Un tempo c’erano i Dayak, gli aborigeni del Borneo a tagliare le teste.
Ora i tagliatori di testa sono quelli dell’ISIS.
Dagli anni 90 ci sono gli head chopper aziendali, quelli che ti licenziano non pronunciando mai la parola licenziamento e che invece dicono “Questo è il tuo ultimo giorno di lavoro con noi”.
Ora ad Amantea non ci sono Dayak, non ci sono( almeno si spera) adepti dell’ISIS e non essendoci multinazionali non ci sono head chopper aziendali.
E così ci siamo inventati i tagliatori di politici, di incarichi assessorili ed addirittura di Giunte municipali.
Ma se gli obiettivi, a breve , medio o lungo termine, sono certi, non così è per i nomi di tagliatori e tagliati.
Molta incertezza e molta confusione sui nomi da porre sul ceppo sacrificale.
Molta incertezza anche sui nomi dei maneggiatori di asce e scimitarre.
E’ solo questione di tempo, però.
E così può capitare di tutto.
Perfino che chi sta studiando l’avversario, i suoi punti deboli e sta definendo la strategia utile alla sua eliminazione ( politica s’intende) sia a sua volta oggetto di attenzioni finalizzate anche alla sua eliminazione.
Così si passa da cacciatori a cacciati.
E non ci si accorge che mentre si è nella buca ad aspettare che passi la preda per finirla, ci sia qualcuno che sta aspettando che poi lui esca per farlo fuori a sua volta, prendendo, così, due piccioni con una fava.
Intanto da lontano si sentono tamburi della vicina tribù di cannibali.
I portatori sono pronti .
L’acqua bolle.
Basta poco perché la preda cuocia e la tribù cominci a banchettare.