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Sanità italiana. La Calabria è ultima

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La graduatoria stilata da ministero alla Salute e Regioni si basa sui Lea, livelli essenziali di assistenza, e si riferisce al 2018.

Sul podio anche Toscana ed Emilia-Romagna. Calano Piemonte e Lazio

Il Veneto balza in testa alla classifica basata sulla capacità delle Regioni di assicurare i Lea, i livelli essenziali di assistenza e cioè le prestazioni sanitarie che ogni Regione deve assicurare ai propri cittadini.

 

La graduatoria si utilizza per valutare la qualità dei sistemi sanitari e ogni anno è attesa con una certa apprensione.

Le Regioni che vanno bene la sventolano come un trofeo, per sottolineare la propria qualità; quelle che vanno male o peggiorano la snobbano, dicendo che sono altri i criteri che vanno messi in campo per capire come funziona la sanità a livello locale.

In effetti sono sempre di più coloro, anche tra chi non è un politico o un amministratore, che da tempo chiedono nuovi sistemi di valutazione.

Veneto al top, Calabria fanalino di coda

Gli indicatori presi in considerazione sono decine e per ciascuno è assegnato un “voto” numerico. Il punteggio massimo che si può raggiungere è 225 e nel 2018

il Veneto ha raggiunto 222 punti (erano 218 l’anno prima).

Seguono Toscana ed Emilia-Romagna con 220 (erano a 216 e 218),

Piemonte a 218 (era in testa con 221),

Lombardia con 215 (212),

Liguria con 211 (195),

Umbria con 210 (208),

Abruzzo con 209 (202),

Marche con 192 (201)

Basilicata con 191 (189),

Puglia con 186 (179),

Molise con 180 (167),

Lazio con 179 (180),

Campania con 170 (153, il suo è il più grosso balzo in avanti),

Sicilia con 165 (160) e

infine Calabria con 146 (136) che resta l’unica sotto la soglia di livello minimo accettabile di 160. Va detto che i dati verranno controllati di nuovo perché almeno una Regione ha chiesto un riconteggio.

Al momento, inoltre, non vengono prese in considerazione le Regioni a statuto speciale.

Gli indicatori alla base della classifica

Gli indicatori della cosiddetta "Griglia Lea" sono raccolti in tre macro categorie: ospedale, distretto e prevenzione.

Vengono presi in considerazione ad esempio gli interventi per le fratture di femore svolti entro le 48 ore, la quantità di prestazioni inappropriate consumate dai cittadini, l’adesione agli screening oncologici, i tempi di intervento del 118, il tasso di risonanze magnetiche rispetto alla popolazione, i controlli veterinari.

Spesso i punteggi sono frutto di scontri ai tavoli di Roma dove siedono il ministero e i funzionari delle Regioni.

Le classifiche in sanità vanno maneggiate con cura, quella basata sui Lea è delicata proprio perché tiene dentro tantissimi indicatori e magari qualcuno resta indietro per i controlli sugli alimenti pur avendo ospedali che funzionano bene.
Larepubblica

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