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Redazione TirrenoNews

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Forse è utile che gli anziani sappiano di più sugli assegni sociali che li riguardano

Ecco qualcuna delle novità.

Di conseguenza, in applicazione della legge n. 122/2010 e della riforma “Fornero” (legge n. 214/2011), l’accesso all’assegno sociale nonché all’assegno sociale sostitutivo della pensione d’inabilità civile, all’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziali e alla pensione non reversibile ai sordi, è previsto solo dal compimento dei 65 anni e 3 mesi di età.

Naturalmente con l’innalzamento del requisito anagrafico per l’assegno sociale dal 1° gennaio 2013, la pensione d’inabilità civile, l’assegno mensile di assistenza agli invalidi parziale e la pensione non reversibile ai sordi, sono concesse, tenuto conto del riconoscimento sanitario e sussistendo le altre condizioni socio economiche previste - limiti di reddito – (vedi tab. A) a tutti coloro di età non inferiore al diciottesimo anno e fino al compimento del 65° anno e 3 mesi.

Chi, invece, provvede a presentare all’Inps la domanda di assegno sociale e compie 65 anni entro il 31 dicembre prossimo, in presenza anche dei requisiti socio economici necessari (vedi tab. B) ha diritto alla prestazione secondo la normativa previgente e quindi 65 anni di età. La stessa possibilità è prevista anche per gli invalidi civili titolari di pensione di inabilità, assegno mensile per invalidità parziale e pensione non reversibile ai sordi, che compiono 65 anni entro il 31 dicembre 2012.

Oltre all’adeguamento del requisito anagrafico in base alla speranza di vita, previsto con cadenza triennale dal 2013 e biennale dal 2021, cioè 3 mesi dal 2013 e ipotizzati in 4 mesi dal 2016, a partire dal 1° gennaio 2018 il requisito anagrafico per il conseguimento dell’assegno sociale, degli assegni sociali sostitutivi dell’assegno mensile di assistenza a favore dei sordomuti, della pensione di inabilità civile e dell’assegno mensile a favore dei mutilati e invalidi civili, sarà aumentato di un anno oltre all’incremento della speranza di vita di cui si è fatto cenno prima. (Vedi tab. C)

Vediamo adesso quali sono i presupposti per l’accesso all’assegno sociale dell’Inps e alle prestazioni assistenziali di invalidità civile.

L’assegno sociale

Si tratta di una prestazione di carattere assistenziale che prescinde del tutto dal pagamento dei contributi e spetta ai cittadini che si trovino in disagiate condizioni economiche.

A chi spetta

I requisiti richiesti sono i seguenti:

- cittadinanza e residenza sul territorio nazionale. Ne hanno comunque diritto anche i rifugiati politici, nonché i cittadini dell’Unione Europea, purchè risiedano in Italia;

- 65 anni di età, sia per gli uomini e sia per le donne (ma la riforma dal 2013, come si è detto, innalza questo requisito e lo aggancia all’adeguamento alla speranza di vita);

- Assenza di redditi, ovvero conseguimento di redditi inferiori ad un determinato limite (vedi Tab. B);

- Dal 1° gennaio 2009, inoltre, è richiesta una ulteriore condizione costituita dal soggiorno legale, in via continuativa, per almeno dieci anni in Italia.

L’importo spettante

L’importo dell’assegno sociale viene fissato in base all’entità del reddito personale e, nel caso di persone sposate, si tiene conto del reddito cumulato con il coniuge: la prestazione può essere liquidata in misura intera o ridotta.

Per esempio, se il richiedente ha un reddito annuo di duemila euro, avrà diritto ad un assegno sociale annuo di 3.577 euro pari a 275,15 euro mensili, tenendo conto del fatto che quest’anno l’importo dell’assegno è di 429 euro e il limite di reddito, del richiedente non coniugato, è di 5.577 euro.

Se un richiedente coniugato ha un reddito, cumulato con il coniuge, di 8mila euro, avrà diritto ad un importo di 3.154 euro annui pari a 242,62 euro mensili, tenendo conto del fatto che l’importo dell’assegno sociale è di 429 euro e il limite di reddito del richiedente coniugato è pari al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale, cioè 11.154 euro.

Non si avrà diritto all’assegno se si possiedono redditi superiori al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale.

Quali redditi

Ai fini del diritto all’assegno sociale, per reddito si intende tutto ciò che il soggetto richiedente e il proprio coniuge possiedono in via continuativa, compresi i redditi esenti da irpef (come, ad esempio, la pensione di guerra) e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva (interessi bancari, Bot, Cct ecc.).

Non contano, invece, il reddito derivante dalla casa di proprietà, purchè direttamente abitata dal richiedente, i trattamenti ricevuti a titolo di liquidazione per fine rapporto di lavoro e le competenze arretrate soggette a tassazione separata, lo stesso assegno sociale e i proventi provenienti da alcune forme assistenziali (le indennità di accompagnamento, gli assegni per l’assistenza personale continuativa erogati dall’Inail per invalidità permanente assoluta, gli assegni per l’assistenza personale e continuativa pagati dall’Inps ai pensionati per inabilità, l’indennità di comunicazione per i sordomuti, l’assegno agli ex combattenti di guerra).

Le altre prestazioni assistenziali

Malgrado le modifiche introdotte nel 2010 e 2011 dalle leggi approvate con le diverse manovre economiche, nulla è cambiato e, allo stato attuale, sono considerati invalidi tutti coloro affetti da minorazioni non riconducibili a causa di guerra, di servizio e di lavoro, che appartengono ad una delle seguenti categorie:

- I cittadini di età compresa tra i 18 e i 65 anni affetti da menomazioni congenite o acquisite che comportano una riduzione della capacità di lavoro non inferiore ad 1/3;

- I minori di 18 anni con difficoltà persistenti a svolgere compiti e funzioni proprie dell’età;

- I cittadini con più di 65 anni non autosufficienti.

- L’assegno di assistenza

Agli invalidi, con età tra i 18 e 65 anni ed un grado di invalidità compreso tra il 74 e il 99 percento, spetta un assegno mensile di assistenza per 13 mensilità.

Per fruire dell’assegno – pari quest’anno a euro 267,57 mensili – l’invalido deve essere disoccupato, residente in Italia e avere un reddito annuo personale (quello del coniuge non conta) che non superi un determinato limite (euro 4.596,02 per il 2012).

In presenza di queste condizioni, anche i cittadini stranieri, compreso gli extracomunitari se titolari di carta di soggiorno, possono ottenerlo.

- La pensione di inabilità

Spetta agli invalidi ai quali sia stata riconosciuta un’inabilità lavorativa totale e permanente del 100 per cento.

L’importo è pari a quello stabilito per l’assegno di assistenza, ma le condizioni di accesso sono più facili in quanto il limite di reddito annuo personale è molto più elevato (euro 15.627,22 per il 2012.)

- L’indennità di accompagno

Questa prestazione è un sostegno economico che viene erogato alle persone che non sono in grado di camminare o di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita (mangiare, lavarsi, vestirsi ecc.). L’importo dell’indennità, pari a euro 492,97   mensili, viene erogato per 12 mensilità.

Detta prestazione viene concessa a prescindere dall’età e dalle condizioni economiche dell’interessato. Possono ottenerla a qualsiasi età, sia le persone meno abbienti che i benestanti.

Non è poi legata alla composizione del nucleo familiare e non è reversibile.

E’ cumulabile con la pensione d’inabilità e con altre prestazioni spettanti per altre minorazioni civili ai ciechi e ai sordomuti.

E’ opportuno, comunque, data la particolare materia rivolgersi agli uffici del Patronato

Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dalla minoranza di Belmonte Calabro al sindaco ed all'Ufficio tecnico:

     Al Sig Sindaco Comune di Belmonte Cal.

E.p.c Responsabile Ufficio Tecnico Comunale

SEDE

Oggetto: Frana strada comunale Loc. Campanari

Il sottoscritto Dr. Giancarlo Pellegrino capogruppo Gruppo Consiliare “Uniti Per Cambiare “ fa presente quanto segue:

-premesso che si è verificata una frana sulla strada comunale in Loc. Campanari,

-che l’ostacolo , ovvero il materiale da risulta che si è riversato sulla stessa strada, è stato temporaneamente rimosso, ma non totalmente, grazie alla solerzia del Vigile Urbano Magnone,

-che necessita provvedere , nel più breve tempo possibile, alla manutenzione ordinaria e straordinaria della strada in questione , magari con il semplice posizionamento di “canalette per la regimentazione delle acque ,

-che tale manutenzione è indifferibile ed urgente,

tanto premesso

si invita la S.V. a provvedere con somma urgenza alla manutenzione ed al ripristino completo della strada ,così come richiesto dai cittadini residenti,provvedendo anche al posizionamento della “ canaletta e di quant’altro per evitare ulteriori disservizi .

Si resta in attesa di un immediato e definitivo intervento e si porgono cordiali saluti.

Belmonte Cal. Li 13/05/2013      

Dr. Giancarlo Pellegrino

Gruppo “Uniti Per Cambiare”

Sempre più difficile per un cittadino “qualsiasi” capire la “Giustizia” italiana. Si, è vero, può sembrare un luogo comune. Ma se ne cercate davvero la conferma leggete la seguente sentenza.

La vicenda:

  1. 1)Il Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, con decreto n. 106 del 20.10.2011 avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex dPGR n. 18/2010. Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, dispone la riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, privandolo di tutti i posti letto per i reparti della Chirurgia generale, dell’Ostetricia e Ginecologia e della Pediatria;
  2. 2)Un gruppo di cittadini ne chiede l’annullamento previa sospensione e si rivolge al Tar calabria;
  3. 3)Si è costituita in giudizio la Regione Calabria, la quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, atteso che i provvedimenti impugnati –trattandosi di atti generali di organizzazione - non ledono, in maniera diretta, attuate e concreta la posizione soggettiva dei ricorrenti, alcuni dei quali nemmeno risultano residenti nel Comune di San Giovanni in Fiore; sempre in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione di provvedimenti presupposti; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso;
  4. 4)Si sono costituiti in giudizio anche il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, il Ministero della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito, preliminarmente, l’irricevibilità per tardività del ricorso con riferimento al DPGR n. 18/2010, al DGR n. 908/2009, al Piano di rientro approvato con DGR n. 845/2009, ai DD GR n. 490/2010 e n. 492/2010, alla deliberazione di nomina del Commissario ad acta del 30.7.2010; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del DPGR n. 26/2010, con riferimento al quale gli atti impugnati sono meramente esecutivi; sempre in via preliminare, la difesa erariale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
  5. 5)Ha anche eccepito il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere in capo ai ricorrenti, considerato che i provvedimenti impugnati non ledono direttamente e concretamente alcuna posizione soggettiva degli stessi

Ed infatti il TAR ha dichiarato che “Nel caso in esame, pertanto, alla generica qualificazione dei ricorrenti quali “cittadini”, non si accompagna alcun elemento diretto a far supporre che in capo ad essi posso sussistere un interesse dotato dei necessari requisiti di attualità e di concretezza, che soli possono legittimare l’azione in giudizio”.

Cittadini senza diritti, cittadini senza difesa dinanzi allo strapotere dello Stato e dei suoi Commissari.

Per chi vuole ecco la sentenza integrale

N. 00565/2013 REG.PROV.COLL. N. 00566/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria(Sezione Prima) ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 566 del 2012, proposto da:
Giovambattista Nicoletti, Giovanni Bitonti, Giovanni Alessio, Francesco Scarcelli, Pietro Mazza, Alfonso Lorenzano, Francesco Antonio Loria, Francesco Antonio Talerico, Giuseppe Oliverio, Giuseppe Mancina, Giusi Gallo, Caterina Basile, Giuseppe Oliverio, Biagio Biafora, rappresentati e difesi dagli avv. Luisa Lopez, Franca Migliarese Caputi e Oreste Morcavallo, con domicilio eletto presso lo studio di quets’ultimo in Cosenza, corso Luigi Fera, 23;

contro

Regione Calabria, rappresentata e difesa dall'avv. Franceschina Talarico, dell’Avvocatura Regionale, con domicilio eletto in Catanzaro, Viale Cassiodoro 50 (Palazzo Europa);
Presidente Giunta Regionale - in Qualita' di Commissario Ad Acta per l'attuazione del Piano di Rientro, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministero della Salute, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento, previa sospensione cautelare,

-del decreto n. 106 del 20.10.2011 del Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex dPGR n. 18/2010. Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, nella parte in cui dispone la riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, privandolo di tutti i posti letto per i reparti della Chirurgia generale, dell’Ostetricia e Ginecologia e della Pediatria;

di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente e, specificamente, del citato decreto n. 18/2010 del Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro, della deliberazione n. 908/2009 avente ad oggetto “accordo per piano di rientro del servizio sanitario regionale della Calabria ex art. 1 comma 180 L. 311/2004, sottoscritto tra il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della salute ed il Presidente della Regione Calabria il 17 dicembre 2009 – Approvazione”, successivamente integrata dalla DGR n. 97/2010, per quanto di interesse del Piano di rientro, approvato con deliberazione n., 845/2009, delle deliberazioni della Giunta Regionale nn. 490 e 492 del 2.7.2010, della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 30.7.2010, con la quale il Presidente della Giunta Regionale è stato nominato Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Calabria e di Presidente Giunta Regionale - in Qualita' di Commissario Ad Acta Per L'Attuazione del Piano di Rientro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2013 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso straordinario ex art. 8 d.P.R. n. 1199/1971 e ss.mm., gli odierni ricorrenti impugnavano, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, il decreto n. 106 del 20.10.2011 adottato dal Presidente della Giunta Regionale nella qualità di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro ed avente ad oggetto “Riordino rete ospedaliera ex DPGR n. 18/2010 - Determinazione dei posti letto per acuzie e post acuzie pubblici e privati. Obiettivi: G.01 S.01 – G.01 S.02”, nella parte relativa alla riconversione dell’Ospedale di San Giovanni in Fiore, unitamente agli ulteriori atti in epigrafe meglio indicati.

A seguito dell’opposizione della Regione Calabria, con atto di costituzione in giudizio ex art. 10, comma 2, d.P.R. n. 1199/1971, i ricorrenti hanno riproposto, avanti a questo Tribunale, le proprie ragioni di ricorso ed hanno rinnovato la richiesta di annullamento degli atti impugnati, sempre previa sospensione cautelare.

Premesse le vicende che hanno condotto all’adozione del Piano di rientro dal disavanzo nel settore sanitario ed al commissariamento della Regione Calabria, i ricorrenti hanno evidenziato che, con il decreto n. 106/2011, l’Ospedale di San Giovanni in Fiore è stato riconvertito da ospedale generale ad ospedale di montagna, con conseguente riduzione dei posti letto in medicina generale, chiusura dei reparti di Chirurgia generale, di Ostetricia, di Ginecologia e di Pediatria, riconversione di detti due ultimi reparti in Day-surgery e trasformazione delle strutture complesse in strutture semplici.

In punto di legittimazione, i ricorrenti hanno precisato di essere cittadini, direttamente destinatari delle misure restrittive adottate, aderenti ad un Comitato pro ospedale “Pubblicamente”, alcuni di essi dipendenti dell’Ospedale stesso, che direttamente avvertono le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti; pertanto, hanno interesse ad agire al fine di tutelare il mantenimento di un’assistenza ospedaliera congrua rispetto alle proporzioni ed esigenze del territorio in cui vivono, interesse direttamente riconducibile all’art. 32 della Costituzione.

Quanto ai motivi di ricorso, in sintesi, i ricorrenti hanno denunciato l’incompetenza del Commissario ad acta ad assumere gli atti impugnati per violazione della legge n. 191/2009, l’illegittimità, con riferimento al D.L. n. 78/2009, convertito con legge n. 102/2009, della nomina del Commissario ad acta e l’illegittimità della mancata cessazione dall’incarico una volta approvato il Piano di rientro, nonché la violazione, a seguito dell’adozione del provvedimento contestato, delle indicazioni generali contenute nel Piano stesso e conseguente mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza; sotto altro profilo, è stato denunciato il mancato coinvolgimento dei Comuni, quali soggetti interessati, che direttamente beneficiavano delle prestazioni dell’Ospedale; ancora, è stato evidenziato che la riorganizzazione della rete ospedaliera di cui al decreto 106 ha determinato una evidente riduzione dell’offerta sanitaria su una vastissima area della provincia di Cosenza, disagiata dalla collocazione geografica e che, al fine di evitare una evidente disparità di trattamento, si doveva procedere alla riorganizzazione anche delle strutture ospedaliere private; si è, altresì, denunciato che la riorganizzazione è avvenuta senza una adeguata istruttoria, con evidenti distorsione nei “tagli” operati tra le tre aree (Nord, Centro e Sud) della Regione, senza adeguatamente valutare l’inappropriatezza delle prestazioni e la mobilità attiva e passiva; infine, è stato rilevato che a fronte della soppressione dei reparti e della riduzione dei posti letto, è mancata ogni misura di compensazione idonea a permettere alle popolazioni residenti di esercitare il diritto fondamentale alla salute, né è stata verificata la possibilità di utilizzare strutture limitrofe, con conseguente compromissione dei livelli minimi di assistenza.

Si è costituita in giudizio la Regione Calabria, la quale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, atteso che i provvedimenti impugnati –trattandosi di atti generali di organizzazione - non ledono, in maniera diretta, attuate e concreta la posizione soggettiva dei ricorrenti, alcuni dei quali nemmeno risultano residenti nel Comune di San Giovanni in Fiore; sempre in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione di provvedimenti presupposti; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso.

Si sono costituiti in giudizio anche il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, il Ministero della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale ha eccepito, preliminarmente, l’irricevibilità per tardività del ricorso con riferimento al DPGR n. 18/2010, al DGR n. 908/2009, al Piano di rientro approvato con DGR n. 845/2009, ai DD GR n. 490/2010 e n. 492/2010, alla deliberazione di nomina del Commissario ad acta del 30.7.2010; ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del DPGR n. 26/2010, con riferimento al quale gli atti impugnati sono meramente esecutivi; sempre in via preliminare, la difesa erariale ha eccepito il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse a ricorrere in capo ai ricorrenti, considerato che i provvedimenti impugnati non ledono direttamente e concretamente alcuna posizione soggettiva degli stessi. Nel merito, si è evidenziata l’infondatezza del ricorso.

Alla Camera di Consiglio del 5 luglio 2012, è stata chiesta la riunione dell’istanza cautelare al merito.

Alla Pubblica Udienza del 22 marzo 2013, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminarmente, è necessario scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e difetto di legittimazione, formulata sia dalla Regione Calabria che dalla difesa erariale.

L’eccezione è fondata.

E’ opportuno ricordare che, in punto di legittimazione, i ricorrente hanno precisato di agire quali cittadini “direttamente destinatari delle misure restrittive adottate”, tutti aderenti “ad un Comitato pro ospedale “pubblicamente”; hanno, altresì, aggiunto, che alcuni di essi sono dipendenti dell’Ospedale e, quindi, “direttamente avvertono le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti indicati ad ogni livello”.

Ebbene, il Collegio rileva che la mera qualità di “cittadino” non è sufficiente a legittimare il ricorso avverso specifici atti di portata generale assunti dalla Pubblica Amministrazione.

Invero, è stato autorevolmente osservato che “la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l'esistenza di un interesse attuale e concreto all'annullamento dell'atto; altrimenti l'impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa" (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4544; in tal senso anche Consiglio di Stato, sez. IV, 13 dicembre 2012, n. 6411).

Nel caso in esame, pertanto, alla generica qualificazione dei ricorrenti quali “cittadini”, non si accompagna alcun elemento diretto a far supporre che in capo ad essi posso sussistere un interesse dotato dei necessari requisiti di attualità e di concretezza, che soli possono legittimare l’azione in giudizio.

In tale prospettiva, i ricorrenti sono portatori di un mero interesse diffuso, non assumendo la titolarità di alcuna posizione giuridica differenziata rispetto alla collettività, con riferimento all’impugnazione di atti di portata generale, concernenti la gestione di servizi; è’ appena il caso di aggiungere, infatti, che la mera sussistenza della residenza o domicilio nell’ambito del Comune nel quale insiste il presidio ospedaliero di cui si tratta, non è circostanza tale da integrare la dimostrazione di una lesione attuale e concreta della posizione giuridica dai medesimi vantata (TAR Liguria, sez. II, 15 febbraio 2012, n. 290).

Quanto al riferimento, operato in ricorso, al Comitato pro ospedale “Pubblicamente”, si osserva che, per giurisprudenza consolidata, ai fini del riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, occorre che il comitato spontaneo di cittadini sia munito di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati. Inoltre, occorre che l’attività del comitato si sia protratta nel tempo e che, quindi, il comitato non nasca in funzione dell’impugnativa di singoli atti e provvedimenti (in tal seno, T.A.R. Toscana,  sez. II, 25 agosto 2010, n. 4892). Del resto, anche con riferimento alle associazioni che si fanno portatrici di interessi diffusi, la giurisprudenza ne ammette la legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione di atti ritenuti lesivi dei predetti interessi a condizione che esse posseggano i seguenti requisiti: a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di protezione degli interessi dedotti nel giudizio; b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità; c) abbiano un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. Ciò in quanto lo scopo associativo non è di per sé sufficiente a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota facente capo ad un parte più o meno ampia della popolazione. (in tal senso, Consiglio di Stato sez. V, 14 giugno 2007 n. 3192; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 9 luglio 2012, n. 1914).

Nel caso in esame, i ricorrenti si sono limitati ad affermare, in modo del tutto generico, di aderire “ad un Comitato pro ospedale “Pubblicamente” , senza allegare alcun altro elemento utile a dimostrare la sussistenza dei requisiti necessari per fondare la legittimazione ad agire.

Quanto, infine, alla circostanza che alcuni dei ricorrenti –peraltro nemmeno nominativamente indicati - affermano di essere dipendenti dell’ospedale oggetto dell’intervento di riconversione, si rileva, a prescindere da ogni altra considerazione, che i medesimi si limitano a sostenere che a seguito dell’atto impugnato avvertirebbero direttamente “le conseguenze delle disposte chiusure dei reparti indicati ad ogni livello”, senza minimamente dedurre quale lesione effettiva, concreta, attuale e diretta subirebbero della contestata riconversione, senza minimamente addurre, pertanto, una specifica doglianza in relazione alla compromissione del proprio interesse, nemmeno rappresentato, con conseguente inammissibilità dell’azione.

In conclusione, per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso è inammissibile, restando assorbita ogni altra questione sollevata dalle parti.

In considerazione della particolarità della questione affrontata, sussistono giustificate ragioni per compensare tra tutte le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Iannini, Presidente FF

Anna Corrado, Primo Referendario

Alessio Falferi, Primo Referendario, Estensore

 

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