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I provvedi menti, a firma del Proc. Capo Federico Cafiero De Raho e dei Sostituti Procuratori Rosario Ferracane, Giuseppe Lombardo, Luca Miceli e Stefano Musolino,

hanno riguardato soggetti operanti nella cosiddetta “zona grigia”.

La Dda ha chiesto l’arresto di sette i professionisti reggini.

Nomi importanti

Due avvocati : Paolo Romeo e Antonio Marra

Un commercialista Natale Saraceno

Due imprenditori Emilio Frascati e Giuseppe Chirico

Antonio Idone e Domenico Marcianò.

Secondo i magistrati sarebbero ”partecipi con ruoli organizzativi della ndrangheta reggina”, una strutturata rete di professionisti, capaci di indirizzare le sorti di rilevanti settori dell’economia cittadina.

Sempre la Dda di Reggio Calabria, ha disposto anche, tramite la Guardia di Finanza, il sequestro di 12 società e beni per un valore complessivo di circa 34 milioni di euro nonché oltre 30 perquisizioni.

Tra questi sarebbero “inquinate” dalla connivenza con gli interessi della criminalità organizzata:

Studio commerciale Saraceno;

Circolo Pescatori Posidonia Gallico;

R.AL. S.a.s., con i due supermercati ipermercati, operanti in Gallico (RC);

PERLA S.r.l., gestore dell’ipermercato presso il centro commerciale “Perla dello Stretto” – Villa San Giovanni (RC);

Quote societarie della D.EMME C. SUN S.r.l.;

PARMA REGGIO DISTRIBUZIONE S.r.l.”, Reggio Calabria;

S. S.r.l., con sede in Reggio Calabria, nonché unità operativa sita in Campo Calabro (RC), “MAX – Cash and Carry”, zona industriale;

“ C. S.a.s. di DOMENICO MARCIANO’ & C”, con sede a Reggio Calabria – Gallico;

“CENTER FRUIT S.r.l.” con sede a Reggio Calabria;

“Consorzio La Nuova Perla dello Stretto”, con sede in Villa San Giovanni (RC), presso omonimo centro commerciale.

Sarebbero numerosi e decisamente importanti i nomi degli indagati nell’ambito della stessa operazione soprannominata Fata Morgana.

Alcuni di essi sono trapelati.

Tra questi :

il presidente della Provincia Giuseppe Raffa,

il consigliere provinciale Demetrio Cara,

il cancelliere capo della Corte D’Appello,

l’ex magistrato Giuseppe Tuccio,

l’avvocato Rocco Zoccali e

l’ex presidente della Reggina Calcio, Pino Benedetto.

E non finisce qui.

Il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria Cafiero de Raho spiega che sono tutt’ora in corso 30 perquisizioni nei confronti di soggetti operanti nel settore economico, imprenditoriale, politico e dirigenti pubblici, collegati, a vario titolo, ai fermati che potrebbero portare a nuove conclusioni investigative.

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Vi presentiamo l’ articolo di Ilario Filippone tratto da “Il Mattino” del 24 aprile e che mostra una incredibile verità sullo stato di certa sanità Reggina.

 

“Reggio Calabria, aborti senza consenso: ecco le risate nelle intercettazioni choc dei medici arrestati

Anche quando è morto il piccolo Domenico, un neonato deceduto per gravi negligenze nella gestione del parto, è scoppiato a ridere. Il primario del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Riuniti, Alessandro Tripodi, se l’è svignata inventando una scusa:

 

”E’ morto un bambino e io ho spento il cellulare apposta, sennò il collega mi avrebbe chiamato in continuazione ah ah ah”, spiegò, sghignazzando, alla moglie.

Le hanno battezzate le intercettazioni della vergogna, un abisso di miseria in cui sono precipitati in tanti, i dialoghi captati dalla Guardia di Finanza nel corso dell’inchiesta “Mala sanitas”.

In manette sono finiti quattro big del nosocomio di Reggio Calabria. Per gli indagati Pasquale Vadalà, ex primario dell’unità operativa finita sotto accusa, e Alessandro Tripodi, nipote del capomafia Giorgio De Stefano, sono stati disposti i domiciliari.

 

Il provvedimento è stato notificato anche ai dottori Daniela Manunzio e Filippo Luigi Saccà.

Se qualcosa andava storto in sala parto, secondo gli inquirenti, erano medici pronti a inquinare le cartelle cliniche delle pazienti, per nascondere colpe e pecche. Le indagini sono scattate nel 2010. Investigando su una morte sospetta, i militari delle Fiamme gialle sono riusciti a documentare i numeri dell’orrore: due neonati deceduti per la superficialità dei sanitari, un altro con danni cerebrali permanenti, un drappello di mamme con lesioni all’utero.

 

“AL COLLEGA GLI E' RIMASTO L'UTERO NELLE MANI, AH AH AH... LA PAZIENTE STAVA MORENDO”.

Anche questa frase, sghignazzata dal ginecologo Alessandro Tripodi, è finita nelle intercettazioni disposte dalla procura di Reggio Calabria.

La donna, Cornelia Ficara, morirà un anno dopo. Nel ricostruire il suo epilogo, il gip ne ha fissato l’incipit, attribuendo precise colpe ai medici Antonella Musella, Daniela Manunzio e Pasquale Vadalà: «Ai fini dell’individuazione delle responsabilità – scrive il magistrato Antonino Laganà – giova evidenziare, sulla scorta dei dialoghi captati, che le condizioni di salute già precarie della paziente, poi deceduta, si siano notevolmente aggravate in conseguenza di una serie di errori tecnici, commessi nel corso dell’ intervento eseguito dai sanitari reparto di Ostetricia e ginecologia».

Lei era stata operata il 26 luglio 2010. Dopo l’intervento, il primario Tripodi si fece un’altra risatina sui colleghi: «Aveva la vescica aperta, le hanno sfondato la vagina».

 

“SI E' STACCATO IL COLLO DELL'UTERO, USCIVA UNA FONTANA DI SANGUE, AH AH AH..."

Così, il 12 aprile 2010, l’intercettato Alessandro Tripodi commenta l’ennesimo sgorbio medico consumato dai suoi colleghi ai danni di una partoriente. “Immagino il dottor Timpano – sghignazza - ha fatto danni, poi ha concluso l’opera”, e ancora risate a squarciagola. Ridacchia anche l’infermiera: ”Mamma che scempio, povera chi ci capita”. Scrive il gip:«Si ride costantemente degli altrui errori, forieri di devastanti conseguenze per le gestanti, ignare vittime».

 

”FAGLIELA TRAGICA, HAI CAPITO? DILLE CHE C'E' UN DISTACCO E NON SI PUO' FAR NULLA”

L’elenco delle accuse è lungo: falso ideologico e materiale, soppressione di atti veri e interruzione di gravidanza senza il consenso della donna.

Il caso della partoriente Loredana Tripodi è il più eclatante. Il fratello, il ginecologo Alessandro, ha organizzato a tavolino il suo aborto: l’uomo sospettava che il feto presentasse delle patologie cromosomiche, così ha impedito il parto all’insaputa della donna.

Ne dà conto il dialogo captato il 16 giugno 2010. Quel giorno, fornì chiare indicazioni al collega, Filippo Saccà, sulla condotta da tenere: ”Fagliela tragica, hai capito? Dille che c’è un distacco e non si può far nulla”, spiegò.

In un primo momento, il dottore Filippo Saccà si mostrò contrario:”Ma scherzi? Non esiste, tuo cognato penserà che lo abbiamo ammazzato”, rispose.

La conversazione continuò. ”Mia sorella e mio cognato – aggiunse il primario – danno i numeri”. Alla fine, i due decisero di somministrare alla gestante un farmaco per interrompere la gravidanza: “Senza dirle un cazzo, le metto il Cervidil e le spiego che sospendiamo la flebo”.

Hanno affermato gli inquirenti: “La strategia concordata dai due sanitari era quella di somministrare, all’insaputa della donna, un farmaco abortivo, per stimolare le contrazioni della gestante ed indurre l’interruzione di gravidanza”.

Il primario Tripodi è stato intercettato più volte. Eccolo mentre impartisce nuove disposizioni, per impedire il parto della sorella. “Senza che ti veda nessuno, le metti tre fiale di Sint , cosi si sbriga ad abortire”, disse alla ginecologa Daniela Manunzio”.

Noi crediamo che sarebbe necessario leggere tutte le intercettazioni!

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Un premio alla fantasia.

 

In un apparta mento in disuso impiantano 323 piante di marijuana tutte riposte singolar mente all'interno di vasi.

 

Per accelerarne la crescita creano un allaccio abusivo alla rete elettrica pubblica

 

Non mancava nulla, nemmeno le ventole di aerazione.

 

Le piantine erano già di altezza tra 50 e 70 centimetri.

 

Ma i Carabinieri della Compagnia di Villa San Giovanni li arrestano, in flagranza di reato.

 

Si tratta di Giuseppe Sgarano, di anni 52, e Rocco Rocco, di anni 51, entrambi di Scilla e già noti alle forze dell'ordine.

 

Gli arrestati sono stati tradotti presso la casa circondariale di Arghillà, in attesa del rito direttissimo

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