BANNER-ALTO2
A+ A A-

Il Renzi che spara sul Carroccio fece pagare a noi i debiti dell’Unità

Vota questo articolo
(0 Voti)

(themeticulous. altervista.org) – Come le lumache, Matteo Renzi con le piogge pre autunnali ha tirato fuori il capino e ha arringato a Ravenna le folle (si fa per dire) alla festa nazionale dell’Unità (una nemesi) e poi ha preso il microfono di Rai 3 (Agorà) per denunciare: «Abbiamo un governo di ladri perché la Lega ha rubato i soldi degli italiani e di bugiardi perché Danilo Toninelli sta mentendo tutti i giorni agli italiani». Segue minaccia: «Chi tace è complice, io raddoppio il mio impegno politico». L’ex premier ripete come un mantra: Matteo Salvini ha rubato 49 milioni.

C’è da capirlo: per lui fare un bagno di realtà è impossibile. Non perché sia un mentitore compulsivo, no: è perché non si rende conto. Lo hanno sancito i giudici dell’appello contabile. Riformando una sentenza della Corte dei Conti fiorentina, che riteneva il nostro responsabile di aver assunto irregolarmente Marco Carrai (l’alter ego dell’ex segretario dem) nel suo staff alla Provincia di Firenze, lo hanno assolto perché Renzi «non è un addetto ai lavori e non è in grado di percepire l’’illegittimità del proprio operato».

La sentenza è del 4 febbraio 2015 mentre il ragazzo di Rignano siede a Palazzo Chigi, e sarà sempre per la sindrome da «non addetto ai lavori» che non s’accorge il 23 novembre seguente di pagare 107 milioni di euro (lievitati a 110) a Unicredit, Intesa San Paolo, Bnl e Banca Popolare a saldo dei decreti ingiuntivi per i crediti che vantano nei confronti dell’Unità, lo storico quotidiano prima del Pci poi del Pd.

Paga di tasca sua Renzi? Ma neanche per sogno: una legge varata nel 1998 da Romano Prodi e poi estesa nel 2000 da Massimo D’Alema pone a carico dello Stato i debiti dei Ds, diventati nel frattempo Pd. Quando si dice che a cambiare nome ci si guadagna. Cosa che La lega potrebbe fare e che per ora Matteo Salvini non fa anche, se c’è il vantaggioso precedente degli amici e compagni dell’altro Matteo.

I 107 milioni di euro che l’allora presidente del Consiglio e segretario dem pagò erano soldi dei contribuenti italiani: ci sarebbe un altro debito da 18 milioni di euro verso la Sga (è una società pubblica che aveva anticipato denari al giornale del Pd) che però si dimentica di riscuotere.

I 49 milioni della truffa sui rimborsi elettorali contestata alla Lega sono meno della metà dei denari pubblici che Matteo Renzi attinge per evitare che il Pd debba sborsarli, perché nel 2015 il partito è ancora socio al 19,5 per cento della società che edita il giornale.

Sull’Unità l’ex premier ha fatto di tutto e attorno all’Unità è successo di tutto. Ma Renzi non se lo ricorda: è la sindrome da non addetto. A fare un po’ di conti le magnifiche sorti e progressive del quotidiano un tempo comunista sono costate al contribuente italiano, dal 1990 al 2107, anno della definitiva chiusura regnante il ragazzo di Rignano, 265 milioni tra contributi pubblici all’editoria (l’Unità è il giornale che ne ha ricevuti di gran lunga di più) e i 10 milioni che l’allora presidente del Consiglio ha versato alle banche. A questi soldi andrebbero aggiunti i generosi finanziamenti che Cesare Geronzi, gran capo di Banca di Roma e vicino a Romano Prodi, elargiva ai Ds e alla Margherita oltre ai soldi che versava come socio dell’Unità e le generose mance del Monte dei Paschi di Siena che oggi i contribuenti pagano ripianando l’enorme debito della banca senese.

Nel1996 il Pds, che diventerà Ds, era esposto con Banca di Roma per oltre 4oo miliardi di lire! Ma nessun giudice se n’è mai interessato. Sui contributi elettorali spariti c’è stata solo un’inchiesta corposa: quella sul tesoriere della Margherita Luigi Lusi accusato e condannato per aver occultato 25 milioni della costola ex De del Pd. La fattispecie è del tutto sovrapponibile al caso Bossi-Lega, ma quando c’era di mezzo il partito di Francesco Rutelli i giudici sbatterono in galera Lusi (7 anni in appello), ma restituirono tutti i soldi alla Margherita che fu considerata parte lesa, nonostante all’epoca della sentenza fosse un partito morto.

A dirla tutta tra Renzi e Salvini sui quattrini ci sono almeno due differenze: Salvini dei 49 milioni della Lega non ha alcuna responsabilità, Renzi dei soldi dell’Unità era politicamente responsabile e almeno 22 di quei 110 milioni sono andati a vantaggio del «suo» Pd, che peraltro ha già accumulato un ulteriore buco di oltre 10 milioni che non sa come pagare. Se le bugie hanno le gambe corte, le esternazioni di Renzi come le lumache le gambe non ce le hanno proprio!

Chi tutto sa di conti e debiti è un ex senatore del Pd, ma comunista nel dna, diventato una specie di figura mitologica: Ugo Sposetti. Nativo di Tolentino, Marche, terra di esattori pontifici, comincia la carriera da ferroviere a Viterbo dove diventa prima funzionario poi plenipotenziario del Pci della Tuscia. Comincia a occuparsi dei conti del partito col governo Prodi ed è lui a suggerire la legge che obbliga lo Stato a pagare i debiti dei giornali di partito. Sa già che bisogna scaricare sull’Unità gran parte del peso finanziario che grava sui Ds. Nel 2001 quando diventa tesoriere dei Ds – ama anche dell’Ulivo prodiano – la situazione è pesante: sono oltre 580 milioni di esposizione bancaria. Quando nasce il Pd, nel 2007, Margherita e Ds scelgono la separazione dei beni. La Margherita è povera ma libera da pendenze, i Ds invece hanno un immenso patrimonio immobiliare, ma sono strozzati. La situazione è questa: 580 milioni garantiti da ipoteche sugli immobili. Il pool di banche creditrici (Mps, Unicredit, Intesa via Carisbo, Popolare di Lodi, Mediocredito, Bnl) prima accettano di rifinanziare a tasso agevolato un mutuo da 120 milioni (dovrebbe scadere quest’anno), poi discutono con Unipol un piano di parziale rientro. Vengono venduti la sede storica di via delle botteghe Oscure e 140 immobili e grazie alla cartolarizzazione tutto il patrimonio immobiliare diventa libero da ipoteche.

Sposetti rientra per circa 340 milioni, ma ne restano 240: metà sono il famoso mutuo e metà in capo all’Unità. Sposetti inventa la Fondazione Enrico Berlinguer (di cui è tutt’ora presidente) e poi crea altre 57 fondazioni locali in cui blinda il patrimonio immobiliare residuo. Così facendo, però, azzera le garanzie pe le banche (e un giudice forse avrebbe dovuto interessarsene) e Unicredit, dove non c’è più Alessandro Profumo ma è arrivato Enrico Ghizzoni, decide di passare all’incasso. Sarà a quel punto che Sposetti dirà: «A pagare ci pensa lo Stato! L’abbiamo studiata bene. Lo avessi fatto per un privato mi avrebbe ricoperto d’oro».

Carlo Cambi – LaVerità 08/09/2018

I debiti dei Ds saldati dallo Stato

Una legge obbliga a coprire 107 milioni per i bilanci in rosso della vecchia «Unità»

di Sergio Rizzo

La la legge è legge. Così tocca ai contribuenti ripianare i debiti dei Democratici di sinistra: 107 milioni di euro, versati dallo Stato nei giorni scorsi. Mentre già infuriavano le polemiche per i tagli della legge di Stabilità alle Regioni, quel gruzzolo finiva dunque nelle casse delle banche creditrici. E non è nemmeno tutto. Mancherebbero altri 18 milioni dovuti alla Sga, società nata dieci anni fa con la funzione di recuperare la montagna di crediti dal crac del Banco di Napoli che ha ritenuto di non rivendicare quella cifra. Va detto che quei 107 milioni pubblici si trovano ora parcheggiati nei forzieri delle banche creditrici dei Ds con «riserva». Significa che pende ancora il giudizio di appello, ma le speranze che quei denari tornino indietro sono al lumicino. Il finale era scritto da tempo.

Il Corriere e Report di Milena Gabanelli avevano già raccontato come il rischio che si è materializzato fosse concretissimo. E tutto grazie a una leggina del 1998 che stabiliva l’estensione della garanzia dello Stato già vigente sui debiti degli organi di partito ai debiti del partito che si faceva carico dell’esposizione del proprio giornale con le banche. Sembrava una norma scritta su misura per il quotidiano diessino l’Unità. I Democratici di sinistra avevano generosamente deciso di accollarsi la drammatica esposizione bancaria del giornale, che stava imboccando il tunnel di una crisi durissima. Tanta generosità era tuttavia condivisa con tutti gli italiani che pagano le tasse. Visto che il partito si accollava i debiti del giornale insieme alla garanzia statale trasferita per legge dal giornale al partito. Che se non avesse pagato lui, avremmo pagato noi. Il tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, il quale non ha mai rinnegato quella mossa assai discutibile, ce la mise comunque tutta per abbattere la montagna di debiti che sfiorava i 450 milioni di euro. Anche con l’aiuto di altre ancor più discutibili leggine approvate dal parlamento intero con rarissime eccezioni, che fecero lievitare come panna montata i rimborsi elettorali: l’ultima, quel capolavoro partorito all’inizio del 2006 che consentiva il pagamento dei contributi pubblici anche nel caso di scioglimento anticipato della legislatura, come avvenne nel 2008. L’anno in cui si consumò l’ultimo atto dei Ds, con la nascita del Pd: partito che non raccolse l’eredità economica dei due soggetti fondatori, la Margherita e i Democratici di sinistra, i quali pur defunti continuarono comunque a incamerare per tre anni cospicui fondi statali.

Non solo. L’astuta separazione dei destini economici consentì ai Ds con l’abile regia di Sposetti di blindare il patrimonio immobiliare dell’ex Partito comunista in una cinquantina di fondazioni indipendenti dal partito centrale perché emanazione delle federazioni provinciali. Ovvero, soggetti giuridici autonomi. Su questo punto la polemica con il segretario democratico Walter Veltroni raggiunse il calor bianco. Ma le sue dimissioni, rassegnate all’inizio del 2009, segnarono la fine di qualunque resistenza interna. E siamo arrivati a oggi, quando le banche creditrici, non avendo più neppure un mattone da pignorare, hanno preteso di escutere la garanzia dello Stato sui debiti residui: 125 milioni. Il giudice non ha potuto che dar loro ragione e lo Stato ha dovuto adesso sborsare 107 milioni. Va detto che non è la prima volta che succede una cosa del genere. Alla fine del 2003 avevamo già pagato i debiti dell’ex Avanti!, il quotidiano del Psi craxiano. Sia pure per una cifra più modesta: 9 milioni e mezzo. Ma allora non fu possibile ascoltare la versione del tesoriere socialista. Vale quindi la pena di riportare le dichiarazioni di Sposetti, attualmente senatore del Pd e presidente della Fondazione Ds, intervistato a maggio di quest’anno da Emanuele Bellano di Report: «Il debitore è morto. Se il debitore muore, che succede? Ci sono le norme e in questo caso un magistrato civile ha detto “guarda, signor Stato, che devi pagare tu…”». Gli chiede allora il giornalista, dopo aver ricordato la storia della legge del 1998: «È stata una mossa calcolata e strategica quello che poi è successo dopo?» E lui risponde: «Quindi che vuol dire? Che sono stato bravo! Una società mi avrebbe dato tanti soldi per fare questo lavoro…» Verissimo. Almeno quelli ce li siamo risparmiati. Ma è una ben magra consolazione.

Redazione TirrenoNews

Dal 2005 la Redazione di TirrenoNews.Info cerca di informare in modo indipendente e veloce.

 

LogoTirrenoNews

Sito web: www.trn-news.it

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove è consentito

BANNER-ALTO2

I Racconti

© 2010 - 2021 TirrenoNews.Info | Liberatoria: Questo sito è un servizio gratuito che fornisce ai navigatori della rete informazioni di carattere generale. Conseguentemente non può rappresentare una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità predefinita. Non può, pertanto, essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della legge 62 del 7 marzo 2001. L'Autore del sito non è responsabile dei commenti inseriti nei post o dell’utilizzo illegale da parte degli utenti delle informazioni contenute e del software scaricato ne potrà assumere responsabilità alcuna in relazione ad eventuali danni a persone e/o attrezzature informatiche a seguito degli accessi e/o prelevamenti di pagine presenti nel sito. Eventuali commenti lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di persone terze non sono da attribuirsi all’autore del sito, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata. Nei limiti del possibile, si cercherà, comunque, di sottoporli a moderazione. Gli articoli sono pubblicati sotto “Licenza Creative Commons”: dunque, è possibile riprodurli, distribuirli, rappresentarli o recitarli in pubblico ma a condizione che non venga alterato in alcun modo il loro contenuto, che venga sempre citata la fonte (ossia l’Autore). Alcune immagini pubblicate (foto, video) potrebbero essere tratte da Internet e da Tv pubbliche: qualora il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del sito che provvederà prontamente alla loro pronta. Qualunque elemento testuale, video, immagini ed altro ritenuto offensivo o coperto da diritti d'autore e copyright possono essere sollecitati inviando una e-mail all'indirizzo staff@trn-news.it. Entro 48 ore dalla ricezione della notifica, come prescritto dalla legge, lo staff di questo Blog provvederà a rimuovere il materiale in questione o rettificarne i contenuti ove esplicitamente espresso, il tutto in maniera assolutamente gratuita.

Continuando ad utilizzare questo sito l'utente acconsente all'utilizzo dei cookie sul browser come descritto nella nostra cookie policy, a meno che non siano stati disattivati. È possibile modificare le impostazioni dei cookie nelle impostazioni del browser, ma parti del sito potrebbero non funzionare correttamente. Informazioni sulla Privacy