Paola, Paola, per Cosenza, Sibari, Metaponto si cambia! Così sentivamo nella stazione di Paola appena era arrivato un treno.
PD, PD , per le prossime elezioni del 4 marzo si cambia! Così leggiamo sul Messaggero di stamattina
“Pd, liste approvate, ma minoranza non vota, Renzi: «Scelta devastante, ma ora squadra più forte»
La direzione del Partito democratico ha approvato verso le 4 del mattino le liste per le prossime elezioni politiche. Andrea Orlando aveva chiesto un'ora di tempo per valutare i nomi ma la richiesta è stata respinta e gli esponenti delle minoranze che fanno capo a Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano hanno lasciato la direzione in dissenso.
Lo strappo della minoranza Pd in realtà era arrivato, nei fatti, due ore prima, dopo che nella giornata di venerdì l'orario di inizio della direzione era slittato di ora in ora fino all'apertura alle 23. Altre discussioni ad alta tensione, poi le minoranze Dem se ne vanno perché non c'è l'accordo sulla composizione delle liste.
«Dopo ore di attesa e una successione di rinvii sull'inizio della direzione che deve licenziare le liste per le elezioni del 4 marzo non abbiamo ricevuto alcun elenco e, da diverse ore, informazioni di merito sulla proposta che verrà sottoposta al vaglio della direzione. Con tutta la buona volontà che crediamo sia necessaria in un passaggio così importante e delicato è necessario consentire a tutto il partito e alle sue diverse componenti una valutazione serena di una proposta che la lunga gestazione si conferma nella sua complessità. Nessun rallentamento è in questo senso imputabile alle minoranze e da parte nostra vorremmo solo favorire uno svolgimento ordinato e unitario per un lavoro dal quale dipende in buona misura il successo del Pd e della coalizione». Hanno affermato in una nota congiunta Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Michele Emiliano.
Il Pd esce più debole da questa nottata, dopo la spaccatura sulle liste? «No, il Pd deve vincere e combatterà qualunque sia la decisione presa. Ma riteniamo che il modo scelto non sia giusto», ha chiuso Orlando.
Un momento durissimo per Renzi, candidato nel collegio uninominale di Firenze al Senato e in due listini plurinominali, in Campania e Umbria: «Questa è una delle esperienze peggiori, una delle esperienze più devastanti dal punto di vista personale. Il lavoro che abbiamo fatto sulle liste ci ha visto mettere il cuore e questo vuol dire conoscere l'amarezza per chi è rimasto fuori. Da domani mattina (oggi, ndr) dobbiamo fare una grande battaglia perché la squadra avversaria è impegnativa e forte ma meno forte di noi», ha detto Renzi in direzione Pd. «Abbiamo scelto pochi innesti esterni nelle liste», aggiunge. Se noi prendiamo 2-3 punti e ci avviciniamo al 30% ci sono decine di seggi che diventano da contendibili a vinti».
«Il passaggio della composizione delle liste è sempre difficile. La legge elettorale ha degli effetti positivi, ma la decisione delle liste è un meccanismo veramente complicato. Dopo 48 ore di lavoro o più dico che altri sistemi elettorali permettevano scelte più semplici - aggiunge - Tuttavia è un lavoro che abbiamo fatto con grande responsabilità. C'è un sentimento molto contrastante nel cuore di tutti di noi e nel mio perché agli occhi esterni è evidente lo spazio di possibilità che si apre. Mai come in questo momento, c'è un'occasione straordinaria che torna a bussare alle nostre porte. Le divisioni che avevamo immaginato nel centrodestra stanno diventando realtà e questo è un segno positivo per la nostra campagna elettorale, fotografato anche da alcuni dati di recupero dei sondaggi. Migliaia di persone si stanno avvicinando. Dall'altro però il passaggio della formazione delle liste è particolarmente difficile, come sempre».
Che sarebbe stata una lunga notte si era capito quando Renzi aveva detto, verso mezzanotte, «le liste non troveranno la totale condivisione, ma è giusto che un'assemblea democratica possa dare la propria valutazione». Matteo Orfini aveva poi aggiunto: «il lavoro sulle liste è sostanzialmente finito». Al Nazereno nel frattempo era arrivato anche Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Presente anche il titolare dell'Interno Marco Minniti.
Renzi aveva incontrato nella notte tra giovedì e venerdì al Nazareno prima Orlando, poi Michele Emiliano. S'era andato avanti fino alle 4 del mattino. A Orlando vengono offerti una quindicina di seggi sicuri, al governatore pugliese sei o sette. «Un massacro», sintetizzano al mattino dalla minoranza. La lista che il segretario mette sul tavolo non solo lascia fuori più della metà degli attuali parlamentari, ma viene vissuta dagli orlandiani anche come un «inaccettabile» tentativo (Lorenzo Guerini smentisce) di imporre nomi di secondo piano invece dei «big» orlandiani come l'ex ministro Cesare Damiano, il coordinatore di Dems Andrea Martella, il capo di Retedem Sergio Lo Giudice, il Socialdem Marco Di Lello. È un tentativo, sospettano i parlamentari vicini al ministro, di indebolire fin d'ora la minoranza Pd nei gruppi. L'offerta viene rispedita al mittente.
Trascorrono la giornata al Nazareno anche Dario Franceschini, Graziano Delrio, Maria Elena Boschi, candidata a Bolzano anche se la presentazione slitta. L'ex segretario Svp Siegfried Brugger, esprimendo un malcontento tra i locali, definisce un «errore capitale» mandare Boschi nella Bassa Atesina. Ma al Nazareno non si registrano tentennamenti: non si cambia.
Nel pomeriggio fa di nuovo ingresso al Nazareno Orlando: si ferma tre ore ma Renzi fa smentire di averlo incontrato. È uno dei termometri del clima di tensione, oltre ai telefoni spenti e il via vai dal Nazareno. «Collegi sicuri vengono spacciati per incerti e viceversa, per scoraggiare o incoraggiare a seconda della necessità», racconta un dirigente di minoranza. «Nessuno psicodramma, stiamo cercando il giusto mix di esperienza, ricambio e rappresentatività dei territori», dice il renziano Andrea Marcucci. Entrano in campo i pontieri, per un'intesa. Si spostano caselle e nomi (gli orlandiani potrebbero salire a 20), per non rompere. Renzi trascorre la giornata nel suo ufficio, cui hanno accesso pochi fedelissimi come Lotti, Rosato, Martina.
Anche tra le truppe renziane, però, si raccontano ore «da psicoanalisi». Perché si dovrà tagliare. E ogni nuovo ingresso (sarà in lista il condirettore di Repubblica Tommaso Cerno) è una nuova esclusione. Tra gli alleati Beatrice Lorenzin avverte che Civica popolare potrebbe uscire dall'alleanza: lei sarà candidata alla Camera nel collegio di Modena, mentre Valeria Fedeli sarà candidata al Senato nel collegio di Pisa. Emma Bonino in corsa per il Senato a Roma.
Anche Insieme e +Europa tengono alta la guardia. Roberto Giachetti decide di liberare un posto candidandosi solo all'uninominale, «senza il paracadute del proporzionale», ma sceglie un collegio già destinato a Riccardo Magi. Gli orlandiani genovesi si autoconvocano contro la candidatura di Raffaella Paita”.