quale decisione prenderanno?

I galli sono stati maltrattati? No. Cantano.

Fanno il loro mestiere. Li divideranno? Forse sì.

Due galli nello stesso pollaio in fondo sono davvero troppo e non stanno bene insieme. Ci abbiamo riso sopra, vero?

Vi è piaciuta la storiella? Viviamo, amici, un periodo triste e buio e tanta gente, invece di pensare a cosa serie, si inventa di tutto per dare fastidio agli altri.

Qualsiasi cosa si faccia, dà fastidio. E anche il canto gioioso di un gallo canterino oggi dà fastidio alla gente.

Per me e credo anche per voi il canto del gallo come il canto degli altri uccellini è bellissimo e non invidio i ragazzi di oggi che non sanno distinguere il canto di un cardellino dal canto di un usignolo.

Ricordo con nostalgia la mia cara mamma quando mi svegliava presto la mattina perché dovevo andare a scuola in Amantea e, fingendo di non sentire i baci suoi, mentre gli uccelletti a frotte cantavano sui rami in fiore i sogni della notte, mi giravo dall’altro lato.

di Francesco Gagliardi

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Stamattina il Tribunale collegiale di Catanzaro, presieduto dal giudice Tiziana Macrì, ha dato inizio al dibattimento del processo nato dall’operazione “Robin Hood” su una serie di manovre ritenute illecite intorno alla gestione dei fondi della Comunità europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficoltà.

 

In particolare, l’attività della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e del Ros di Catanzaro avrebbe accertato l’esistenza di un presunto “Comitato d’affari” che avrebbe distratto i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale “Credito sociale”, indirizzandoli su conti correnti di società private, anche all’estero.

Ammesse dai giudici le prove richieste dal pm della Dda di Catanzaro, Graziella Viscomi, e dalla difesa degli imputati.

Il Tribunale si è riservato di decidere solo in ordine ad alcune produzioni documentali richieste dalla Procura.

Nell’udienza odierna si sono costituiti parti civili alcuni soci della Cooperfin e la Regione Calabria. Bruno Calvetta, dirigente della Regione, risultava invece già costituto (in sede di udienza preliminare davanti al gup) parte civile.

L’udienza odierna è servita al Tribunale anche per rigettare un’eccezione di competenza territoriale sollevata dall’avvocato Francesco Sabatino (difensore di Ferrante), ed alla quale si sono associati gli altri difensori, che chiedeva lo spostamento del processo al Tribunale collegiale di Vibo Valentia sulla scorta del fatto che fra le contestazioni vi sono pure due estorsioni con le aggravanti di aver agevolato il clan Mancuso, che ha la sua roccaforte a Limbadi, nel Vibonese.

Allo stato, però, il Tribunale ha deciso di disattendere l’eccezione delle difese e il processo resta quindi a Catanzaro.

Gli imputati sono:

Nazzareno Salerno, 53 anni, di Serra San Bruno (recentemente reintegrato in seno al consiglio regionale);

l’imprenditore Gianfranco Ferrante, 54 anni, di Vibo Valentia;

Vincenzo Spasari, 57 anni, di Nicotera, impiegato di Equitalia a Vibo Valentia;

Pasqualino Ruberto, 47 anni, di Lamezia Terme, ex presidente di Calabria Etica, società “in house” della Regione Calabria (già consigliere comunale di Lamezia Terme);

Vincenzo Caserta, 61 anni, originario di San Costantino Calabro e residente a Catanzaro, ex direttore generale del Dipartimento regionale Lavoro;

Ortensio Marano, 44 anni, di Belmonte Calabro, ex amministratore delegato della Cooperfin Spa; Claudio Isola, 39 anni, di Vibo Valentia, già componente della Struttura speciale dell'assessorato al Lavoro della Regione Calabria;

Damiano Zinnato, 51 anni, di Nicotera, cognato del boss della ‘ndrangheta di Limbadi Luigi Mancuso;

Saverio Spasari, 29 anni, di Nicotera, figlio di Vincenzo;

Michele Parise, 45 anni, di Castrolibero;

Patrizia Nicolazzo, 44 anni, di Lamezia Terme;

Maria Francesca Cosco, 48 anni, avvocato di Catanzaro; Antonio Cusimano, 58 anni, di Catanzaro (componente del Comitato di gestione del Credito sociale);

Valerio Grillo, 66 anni, avvocato di Vibo Valentia (componente del Comitato di gestione del Credito sociale);

Bruno Dellamotta, 70 anni, nativo di Genova ma residente a Firenze.

Le accuse. Le indagini hanno documentato una serie di manovre ritenute illecite intorno alla gestione dei fondi della Comunità europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficoltà.

In particolare, l’attività della Guardia di Finanza di Vibo Valentia e del Ros di Catanzaro ha accertato l’esistenza di un presunto “Comitato d’affari” che avrebbe distratto i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale “Credito sociale”, indirizzandoli su conti correnti di società private, anche all’estero.

Nazzareno Salerno avrebbe favorito - secondo l'accusa - le nomine dei componenti del Comitato di gestione del Credito sociale “esclusivamente per motivi personali e privati, in particolare con Cusimano per via di rapporti di amicizia, con Valerio Grillo per via dell’appoggio elettorale”.

Con tale condotta avrebbe procurato ai nominati un ingiusto profitto patrimoniale, pari alle somme incamerate in forza dei contratti professionali stipulati con danno ingiusto di rilevante gravità per la Regione Calabria stimato in oltre 237 mila euro. Sequestrati in via preventiva nel corso dell’operazione beni per un valore di circa 2 milioni di euro.

Nel collegio di difesa figurano gli avvocati: Giancarlo Pittelli, Francesco Iacopino, Carlo Arnulfo, Giuseppe Viola, Nunzio Raimondi, Emanuele Luppi, Francesco Sabatino, Anselmo Torchia, Angelo Spasari, Giovanni Marafioti, Pasquale Barbieri, Giovanni Merante, Francesco Gambardella, Pasquale Naccarato, Mario Murone, Vincenzo Gennaro, Domenico Naccari, Nicola D'Agostino.

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Un anno fa – più o meno di questi tempi – le esigenze giornalistiche avevano giustamente richiesto la ribalta e la cosiddetta “prima pagina” per i tre arrestati eccellenti dell’operazione “Robin Hood” contro i papponi di Calabria Etica e così le fotografie di Pasqualino Ruberto e Nazzareno Salerno e le accuse contro il dirigente regionale Vincenzo Caserta hanno girato per tutta Italia.

Era passato in secondo piano invece il ruolo fondamentale del “bancomat” di questi papponi. tutti affamati di tangenti e soldi sonanti. Si chiama Ortensio Marano e viene da Belmonte, costa tirrenica cosentina, ad un passo da Amantea. 

I dieci milioni di euro di fondi comunitari stanziati per le famiglie bisognose sono stati trasferiti alla Fondazione Calabria Etica, e da qui girati attraverso un bando ad hoc ad una società privata, la Cooperfin spa dell’imprenditore Ortensio Marano, che in parte li distraeva dalla loro finalità facendoli girare su conti di gestione in modo da utilizzarli per la propria attività finanziaria, in parte li trasferiva direttamente all’ex assessore Nazzareno Salerno, mascherandoli sotto forma di prestito.

Duecentotrentamila euro: un prestito fittizio, secondo gli inquirenti, perché a fronte delle rate pagate dal politico, la società restituiva le stesse cifre per l’acquisto di quote di una società riferibile alla famiglia dello stesso Salerno.

Tutto questo un anno fa. Oggi, a distanza di poco più di un anno – appunto – scopriamo che il “bancomat”, pardon la Cooperfin, ha chiesto e ottenuto il pignoramento dello stipendio alla Regione di Nazzareno Salerno, quasi a voler dimostrare che quel “prestito” non è fittizio… Ovviamente sappiamo tutti che trattasi di mazzetta mascherata da prestito e questa mossa della Cooperfin potrebbe essere la spia di una forma di collaborazione con la magistratura e quindi con la DDA che non promette niente di buono per Nazzareno Salerno e gli altri suoi compari “papponi”.

Ricordiamo infatti che all’epoca hanno ricevuto un avviso di garanzia anche Maria Vincenza Scolieri, 41 anni, Cristiano Giacinto, 43, e Licia Soreca, 34 anni. I tre sono accusati di abuso d’ufficio in concorso “in qualità di componenti la commissione esaminatrice nominata in relazione alla gara indetta dalla fondazione Calabria Etica, per conto della Regione Calabria, in relazione a un partner di service finanziario connesso alla gestione del fondo a favore di coloro che versano in una situazione di temporanea difficoltà economica di cui al progetto “Credito Sociale”, dunque di pubblici ufficiali o comunque incaricati di un pubblico servizio”.

In estrema sintesi, Scolieri, Giacinto e Soreca avevano aggiudicato la gara alla società Cooperfin Spa nonostante fosse palese che non avesse i requisiti per poterla vincere.

Per raggiungere i propri obiettivi, Salerno ha estromesso quei funzionari che volevano escludere Calabria Etica dal progetto, tra cui l’ex dirigente Bruno Calvetta, che subì minacce e forti pressioni riprese anche dalle telecamere del Ros, e infine venne sostituito con Enzo Caserta, finito in manette nell’operazione.

Ruberto allora ha sottoscritto un avviso funzionale a quella selezione del tutto privo dei requisiti minimi per poter essere considerato un bando pubblico, non facendo alcun riferimento al valore del servizio da appaltare e individuando un termine di appena 7 giorni per la presentazione delle candidature, termine, “oltre che illegittimo anche inadeguato, in relazione alla richiesta di presentazione di un “progetto” che contenga proposte migliorative della gestione del servizio”.

Caserta ha poi omesso – pur avendo l’obbligo giuridico di intervenire – qualunque forma di controllo sulle modalità di selezione predisposte da Ruberto, mentre Marano ha concorso in questo in quanto “beneficiario della condotta illecita e negoziatore con Salerno, soggetto, a sua volta, ideatore ed istigatore della complessiva vicenda delittuosa, nonché in ultimo anche beneficiario del prezzo corruttivo che la Cooperfin Spa verserà in suo favore”.

E l’interesse della Cooperfin “non era certo la remuneratività del servizio, ma la disponibilità delle ingenti somme di cui poi avrebbe disposto in maniera assolutamente illecita”.

In definitiva, per il giudice, la predisposizione del “bando” risulta “essere stato chiaramente il frutto di una collusione fra chi lo ha formulato (Ruberto), chi ne ha affidato indebitamente la predisposizione (Caserta), chi aveva interesse a che fosse la Cooperfin ad aggiudicarsi il servizio (Salerno) e chi ne ha beneficiato, non tanto aggiudicandosi il servizio, ma appropriandosi concretamente addirittura della maggior parte (ben l’80% circa) delle somme gestite (Marano).

I 230.000 euro che sono stati trovati a Salerno sono palesemente il ricavato di una tangente. Euro versati al mafioso Salerno in due rate: la prima da 148.484 euro del 02.02.2015, la seconda da 82.255,46 euro, del 17.07.2015.

Le date dei versamenti, specie la prima, sono significative perché corrispondono allo stesso periodo (inizio 2015), quando Calabria Etica versa i soldi alla Cooperfin di Ortensio Marano. Come a dire: non appena i soldi sono stati accreditati e l’affare concluso, si passa al pagamento della mazzetta.

Dicono i magistrati: siamo di fronte ad una chiara mazzetta pagata a Salerno, in quanto ideatore del piano criminale che ha permesso alla Cooperfin di gestire il denaro del Credito sociale. E per giustificare la mazzetta, la cricca capeggiata da Salerno si inventa un prestito. E per “avallare” la tesi del prestito, Salerno versa fittiziamente anche qualche rata del presunto prestito alla Cooperfin. Denaro che Salerno riceveva attraverso versamenti, addirittura superiori all’importo fittizio della rate da pagare, guarda caso, dalla società M&M Management. E di chi è la società M&M Management? Guardo caso di Ortensio Marano, lo stesso che ha ricevuto la gestione attraverso la Cooperfin del denaro destinato al Credito sociale.

Sì, propio lui, Ortensio Marano da Belmonte, il bancomat dei papponi di Calabria Etica ma anche di Calabria Verde, per come abbiamo già documentato (http://www.iacchite.com/calabria-verde-principale-campanaro-le-grandi-manovre-cooperfin-tfr-dei-lavoratori/). Un uccellino ci aveva detto che presto ci sarebbero state novità. Ed aveva ragione. Buona fortuna a tutti!

Da Iacchite- 29 marzo 2018

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