Palermo. L'ex ministro è stato l'ultimo imputato a prendere la parola per rendere dichiarazioni spontanee davanti alla corte d'Assise.
Poi, dopo cinque anni di dibattimento, più di duecento udienze e quasi trecento testimoni, i giudici guidati da Alfredo Montalto si sono ritirati per emettere la sentenza.
Per l’ex ministro, i pm Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e i sostituti della Procura nazionale antimafia Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, hanno chiesto una condanna pari a sei anni di carcere: è l’unico imputato accusato di falsa testimonianza.
Violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato è invece il reato contestato ad altri sette imputati.
Quindici anni di reclusione la pena chiesta per il generale Mario Mori, dodici per il generale Antonio Subranni e il colonnello Giuseppe De Donno.
Dodici anni anche per l’ex senatore Marcello Dell’Utri.
La pena più alta – 16 anni – è stata chiesta per il boss Leoluca Bagarella, 12 anni per Antonino Cinà, non doversi procedere, invece, per il pentito Giovanni Brusca condanna a 5 anni.
Per Massimo Ciancimino, principale teste del processo, i pm hanno chiesto cinque anni per l’accusa di calunnia e il non doversi procedere per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
“Questo processo – esordiva l’accusa nella sua requisitoria il 14 dicembre 2017 – ha avuto peculiarità rilevanti che lo hanno segnato fin dall’inizio.
La storia ha riguardato i rapporti indebiti che ci sono stati tra alcuni esponenti di vertice di Cosa nostra e alcuni esponenti istituzionali dello Stato italiano”