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Riceviamo e pubblichiamo la vera storia relativa alla vicenda delle vigilesse, scritta dal Presidente Bartolomeo( Davide) Marano:

“A seguito degli eventi delle ultime ore, relativi al coinvolgimento  nella stipula di un contratto di sponsorizzazione con il Comune di Amantea da parte  dell'Associazione Commercianti, di cui mi pregio essere il Presidente, tengo a fare alcune precisazioni per meglio chiarire come si sono realmente svolti i fatti, in nome di quella verità che anima il mio agire quotidiano e che da  sempre mi è stata a cuore .

In data 24 dicembre u.s., Vigilia di Natale, alcune Signore, tutte Madri di famiglia, si sono recate   da me, presso il negozio della mia famiglia, al fine di chiedermi se per le festività natalizie fossero stati organizzati eventi pubblici da parte dell'Associazione Commercianti, ed in tal caso, se nella mia qualità di Presidente, avessi potuto richiedere un contratto di sponsorizzazione con il Comune, al fine di garantire un servizio aggiuntivo di vigilanza per gli eventi in calendario.

La richiesta del predetto servizio avrebbe garantito non solo un migliore svolgimento degli eventi in programma ma, a dire delle signore, la stabilizzazione di ben sei posti di lavoro con l'assunzione di sei unità.

Mi sembrava un'opera solidale davvero eccezionale: non ho esitato a firmare la richiesta!

Quella sera davanti a me, alle porte del Natale, c'erano Madri e mogli con  la loro legittima e sacrosanta richiesta di lavoro, richiesta che ho immediatamente accolto pensando e agendo con il cuore, con l'istinto di chi quotidianamente affronta il difficile mondo del lavoro e con l'umanità che ho dentro di me.

È abbastanza evidente quindi che nel mio agire   non erano sottesi interessi personali .

Chi mi conosce sa che sono una persona rispettosa delle regole e della legalità, per la quale valori come la serietà e l' onestà sono regole di vita da osservare sia nel lavoro che nell'azione associativa .

Così in data 27 dicembre, ho protocollato la richiesta al Comune, senza consultarmi con nessun membro del Direttivo dell'Associazione e senza informare nessuno degli associati.

Contestualmente alla richiesta, ho effettuato il versamento necessario al contratto di sponsorizzazione senza, tra l'altro, attingere alle casse dell'associazione, non ho sentito il tesoriere e nessun altro, di conseguenza, pagando  di tasca mia la cifra necessaria.

La decisione è stata solo ed esclusivamente mia e mi sembrava quindi giusto e normale che pagassi io a titolo personale.

Allo stesso modo,  mi è sembrato giusto, dopo due giorni , dopo aver annullato gli eventi in programma, causa maltempo, con profondo disagio ed a malincuore, annullare la stessa richiesta. Gli eventi dell'Associazione erano saltati, non si sarebbero svolti e non sarebbe quindi stato regolare e, sicuramente, legale, chiedere un servizio aggiuntivo di vigilanza per nulla, per eventi inesistenti.

Tra l'altro, un evento, il Capodanno in Piazza, organizzato dall'Amministrazione Comunale, si sarebbe comunque svolto, ed ero certo che il Comune non  avrebbe esitato ad assumere le unità necessarie per ragioni di sicurezza al fine di assicurare il regolare svolgimento della festa di capodanno ad Amantea.

Il prosieguo di questa vicenda è a voi ben noto, vedremo cosa il futuro riserverà alle signore che hanno visto svanire un'opportunità di lavoro, di autonomia e di libertà a causa di responsabilità sicuramente non ascrivibili al sottoscritto.

Buon anno a tutti.

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Gigi sembra un fiume. Il nuovo tema è politica e vergogna. Ecco cosa scrive:

“'La vergogna di essere un umano, quale migliore ragione per scrivere?'

La vergogna è la causa migliore, o, almeno, una ragione per cui in questo momento non vedo motivo per non scrivere.

Si tratta di una scrittura che 'esiste solo quando si scoprono degli ‘umani’ che non conoscono il significato della parola vergogna.

Certamente a stimolare questo breve scritto è stata la lettura su “Tirreno News” della lista degli Amanteani che concorrono a diventare “Governatore”.

Senza di loro, questo articolo non avrebbe visto la luce ed avrei potuto continuare a parlare di cose belle come le gambe delle donne.

Per questo, alcuni di loro, vanno ringraziati.

Questo è il motivo per cui la vergogna è una condizione ideale per chi scrive, per il tipo di scrittura di cui parla il filosofo francese Gilles Deleuze nei suoi dialoghi, nonostante il fatto che lo stesso veda la scrittura come il tentativo di evitare la vergogna.

La vergogna è una realtà della vita umana. In molte società e culture viene utilizzata per gestire l'interazione sociale umana.

In altre, viene nascosta: "corretta" nei programmi di auto-aiuto e negata dai governi che sono cauti nel chiedere scusa per gli errori del passato.

La vergogna è molto importante in questo momento: per discussioni e dibattiti su come affrontare un passato recente che potremmo definire vergognoso e per visioni di vita limitate dall'idea che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella sensazione di vergogna. 

……In un passo molto intenso dello straordinario Abbecedario, Gilles Deleuze richiama Primo Levi per proporre il concetto della “vergogna di essere uomini”, come centro generatore della resistenza e della creazione.

Che cosa significa resistere, perché abbiamo bisogno di resistere e a che cosa?

In primo luogo resistiamo alle opinioni correnti, alle bestie, alla menzogna dominante, all’oppressione.

Dopo tutto, la gente ammette liberamente altri sentimenti negativi, come la rabbia, che può portare alla violenza.

In confronto, è molto più probabile che ammettere la vergogna stimoli la considerazione del motivo per cui uno si vergogna. La vergogna, è stato sostenuto, può comportare l'autovalutazione e la trasformazione.

Prendere in considerazione la vergogna non significa sguazzare nell’autocommiserazione o nel risentimento che accompagna il senso di colpa. Si tratta di riconoscere che la riduzione di interesse che suscita vergogna è sempre incompleta.

Come tale, la vergogna promette un ritorno di interesse, gioia, e connessione.

Questo è il motivo per cui la vergogna è importante per gli individui. 

Tutto questo, ovviamente, non rientra nel profondo pensiero di alcuni della sopracitata lista. Avere coscienza della propria vergogna sarebbe troppo da chiedere ad alcuni di essi che durante tutta la loro miserevole vita si saranno detto:Perché essere onesto e provare vergogna, in un mondo come quello in cui viviamo?

La vergogna per questi signori non si presenta come un senso sgradevole di nudità, di trasparenza.

Quando si prova vergogna si ha la percezione di essere stati scoperti e di conseguenza si vorrebbe diventare invisibili, sparendo per sempre dagli sguardi altrui.

Certamente non è il caso dei sopracitati “signori” ai quali andrebbe ricordato che, a volte, i romani legavano il malfattore, privo dell’emozione di vergogna, al palo, nel qual caso esso poteva sopravvivere per diversi giorni prima che la sua resistenza fisica fosse fiaccata dalle sofferenze, dalla sete, dalla fame e dall’esposizione al sole.

Non si prova l’emozione della vergogna se non quando si confrontano le proprie azioni con dei valori e modelli di comportamento, personali o altrui: più si è capaci di concentrare l’attenzione sul proprio comportamento, di giudicarlo in base a specifici parametri, più si accresce la possibilità di percepire l’emozione della vergogna.

Sarebbe sicuramente chiedere troppo a lor signori!

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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Una premessa: la storia che state per leggere è una storia vera, raccontata per la prima volta.

Un tempo nella mia famiglia si era usi celebrare tutti insieme le tre vigilie

Parlo della vigilia dell’ Immacolata, della vigilia di Natale e della vigilia dell’Epifania.

Erano ( e sono ancora) i tre giorni principali delle festività Natalizie.

In quei giorni si cominciava a lessare e friggere dalle primissime ore del pomeriggio, qualche volta distribuendo parte dei fritti, in primis le monacelle, nelle case degli amici, dei parenti e dei compari( al tempo con il termine compari ci si riferiva a persone che per qualche ragione erano così rispettate da essere indicate con tale termine).

Almeno nella nostra famiglia, per antica tradizione portata da mio nonno quando agli inizi del ventesimo secolo venne ad Amantea proveniente da San Nicola da Crissa, quando si cenava si chiudeva la porta.

Prima di chiudere la porta e di iniziare la cena che, comunque, era sempre preceduta dai primi bicchieri di vino rosso e da qualche pitticella calda , si preparava anche la cena per San Giuseppe, la Madonna e il Bambinello, nel caso fossero passati da casa nostra senza entrare per non disturbarci.

Papà riempiva una grande ciotola di creta smaltata con parte di tutto ciò che era stato preparato per noi.

Poi vi poneva sopra un piatto equivalente così da sigillare il tutto e mantenere caldo il contenuto.

Infine avvolgeva il tutto con un grandissimo fazzoletto da cucina di cui legava i 4 capi!

E poneva il tutto sul muretto davanti alla porta dove mangiavamo.

Poi cominciava la festa e si dimenticava tutto.

Quando ad una certa ora aprivamo la porta per andare a letto papà mostrando una forte meraviglia esclamava tutto felice

“Su passati, su passati”. E si faceva il segno della croce

E se ero ancora sveglio mi veniva spiegato che era un onore per la nostra famiglia essere stata scelta da San Giuseppe e dalla Madonna e che non era opportuno dirlo per evitare invidie da parte delle persone cattive.

La storia andò avanti così per diversi anni.

Almeno fino a quando un giorno vidi sul muretto la grande ciotola, il piatto grande ed il fazzoletto da cucina.

San Giuseppe e la Madonna avevano mangiato tutto.

Tutto durò fino alla mia prima indigestione

Quella sera o avevo mangiato troppo o qualcosa mi aveva fatto male.

Passai una brutta nottata tra il mal di stomaco ed i forti rutti.

La mamma mi aveva preparato una limonata ma non era stata sufficiente ad eliminare il disturbo.

E così era ancora notte quando, insonne, mi alzai e scesi in giardino per cogliere un limone e preparare un’altra limonata.

Salii su un ramo per prenderne uno grosso.

Stavo per scendere quando vidi la madonna che stava per poggiare la grande ciotola sul muretto.

Quando lo fece si segnò con la croce e poi giunse le mani come in preghiera e chinò leggermente la testa .

Scesi veloce dal limone per osservarla meglio.

Era una donna della età di mia mamma ma molto più piccola di statura.

Una mantellina sulla testa e sulle spalle la difendeva dal freddo pungente della notte.

San Giuseppe non c’era.

Le si allontanò in silenzio, quasi un fantasma.

Forse il freddo pungente che avevo preso o la seconda limonata mi fecero sparire il mal di pancia e fui vinto da un sonno ristoratore.

Mi svegliai tardi.

I miei stavano pranzando con quello che era rimasto della sera prima.

La mamma mi aveva fatto un po’ di pastina calda.

Quando la ebbi finita dissi ai miei: “ Mamma, papà, stamattina ho visto la Madonna” e raccontai anche a loro quello che ho appena detto a voi.

Papà chiuse gli occhi e fece segno di si con la testa.

Poi aggiunse: “ E’ un buon segno”

“Ma papà e perché tornare indietro per restituire la grande ciotola?”

E papà aggiunse: “Invece è proprio questo il segno buono! Significa che verrà anche l’anno prossimo. Capito? ”

Gli dissi di si.

Poi poco prima del natale successivo gli dissi “ Papà iu a madonna l’è canusciuta ! L’è vista alla chiesia”

“ Si-disse la mamma- è la Madonna du Carminu”.

“No, no, mamma, ere d’intra i banchi!”

Papà mi guardo con serietà, si mise l’indice sulle labbra e mi disse: “La madonna è più povera di noi ed ha 3 bambini da sfamare! Questo deve essere il nostro segreto!.”

E lo è stato per sempre.

Giuseppe Marchese

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