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chitarraL’ultimo concerto dell’estate o il primo dell’autunno? Una distinzione capziosa che nulla toglie all’importanza dell’evento con cui il prestigioso Ionio International Music Festival, organizzato dall’Accademia musicale Gustav Mahler diretta dal MaestroFrancesco Martino, riparte all’insegna dei grandi talenti e della musica.

Domenica 18 settembre, alle ore 19.00, presso la Sala Concerti dell’Accademia Gustav Mahler gli astanti avranno il piacere di conoscere l’arte di un Emanuele Gramisci, giovane talento, già Maestro, che darà vita ad alcune delle più importanti composizioni per chitarra classica.

Classe ’98, inizia lo studio della chitarra classica all’età di 6 anni con il Maestro Domenico Nicoletti presso l’accademia Gustav Mahler di Trebisacce. All’età di 12 anni prosegue gli studi con il Maestro Vincenza Sciotto presso il Conservatorio P.I. Tchaikovsky di Nocera Terinese (dove consegue la laurea triennale in discipline musicali (indirizzo chitarra classica) con il massimo dei voti. Durante gli anni di formazione preaccademica svolge concorsi Nazionali ed Internazionali collezionando anche numerosi primi premi.

Dal 2015 entra a far parte come prima chitarra nell’ Ensemble “I Musici” con la quale ha dato vita a numerosi concerti.

Attualmente è docente di Chitarra Classica e Teoria, ritmica e percezione musicale presso l’Accademia Musicale Gustav Mahler di Trebisacce convenzionata con il Conservatorio “F. Torrefranca” di Vibo Valentia.


Riparte dunque il palpito della grande musica, il battito del cuore musicale che scandisce l’offerta culturale del territorio dell’Alto Ionio, con un evento che si incastona come gemma in una corona preziosa e ricca, come è il cartellone dei concerti che tempesterà i prossimi mesi, fino alla fine dell’anno.

Torna la musica, senza esserne mai andata davvero, grazie alla passione e all’impegno dell’Accademia Musicale Gustav Mahler, e grazie al riscontro che migliaia di appassionati e amanti dell’arte musicale manifestano ad ogni appuntamento.

CHE MUSICA SIA!

 

 

 

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giggino pellSulla costa di Ulisse, la scenografia, che tutti gli amministratori mettevano in piedi ogni anno per accogliere i fantasmagorici “turisti”, aveva come fine celare la realtà, come ogni scenografia che si rispetti.

Una delle cose che più mi indignava in tutta la tragicommedia, era che tutta la manovra serviva solo a occultare i mali cronici di tutte le realtà balneari sul Mare di Ulisse: l’immondizia, le strade rattoppate alla meno peggio per nascondere le voragini, le fogne che finivano nel mitico Mare.

Quei pessimi capocomici camuffavano la miseria, costruendo “muri” fittizi affinché non si potesse vedere la povertà e le assurdità delle città. Quartieri depressi con decine di persone in balia dell’indigenza e senza una via di scampo ai loro problemi. Alcune di loro sopravvivevano cibandosi alla meno peggio. Si era arrivati persino a vivere prima nella capanna dello zio Tom sulla spiaggia e poi in un ex chiosco da giornalaio.

Gli amministratori pensavano prevalentemente a costruire muri di varia natura nella speranza che le persone non li smantellassero. Gli illuminati amministratori, di fronte a tutta quella disgustante situazione, non si ponevano limiti. Per dare un tono “universale” a queste poche righe, chiamo a testimoniare il “muro”, che tutto il mondo vide in TV, costruito dalla Repubblica Dominicana, affinché il Papa non vedesse la miseria della gente durante la sua visita. Questi signori del potere occultavano la sofferenza dei popoli, però non facevano nulla per combatterla. Altri muri furono costruiti in diversi angoli del mondo, come quello di Berlino, durante la Guerra Fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che finirono per separare un popolo sottomettendolo ai propri fini politici ed economici. Migliaia di famiglie rimasero divise per diversi decenni, vivendo l’orrore ed il dolore di quella lacerazione. Molti tentarono di oltrepassare il muro, pochi ci riuscirono, altri persero la vita sotto i proiettili delle guardie o sui campi minati della Germania Est. Alla fine lo fecero crollare o “crollò”.

Senza dimenticare il muro che divide le due Coree e che corrisponde alla stessa politica di potere e supremazia delle grandi potenze, come la Cina ed i suoi interessi. Il popolo coreano è diviso e contrapposto. Ad intere famiglie è stata preclusa la possibilità di vedersi o di avere notizie l’una dell’altra per decenni e non gli resta altro che preservare i ricordi ed aspettare il giorno fatidico. Non un giorno qualsiasi, bensì proprio quello, il giorno in cui cadeva il muro della divisione e potevano ricongiungersi negli sguardi e nel cuore.

“La comunità internazionale vive, sconvolta”, si fa per dire, nell’attesa che la questione mediorientale trovi una soluzione politica e che cessi la violenza che sta dissanguando i popoli di Palestina ed Israele. Israele, invece di risolvere il conflitto, ha costruito un muro per separare i palestinesi, confidando che questo limite significherà sicurezza.

L’odio non può essere fermato con i muri. La resistenza di un popolo che vuole esser libero non si fa piegare da un muro. La sofferenza non ha limiti e spinge molti palestinesi ad immolarsi sugli altari della libertà. Si potrebbero riempire centinaia di pagine disumanizzanti sulle atrocità degli umani al potere. Ciò che comunque prevale nella mente di chiunque detiene potere, sono gli interessi di pochi rispetto all’interesse generale. A questa vomitevole regola, nel loro piccolo e miserevole mondo, non sfuggono alcuni amministratori calabresi. L’intolleranza e la tracotanza del potere non conosce, e non vuole riconoscere, il diritto ad una vita migliore dei propri cittadini-sudditi.

Quanti sono i muri di insensibilità e disprezzo verso la vita umana di questo Occidente “civilizzato”? Che muri hanno costruito per non vedere, né sentire il grido di protesta ed il dolore della povera gente che, pur di fuggire dalla fame e dalla guerra, finisce per morire annegata nel mare di Ulisse? Forse un po' di quel “muro” è anche dentro ognuno di noi. Se non si riesce ad abbatterlo e non ci si sforza di capire e rispettare il diritto degli altri, non si riuscirà mai a cambiare qualcosa in questo mondo balordo e folle.

I potenti, comunque coerentemente alla loro nauseabonda esistenza, continueranno a costruire i muri della stupidità e della crudeltà umana. A costruire le barriere tra gli uomini. Bisogna anche dire che le “barriere”, queste costruzioni, rappresentano la ferocia e bruttura degli uomini nella storia dell’umanità essendo state costruite espressamente per separare e dividere. Nei casi più estremi, esse hanno a volte confinato intere aree abitate per essere poi abbattute. I “ruderi” sono ancora qui fra la gente e richiamano l’attenzione su tutto ciò che non ha funzionato.

All’alba, da dietro le colline che cingono il mio paese d’origine, il sole sorgerà e splenderà come sempre sulle acque calme dell’Ulisse di settembre e le persone si sveglieranno “tranquille” e serene e questo scritto, per molti, sarà semplicemente unsogno demenziale, conseguenza dell’abbondante cena della sera prima.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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patroMentre si discute molto sull’opportunità di assumere medici Cubani, gli ospedali presenti sulle coste della provincia di Cosenza, con particolare riferimento a quello di Cariati, si trovano in forte difficoltà organizzativa; e non si tratta soltanto di problemi dovutial carico della stagione estiva. L’ospedale di Cariati è situato in un territorio dove i Pronto Soccorso più vicini sono Crotone a sud e Rossano a nord, si pensi, dunque, quanta popolazione è chiamato servire. Tuttavia chi accede al Punto di Primo Intervento di questo ospedale, si aspetta la canonica organizzazione da pronto soccorso: amara sorpresa, perché tra la forte carenza di personale e la scarsissima fornitura di apparecchiature diagnostico-strumentali, il medico e l’infermiere che si trovano in turno sono costretti a fare i miracoli per rispondere ai bisogni degli utenti.

Nel tempo si è discusso molto sull’importanza dell’ospedale di Cariati, ampliato a livello strutturale ma, parallelamente e contrariamente a quantopronunciato, è stata attuata una sua demolizione dal punto di vista organizzativo.

Pochi giorni fa, la forte pressione da parte delle persone che si sono recate al Punto di Primo Intervento, ha messo i pochi lavoratori presenti in condizioni di non poter gestire in modo adeguato l’utenza, con il risultato dell’ennesima, grave ed incivile aggressione nei confronti del dirigente medico presente in servizio.

Ancora una volta ci sentiamo pienamente coinvolti da tali selvaggi atti di violenza e non basta più esprimere la piena solidarietà agli operatori aggrediti, ma pretendiamo che i presidi ospedalieri vengano messi in sicurezza, adeguati al carico di lavoro reale e non presunto, per come vengono valutate attualmente le strutture sanitarie.

Allora, se ci sono stati proclami per il potenziamento dell’ospedale di Cariati ed in particolare per la creazione di un vero e proprio Pronto Soccorso, sarebbe bene passare con urgenza ai fatti, altrimenti bisogna uscire dagli equivoci e chiarire con la popolazione che i Punti di Primo Intervento non sono strutture idonee a garantire le prestazioni che solo gli Spoke e Hub possono erogare.

 

 

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