La simpatia di Francesco Gagliardi ha una ultima riprova in questo simpaticissimo articolo.
“Cari lettori di Tirreno News, sapete quale giorno della settimana è oggi?
E’ venerdì.
E quanto ne abbiamo? 17.
E in quale anno siamo?
2017.
Ahi,ahi!
Secondo la tradizione popolare calabrese il venerdì 17 dovrebbe portare sfortuna, disgrazia, jella. Allora preparatevi a difendervi, toccate ferro, fate le corna, mettete “nu cutu e sale” nella tasca dei pantaloni, appendete un ferro da cavallo alla finestra, comprate un bel cornetto rosso.
Fate attenzione però, che sia “biellu, tuostu, stuortu e ccu la punta”.
Solo così potrà adempiere alle sue funzioni scaramantiche.
Questo mese di febbraio ”corto e amaro” ci porta un venerdì 17 che secondo la tradizione dovrebbe portarci sfortuna.
Perché?
Perché il Venerdì Santo è morto nostro Signore Gesù Cristo..
Il 17, secondo i pitagorici greci era portatore di disgrazia perché si trovava tra il 16 e il 18 numeri perfetti.
E poi anche perché il diluvio universale secondo la Bibbia ebbe inizio il 17.
Anche nella smorfia napoletana il numero 17 è sinonimo di disgrazia.
Ma davvero oggi è un brutto giorno?
E’ una bellissima giornata di sole, l’aria è tiepida e vi invita ad uscire e fare una bella passeggiata sul lungo mare, a voi che abitate nella cara Amantea.
A me che vivo d’inverno a Cosenza mi invita a camminare lungo Corso Mazzini o su Viale Parco. Vinciamo questi pregiudizi, non facciamoci influenzare da queste credenze popolari che considerano il venerdì 17 giorno sfortunato, giorno infausto, giorno in cui sarebbe meglio stare un po’ più attenti del solito.
Va bene.
Starò più attento quando attraverso le strisce pedonali.
Starò più attento quando guido in città. Starò più attento quando vado a fare la spesa.
Starò più attento a non fare cadere il sale sul tavolo o per terra, a non far cadere l’olio per terra, a non aprire l’ombrello in casa (oggi non piove, quindi l’ombrello non mi è servito), a non passare sotto una scala, a non fare brutti incontri per strada attraversata da un gatto nero, a non poggiare un cappello sul letto ( il cappello non lo uso, quindi sono a posto ).
Facendo tutto questo non mi dovrebbe accadere nulla di brutto.
E fino alle ore 15,30 non è successo nulla di straordinario o brutto.
Comunque faccio le corna e “cittu, cittu” recito l’antico ritornello napoletano antimalocchio che Peppino De Filippo era solito canterellare quando impersonava il famoso Pappagone ( quelli della mia età dovrebbero ricordare):- Aglio, fravaglio, fattura can un quaglia; corna e bicorna, capa r’alice e capa r’aglio-.
Speriamo che servirà a qualcosa.