
Scrive Iacchitè
Gli ultimi avvenimenti politici dimostrano che, ancora una volta, la Calabria risulta essere assolutamente non considerata a livello governativo, nonostante che alle elezioni del 4/3/18 abbia contribuito con oltre il 43% al successo del M5S!!!
Infatti dei suoi 18 parlamentari, nessuno è presente nella compagine governativa.
Il silenzio assordante ed il capo chino dimostrato nei confronti delle scelte romane da questi portavoce fantasma, ha fatto sì che si verificasse questa incresciosa situazione, che ha provocato la rabbia di tutti coloro che ogni giorno si spendono sul territorio.
Perché il ritrovarci Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli che inneggia al Tav, alla Gronda ed alla NON revoca delle concessioni autostradali ai Benetton, a noi Calabresi che manchiamo delle più elementari infrastrutture, non può che provocarci disgusto e RABBIA.
Avevamo visto una possibilità di cambiamento con il Decreto Calabria, grazie al lavoro di Giulia Grillo e ci ritroviamo ad avere Ministro della salute Roberto Speranza! Nomina che sicuramente ha esaudito le preghiere del Governatore Mario Gerardo Oliverio, responsabile, insieme a tutti quelli come lui, della disastrosa situazione sanitaria calabrese.
E che dire della nomina di Dario Franceschini al MIBACT ?In questo caso non ci sono parole:parla il suo operato nei governi Renzi- Gentiloni. A proposito di Gentiloni fa specie la sua futura scandalosa nomina a Commissario UE.
Molti di noi hanno votato SI su Rousseau dimostrando, ancora una volta, fiducia e speranza. Ma la presentazione della squadra di governo e la subalternità dimostrata dal M5S nei confronti dell’alleato, denota chiaramente un segno di debolezza, di abbandono dei valori che hanno portato le nostre idee non solo in Italia, non solo in Europa, ad essere l’Archetipo di un nuovo modo di fare politica: dimostrando che è possibile che siano semplici cittadini ad entrare nelle istituzioni.
Questi compromessi stanno normalizzando il Movimento tanto da rischiare di omologarlo a qualsiasi altro partito politico: così si perde definitivamente l’identità che lo ha contraddistinto finora.
Per riacquistare la dignità perduta, URLIAMO con grande fermezza e con tutto l’amore per un sogno chiamato MOVIMENTO 5 STELLE, di voler assistere ad un gesto clamoroso ed unico che si concretizzi in un voto di sfiducia verso un governo che non ci appartiene. Siamo pronti, qualora ciò non si verificasse, ad adottare simbolicamente la seguente citazione:
“QUANDO UN GOVERNO NON FA CIO’ CHE VUOLE IL POPOLO, VA CACCIATO VIA ANCHE CON MAZZE E PIETRE“ (Sandro Pertini)
Da Iacchite - 9 Settembre 2019
In verità non sono ancora andati a trovarlo i suoi amici tra cui Oliverio, la Boldrini.
Nemmeno i giornalisti di Fortune, che avevano posto Lucano tra i 50 uomini importanti del mondo e che ora parlano solo male del governo giallo verde e di quota 100, sono andati a trovalo.
Ne parla solo Beppe Fiorello che vuole la proiezione del suo film "Tutto il mondo è paese", ambientato proprio a Riace per raccontare il progetto di accoglienza di Lucano.
Comunque appena tornato a Riace Mimmo Lucano accolto da una decina di amici e fans dice :
“Per ben 5 volte sono state fatte richieste di revoca delle mie misure cautelari e ogni volta sono state rigettate, tranne dalla Cassazione che già nei mesi scorsi si è pronunciata sull’assenza delle esigenze cautelari, annullando con rinvio il divieto di dimora”.
Così Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, in conferenza stampa dopo il suo ritorno a casa, avvenuto nei giorni scorsi. “La mia vicenda giudiziaria – ha aggiunto – ha un livello giudiziario e uno mediatico.
C’è stata una strategia denigratoria, e sono le accuse sul piano morale quelle che fanno più male; c’è stato un tentativo di costruire fatti non veri”.
Provato, amareggiato, non più sindaco, né consigliere comunale, neppure di minoranza e con un processo penale sulle spalle dall’esito ancora molto incerto.
Ma tutt’altro che disposto a mollare, a piegarsi e a pensare che sul cosiddetto “Modello Riace”, in tema di accoglienza di uomini, donne e bambini che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni, si possa mai calare del tutto il sipario.
Mimmo Lucano, ex sindaco della cittadina collinare della Locride nota in tutto il mondo per i famosi Bronzi ma anche per l’accoglienza che almeno nell’ultimo decennio ha dato a centinaia di rifugiati, non si dà per vinto.
“Dopo 11 mesi di ‘esilio’, visto il divieto di dimora che mi è stato imposto dall’autorità giudiziaria di Locri ad ottobre scorso, sono tornato, da uomo finalmente libero, nella mia cittadina, a Riace, dove conto, anche se non sono più amministratore comunale, di continuare a dare aiuto a chi ne avrà bisogno.
Farò di tutto per lavorare e favorire i progetti di accoglienza perché ormai, nel mondo, Riace rappresenta questo”, dice. Lucano tornato a Riace, grazie alla revoca del divieto di dimora decisa dal Tribunale di Locri giovedì scorso nonostante il parere contrario della Procura, è imputato per aver favorito l’immigrazione clandestina, per l’illecito affidamento a due cooperative di Riace della raccolta dei rifiuti e per abuso d’ufficio nel processo “Xenia” che indaga su una presunta illecita gestione dei fondi destinati all’accoglienza dei migranti.
Nella sua prima conferenza stampa a Riace, dopo 11 mesi di esilio, Lucano, nonostante il “disturbo” del suono a festa, ogni dieci minuti, delle campane della chiesa (“Il parroco del paese, ha detto Mimmo Lucano, lo sta facendo di proposito.
Del resto lui alle ultime elezioni comunali ha votato per la lista della Lega..”), ha fermamente ribadito di essere “stato accusato e mandato sotto processo per reati che non ho affatto commesso.
L’altro aspetto grave – ha aggiunto l’ex sindaco, alla guida della cittadina collinare della Locride dal 2004 al 2019 – è che con la vicenda di Riace è stato fatto passare un messaggio politico, governativo e istituzionale pericoloso e grave: aiutare un altro essere umano è reato. Io mi rifiuto di avere un governo così, con questa cattiveria in corpo.
Tutto questo è disumano”. Gli ultimi passaggi Lucano li ha poi voluti dedicare ai suoi mandati di sindaco di Riace e all’inchiesta in atto nei suoi confronti: “Io ho cercato di fare il sindaco per fare del bene, per riscattare questa fetta di territorio calabrese.
Riace era un paese alla deriva in tutti i sensi, spopolato e abbandonato.
Io da sindaco ho cercato solo di ridare vita e futuro al paese.
Su quanto successo a Riace pretendo sia faccia al più presto chiarezza. Pretendo anche risposte chiare.
Qui a Riace è arrivato, negli ultimi dieci anni, il mondo intero tessendo lodi.
Com’è possibile, allora, che a Riace sia stato compiuto quello che la Prefettura di Reggio Calabria e la magistratura hanno ipotizzato. Io con l’anima e il cuore ho cercato di non fare solo il semplice sindaco che si mette la fascia e basta ma di creare una realtà diversa, di far emergere, con accoglienza e ospitalità, un territorio fin troppo bistrattato e abbandonato dallo Stato da decenni”.
Quicosenza.it
Dopo anni di silenzio ed in vicinanza con le elezioni regionali Agazio Loiero rientra in politica, dimentico forse del “mare da Bere” che lo ha accomunato a “ Mario Oliverio”, ieri, ed oggi al neo sindaco di Diamante che però ha avuto l’ardire di berlo davvero.
Domani sapremo la verità su questa sua , forse prossima. ricandidatura politica, fermo restando, comunque, che Loiero è cento, mille volte migliore di Oliverio!
“Nessuno è riuscito a capire perché Salvini abbia tolto in pieno agosto la fiducia a un governo che dava l’impressione di padroneggiare. Un gesto probabilmente causato da un accumulo di potere che in genere, se non temperato dalla consapevolezza della sua fugacità, produce una dannosa onnipotenza. L’idea del complotto europeo, che lo avrebbe ingiustamente detronizzato, appare privo di logica, visto che a dichiarare la crisi è stato in prima persona lui. Ciò non di meno una grande parte dei social condivide lo sfogo di Salvini. Nella Lega, realisticamente più attenta “ai schei”, invece si va sempre più diffondendo l’impressione del grande errore tattico compiuto dal proprio segretario e delle conseguenze che potranno esserci di qui a breve sul piano del consenso.
Comunque, caduto il governo, se ne sta costituendo un altro. Andare a votare, come avrebbe preteso la Destra, dopo meno di un anno e mezzo, nella situazione in cui versa l’Italia, sarebbe stata una follia. Resta un fatto. Se Conte riuscirà a comporre il complesso mosaico del governo, gli italiani assisteranno a una navigazione tra le più difficili della storia della Repubblica. Si registreranno conflitti, uno via l’altro, su ogni punto dell’agenda concordata. L’abilità politica ormai riconosciuta da più parti al Presidente incaricato – questo giornale gliene ha dato atto ben prima che la crisi deflagrasse – l’elementare saggezza di Zingaretti saranno messe a dura prova. Se infatti per un incidente di percorso l’esperienza giallorossa dovesse tra qualche tempo interrompersi il conseguente sbocco elettorale darebbe risultati catastrofici sia al M5S sia al Pd. Salvini risalirebbe nei sondaggi imperversando insopportabilmente con i rosari avuti in dono dai suoi tifosi in giro per questa nostra povera Italia, dove anche la fede, il più riposto dei sentimenti, agitata negli ultimi tempi sui social, ha ormai perso la sua aura di discrezione e di silenzio. Una breve digressione. Molti anni fa Sturzo ad alcuni clericali che esibivano troppo spesso con platealità il Vangelo, facendosene scudo, inviò alla fine di un suo discorso un invito perentorio: “E per quanto riguarda il Vangelo di Gesù vi esorto a tenerlo nel cuore”. Oggi una frase simile neanche il Papa potrebbe rivolgerla al segretario della Lega. Sarebbe sommerso di dileggi sui social.
Torniamo al governo che sta per nascere. La famosa “svolta” di Zingaretti dovrebbe essere contrassegnata, oltre che da uomini, da scelte tematiche di qualità – un po’ di Sud in più nell’agenda dell’esecutivo non guasterebbe – e anche da una dote che in genere la politica sottovaluta: la pazienza. Il M5S, con cui il Pd dovrà percorrere un lungo tratto di strada, sarà attraversato da umori incongrui e da una grande carica di frustrazione derivante da anni di polemiche ruggenti che in un movimento giovane lasciano il segno. E’ vero che un’ipotesi elettorale danneggerebbe più il movimento di Grillo che lo stesso Pd ma il primo è potrebbe essere attraversato da quel delirio d’impotenza che produce lo stesso effetto del delirio d’onnipotenza che, come accennato sopra, ha attraversato all’inizio di agosto la complessa psicologia di Salvini. Zingaretti, non avrà il fascino oratorio di Obama, ma, una volta apertasi ufficialmente la crisi, ha svolto, almeno fino a oggi, un buon lavoro. Ha attinto nella sua esperienza di politico e soprattutto di amministratore regionale tesori di analogie e di rimandi. Con Conte l’intesa su pochi punti fermi dovrebbe risultare alla fine salda. L’Europa prima di tutto, su cui anche grazie alla capacità tattica del Presidente incaricato si è già ottenuto un risultato, impensabile solo un anno fa. Mi riferisco alla convergenza sul voto a favore di Ursula Von der Leyen. Un’operazione che non mancherà di sprigionare i suoi benefici effetti sul governo che nasce. Un’ultima annotazione. Fossi Zingaretti non m’impiccherei sull’estetica negativa del doppio vicepremier. Anche se Di Maio è stato spesso sgradevole nei confronti del Pd, lasciarlo frustrato, con la qualifica di capo politico e l’aureola della vittima, fuori dal governo potrebbe procurare danni alla fragile alleanza. L’assegnazione al Pd di un sottosegretario alla Presidenza, munito di poteri e deleghe, avrebbe un peso maggiore di quello di un vice. A tenere in vita l’equilibrio del vertice di governo ci penserebbe il Conte che negli ultimi tempi è andato in scena.
Calabria7 1 Settembre 2019