Il calendario di dicembre è pieno di Santi famosi. Dopo Santa Barbara, San Nicola, Sant’Ambrogio, l’Immacolata Concezione, ecco Santa Lucia, vergine e martire.
La sua festa liturgica viene celebrata dalla chiesa il 13 dicembre. Ancora non siamo entrati nell’inverno meteorologico vero e proprio. Infatti questa prima decade di dicembre ci ha regalato alcune giornate molto tiepide inondate di sole.
Santa Lucia era nata a Siracusa in Sicilia e, secondo la tradizione, era una fanciulla molto bella.
Era pagana, poi si convertì al cristianesimo. Questa conversione le procurò il martirio e per questo venne innalzata agli oneri degli altari e il suo culto si propagò in breve in tutto il mondo. La sua bellezza fece innamorare finanche l’imperatore del tempo, Lucia, però, non ne volle sapere e rifiutò la sua proposta. L’imperatore per vendicarsi dell’offesa ricevuta le fece cavare gli occhi e poi decapitare. Secondo la tradizione popolare, però, si racconta che fu Santa Lucia stessa a strapparsi gli occhi e depositarli in un vassoio. Per questo motivo divenne la protettrice degli occhi.
Il suo corpo è conservato in Venezia in una chiesa a Lei dedicata.
Anche in Cosenza c’è una chiesetta a Lei dedicata e che si trova nel centro storico in una via che porta il suo nome, via molto famosa fino al 1958 perché frequentata da donne di male affare. I cosentini sono molto devoti a Santa Lucia, infatti il giorno della sua festa Piazza Valdesi e Via Santa Lucia sono invase da una grande moltitudine di fedeli che fanno visita a questa Santa per chiederle protezione per la vista. Anche in San Pietro in Amantea, mio paese natale, una volta si festeggiava Santa Lucia con la celebrazione di una Santa Messa solenne, con la processione della statua per le vie principali seguita dalla banda musicale o dagli zampognari e poi in piazza con spari di fuochi d’artifizio. Questa usanza è andata perduta, anche perché il Vescovo di Cosenza ha vietato tantissime feste e le processioni. Sono rimaste le feste del Santo Patrono, del Corpus Domini e della Madonna delle Grazie e nelle contrade di Sant’Elia la festa del profeta Elia e a Gallo la festa di San Michele.
Bellissima era la canzoncina che le popolane intonavano in chiesa, nella quale si poteva notare quanto l’imperatore fosse innamorato di Lei e dei suoi occhi azzurri. Così cantavano:- Santa Lucia, gloriosa e bella / facie orazione intra na cella./ Passa lu Re e le disse quanta è bella / Lucia ti vulisse a lu miu cumandu/…. – Lucia non accetta le proposte dell’Imperatore e prima che ancora il boia le strappasse quegli occhi belli, lei stessa se li strappò e li depose in una bacinella.
In alcune città italiane Santa Lucia viene ricordata come la santa che porta i doni ai bambini buoni. A Siracusa e a Bergamo i doni di Natale arrivano in anticipo rispetto alle altre città italiane.
Nei paesi pre-silani per la festa di Santa Lucia si prepara ancora un piatto prelibatissimo che richiede molto tempo e tanta pazienza: la” cuccia”. Ma noi adulti, del basso tirreno cosentino, ricordiamo questo 13 dicembre anche per un altro motivo: dalle cantine, dalle soffitte, dai mezzanini tiravamo fuori le scatole di scarpe nelle quali il giorno del due febbraio, giorno della Candelora,avevamo conservato con la massima cura tutto l’armamentario del presepe dell’anno precedente. I pastori, le pecorelle, gli zampognari, i Re Magi, San Giuseppe, La Madonna e il Bambinello venivano srotolati con la massima cura dalla carta di giornale con cui erano stati impacchettati, perché non venissero rovinati dalla umidità e dalla polvere. Malgrado ciò, il più delle volte, trovavamo i pastori rotti e inservibili, perché erano fatti a mano e di creta.
Tornavano così a rivedere la luce le casette, la cometa d’argento, l’ovatta e gli specchietti di vetro, i venditori di frutta e verdura, il falegname, l’arrotino, il fabbro, le contadine con in testa ceste colme di doni per il piccolo Gesù.
E poi, dopo aver pranzato, via ai preparativi per la costruzione del nuovo presepe. Carta d’imballaggio, carta di sacchi di farina, qualche pezzo di legno e poi sughero, sughero in abbondanza, perché la costruzione di un vero presepe che si rispetti abbondava di questo morbido elemento che, una volta quando i boschi non subivano incendi durante la torrida estate, si trovava facilmente nei boschi del mio paese.