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Sciuollu! Cumu ha da fare oie chin’è luntanu!

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NataleCosì scriveva Ciardullo in una sua poesia natalizia. E’ vero. Il Santo Natale per i calabresi è la festa più importante dell’anno, è una festa familiare. Dice un antico proverbio: - A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi-. E anche se durante l’anno per motivo di lavoro si trovano lontano dalle loro case e dai loro affetti, a Natale ritornano nei loro paeselli natii. E quelli che non hanno la possibilità di ritornare sentono tanta nostalgia della loro terra e le festività natalizie accentuano i ricordi. “Na cosa oie desideru: la casicella mia!-

Non desiderano soltanto la loro casetta, ma pensano alla tavola apparecchiata, al fuoco acceso nel camino, al grande falò che si accendeva sul sagrato della chiesa, dove grandi e piccini, ricchi e poveri, si riscaldavano la sera della vigilia, intrecciando canti, balli e danze, aspettando il suono festoso delle campane che annunciavano la nascita di Gesù Bambino. Sognano ad occhi aperti tutta la famigliola “ricota” da ogni angolo della terra intorno al fuoco e alla tavola “parata”, alle fritture di una volta, agli zampognari scesi dai monti oscuri che allietavano la serata col suono dello loro ciannamelle.”Sona zampugna! Portame luntanu alli tiempi felici e quatraranza!”, sembrano dire i calabresi ovunque sparsi per il mondo, perché il suono festoso della zampogna gli fa ricordare la loro fanciullezza spensierata e la festa più bella dell’anno, la più sentita. Sono tristi gli emigranti calabresi se non ritornano per Natale nei vecchi paesi abbandonati, perché lì hanno lasciato i loro vecchi genitori che profondamente soffrono la loro lontananza e che aspettano trepidanti il giorno del loro ritorno, almeno per Natale:- Veniti, figlicieddri, a mi trovari; luntanu ‘i vui ‘sa vita è ‘nu muriri!- Il Natale, dunque, per i calabresi ovunque dispersi ha un posto particolare nei loro cuori. E il fuoco scoppiettante dei falò, e i canti natalizi nelle chiese, e tutti gli usi e i riti di una volta ( la novena la mattina presto nella chiesa da Chiazza e la Ninna cantata con devozione dai fedeli è uno degli appuntamenti più sentiti dagli amanteani, una tradizione che si ripete grazie all’impegno del caro amico Francesco Sposato), sono ancora impressi nelle loro menti, e l’odore dei cullurielli, dei turdilli, delle trizzille, dei ciccitielli, gli riportano nella loro memoria la Calabria di un tempo, che , ahimè, oramai è scomparsa per sempre, anche se quella Calabria che ancora ricordano con nostalgia non ha saputo dare loro un posto di lavoro e li ha costretti ad andare raminghi per il mondo. E ora che Natale si avvicina, l’emigrante calabrese, lontano dalla sua amata terra di Calabria, si appoggia ai vetri della finestra e guarda fuori e pensa e sogna ad occhi aperti. Sembra di ascoltare le voci dei ragazzi che si rincorrono per le vie e le piazze del suo paese natio; sembra vedere i giovanotti trascinare tronchi di albero che servono per alimentare il fuoco di mezzanotte; sembra vedere le fanciulle portare nelle grandi ceste il muschio che sono andate a raccogliere nei boschi e che servirà per preparare il presepe, e, tremante e piangente, sembra ripetere:- Su ianche già le vie:puddrulie! Quelli che sono rimasti in Calabria e che sono stati quindi i più fortunati, hanno dimenticato queste usanze e questi riti magici, queste tradizioni che si tramandavano da padre in figlio. Sono ormai un dolce ricordo dell’infanzia e i racconti degli animali che parlavano la notte di Natale, le piante che fiorivano e che davano frutta prelibata, le fontane che versavano latte e miele, sono soltanto una invenzione della nonna e si perdono nella realtà del presente.

Nelle città, grandi e piccole, durante le feste natalizie si abbelliscono le vie cittadine con fantasmagoriche luminarie, si esibiscono cantanti famosissimi spendendo un sacco di soldi, si sparano fuochi d’artifizi al solo scopo di accrescere la popolarità dei politici locali, preoccupati soltanto di fare spettacolo e di far divertire i turisti occasionali e qualche visitatore alquanto distratto. Ma il Natale così concepito è privo di contenuti spirituali e religiosi, di sentimenti di affetto, di stima, di amicizia, di rispetto. E anche gli auguri che ci scambiamo in fretta sono privi del vero significato di una volta, di quell’affetto vero e sincero che esisteva tra amici e vicini di casa. La preparazione del presepe, la raccolta del muschio e della legna, la preparazione dei fritti natalizi, l’arrivo degli zampognari, la Messa di mezzanotte, la processione del Bambinello, il posto a tavola lasciato vuoto se un familiare mancava al pranzo di Natale, lo sparo dei “furgoli” e “tric trac”, le canzoncine, le recite, le “strine”, le letterine ai genitori nascoste sotto il piatto erano festosi appuntamenti, dei veri e propri riti, ai quali partecipavano tutti gli amici e i parenti, i vicini e i lontani, perché la gioia per essere vera, autentica, si doveva dividere con gli altri. E se in qualche casa di un amico o conoscente non si friggeva perché colpito da un lutto recente, era usanza mandargli i fritti natalizi in grande abbondanza. I fritti erano simbolo di festa e perciò non si friggeva nelle case colpite da lutti recenti e che un antico detto popolare definisce per tale motivo:” Amaro chilla casa can un si fria”.

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