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Redazione TirrenoNews

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Quando imbatti nel vero giornalismo è difficile non restarne colpiti. Vi riportiamo “l’illuminante” articolo tratto dalla GdS di oggi 14 maggio sulla vicenda del “30” alla figlia del Boss, un giallo ancora tutto da scoprire e seguire per la penna di Arcangelo Badolati: “Il “giallo” dell’esame. E la figlia del boss. Lo scorso anno la Dda di Reggio Calabria ha messo il naso nelle stanze dell’ateneo di Arcavacata. È avvenuto causalmente nell’ambito di un’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto antimafia, Nicola Gratteri e del pm distrettuale, Antonio De Bernardo, su una cosca di Marina di Gioiosa Ionica. Una cosca che – more solito – esercitava un controllo totalizzante sul territorio di sua competenza. Influenzava e condizionava l’imprenditoria e tentava approcci con il mondo politico- istituzionale. Intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, riprese filmate consentirono ai pubblici ministeri di disegnare la mappa dei presunti interessi criminali.

Le vicende, focalizzate in una ordinanza di custodia cautelare, sono tuttora oggetto di verifiche processuali. Il quadro ipotizzato dai magistrati inquirenti deve insomma trovare consacrazione in una sentenza definitiva. Durante le indagini preliminari accadde, però, che gl’investigatori s’imbatterono in una strana telefonata in cui si tirava in ballo un apprezzato docente dell’Università della Calabria, Franco Rubino (nella foto GdS a sx), già preside della Facoltà di Economia, ex assessore del comune di Rende ed oggi direttore del Dipartimento di Scienze aziendali e giuridiche.

Il nome del professore saltò fuori in una telefonata del 2007 tra l’ex assessore provinciale reggino, Rocco Agrippo e tale Gaetano. Il riferimento era ad un esame da garantire alla figlia del boss di Marina di Gioiosa, Rocco Aquino. L’uomo politico sarebbe stato pronto, secondo gl'inquirenti, a favorire la celebrazione dell’esame solo pro forma, coinvolgendo, attraverso il misterioso Gaetano, il titolare della cattedra e i suoi assistenti. Tra il professore Rubino e appartenenti al clan non ci sono però mai stati contatti diretti. E nemmeno tra il cattedratico e Agrippo.

Tuttavia, la cosa venne organizzata: la ragazza avrebbe dovuto passare dalla stanza del docente alle tre e mezza del pomeriggio. Il professore non ci sarebbe stato. Al posto suo, la giovane Aquino avrebbe trovato gli assistenti pronti a stamparle un bel trenta sul libretto.

Il colloquio telefonico tra Agrippo e il mai identificato Gaetano è illuminante: «Alle tre e mezza deve andare nella stanza del professore Rubino – dice Gaetano –. Lei va dal professore, lui non ci sarà, ma non ci sarà volutamente ».

La ragazza troverà gli assistenti – almeno secondo l’ipotizzato piano – «Loro sanno che devono fare e chiudono la partita». È Rocco Aquino a spiegare poi telefonicamente – ignaro d’essere intercettato – alla figlia quello che deve fare: «Vai a bussare che c’è l’assistente e gli spieghi chi sei e chi non sei». La vicenda si svolgerà secondo il progetto previsto. Alle 15,31 del 15 maggio 2007, Valentina Aquino chiama il padre e gli dà la lieta notizia: «Ho preso 30». E Rocco Aquino, di rimando, le risponde: «Ah...brava ».

Il fascicolo d’inchiesta, considerato che non è stata individuata metodologia mafiosa, è stato nei mesi scorsi trasferito, per competenza, alla procura di Cosenza, diretta da Dario Granieri. Ed è finito sul tavolo del pm Antonio Tridico, il togato che già s’è occupato dell’indagine sui falsi esami registrati nella facoltà di Lettere dell’Unical.

Tridico, lette le carte, ha iscritto sul registro degli indagati il professore Rubino, che sarà interrogato nelle prossime settimane, il suo assistente, Maurizio Riya e Valentina Aquino. Riya, già interrogato, ha respinto tutte le accuse, mentre la Aquino s’è avvalsa della facoltà di non rispondere.

L’ipotesi d’accusa contestata ai tre indagati è il concorso in falso. Tutti e tre dovranno naturalmente essere considerati innocenti sino alla definizione della vicenda giudiziaria. Arcangelo Badolati”

Nota del WWF Calabria: La notizia della maxi operazione contro il bracconaggio portata a termine nei giorni scorsi dal Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Corpo Forestale dello Stato nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, non può che suscitare la soddisfazione di tutti coloro che hanno a cuore la tutela effettiva della biodiversità all’interno delle aree protette.

L’operazione denominata “Montea”, che ha portato alla denuncia di ben 11 persone dedite ad attività di caccia abusiva nel parco , nonché al sequestro di 35 fucili, 1500 munizioni e diverse ricetrasmittenti, dimostra ancora una volta ed in maniera eclatante quanto diffuso e radicato sia il fenomeno del bracconaggio nella nostra regione, a tal punto da non risparmiare neppure quei santuari della natura che dovrebbero essere i parchi nazionali e le altre zone protette.

Il WWF Calabria rivolge pertanto un doveroso ringraziamento a tutti quegli appartenenti al Corpo Forestale dello Stato che , anche mediante l’uso di sofisticate tecniche di indagine , hanno reso possibile questo importante risultato nella lunga e difficile battaglia contro coloro che , incuranti dei divieti, attentano al patrimonio faunistico dell’intera comunità.

L’appello del WWF è quello di incrementare le attività di vigilanza e di repressione del triste fenomeno che purtroppo si manifesta in forme diverse e tutte fortemente dannose per la fauna, come ad esempio la caccia notturna agli ungulati (caprioli e cinghiali), l’uso di richiami (anche in un periodo di caccia chiusa come questo), l’allestimento di lacci e tagliole micidiali per Tassi, Volpi, Cinghiali e talvolta gli stessi cani, la diffusa pratica dell’uccellagione e la cattura di nidiacei.

Ben vengano le manifestazioni e le iniziative per una maggiore fruizione turistica dei Parchi, purchè avvenga nel pieno rispetto dell’ambiente, ma non si trascuri l’attività di sorveglianza e di difesa delle aree protette dai troppi vandali che ne minacciano di continuo l’integrità.

Nella foto mappa cesio 137 in Piemonte ( da Legambiente)

Intanto il fatto. Avevamo già scritto ricordando la storia delle bandiere blu in Calabria ed anticipando che avremmo saputo di più oggi 14 maggio allorchè sarebbero stati presentati i dati delle bandiere blu del 2013. Ed ecco il triste risultato: Marina di Gioiosa Jonica, Cariati e Amendolara perdono il riconoscimento. La provincia di Cosenza sparisce dalla mappa del turismo sostenibile. Mentre in Italia le spiagge “blu” aumentano, in Calabria diminuiscono.

La classifica italiana ci dice che la Liguria, ha 20 località vincitrici; seguono con 18 spiagge doc le Marche, la Toscana con 17,l'Abruzzo mantiene le sue 14, la Campania conferma le sue 13, la Puglia le sue 10, l'Emilia Romagna le 8, il Lazio le 5 come nel 2012. La Sardegna aumenta di una località e sale a 7, nessuna novità per il Veneto con 6 Bandiere Blu, mentre il Molise guadagna un riconoscimento ricevendo 3 Bandiere blu. La Sicilia scende a 4, mentre Friuli Venezia Giulia e Piemonte confermano le 2 Bandiere blu dell'anno scorso, la Basilicata e la Lombardia, confermano un solo vessillo.

Siamo quindi ultimi in Calabria ? NO! DI PIU’ se si considera che la Calabria ha quasi 750 km di costa!!!!

Già ma cosa occorre per avere la bandiera blu?

Per avere la bandiera blu occorre avere :

  1. 1)Acque eccellenti (reali non dichiarate!)
  2. 2)Efficiente sistema di depurazione delle acque reflue e della rete fognaria (che deve essere allacciata almeno all'80% su tutto il territorio comunale)
  3. 3)Un ottimo servizio di raccolta differenziata porta a porta.
  4. 4)Vaste aree pedonali;
  5. 5)Piste ciclabili;
  6. 6)Un arredo urbano curato;
  7. 7)Aree verdi;
  8. 8)Spiagge dotate di tutti i servizi e di personale addetto al salvamento
  9. 9)Spiagge accessibili per tutti (abbattimento delle barriere architettoniche);
  10. 10)Strutture alberghiere;
  11. 11)Servizi d'utilità pubblica sanitaria;
  12. 12)Informazioni turistiche;
  13. 13)Segnaletica aggiornata.

In queste condizioni è già un miracolo se la Calabria ha 3 bandiere blu! Ed il rischio che si riducano è forte! Lasciamo mezza bandiera!

Ma di chi è la colpa?

Fate un po’ voi: io alla gogna metterei lo Stato( ancora grazie per il Commissario straordinario alla emergenza ambientale!), la regione( dal presidente, ai dirigenti del dipartimento del Turismo, all’assessore all’ambiente, eccetera), le province, i comuni. In sostanza solo e soltanto i politici ed i dirigenti degli enti pubblici. Ma senza dimenticare………

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