
Se fosse successo in un’altra regione sarebbe stato uno scandalo, ma in Calabria è una normalità.
Ovviamente questa volta gli addetti stampa di Oliverio non hanno vantato il presidente!
L’incredibile vicenda della normativa che avrebbe dovuto mettere finalmente ordine nel settore funerario, approvata appena un anno fa. Il Consiglio regionale era sicuro che la Corte costituzionale l’avrebbe bocciata e anziché modificarla in meglio ha scelto la strada più facile, cancellandola e facendo ripiombare il comparto nella deregulation più sfrenata
Sicura di rimediare una figuraccia, la Regione ha preferito abrogare in pochi secondi una propria legge, varata dopo anni di discussioni, di riunioni delle commissioni consiliari e di chiacchiere un tanto al chilo. La legge in questione è la numero 22 del 26 giugno 2018, recante “disposizioni in materia funeraria e di polizia mortuaria”, che non è proprio un argomento di grande popolarità, ma avrebbe dovuto consentire alla Calabria di colmare un vuoto legislativo unico in Italia, con riguardo anche a importanti aspetti di sanità pubblica.
Da queste parti, infatti, il comparto si “autogestisce”, senza regole certe e univoche su tutto il territorio regionale. Avviene solo in Calabria, dove chiunque, dalla sera alla mattina, può decidere di operare in questo settore commerciale che purtroppo non è mai in crisi. Ogni provincia ha le sue procedure, ogni Asp ha i suoi protocolli, ogni ufficio ha i suoi documenti. La legge 22 poneva fine al far west, ma siccome gli interessi in campo(santo) sono tanti, il Legislatore regionale a furia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per accontentare tutti, ha partorito una sorta di mostro giuridico che in molti punti invadeva le competenze dello Stato.
Appena varata, dunque, la legge era già claudicante ed è stata subito impugnata dal Governo dinnanzi alla Corte costituzionale, che il 7 maggio prossimo avrebbe dovuto discutere il caso, con una bocciatura che appariva scontata allo stesso Consiglio regionale. Così, ieri, durante l’insipida seduta pre-elettorale, c’è stato il colpo di spugna, con l’approvazione da parte dell’Assemblea di una nuova legge, la 426, con un unico articolo che prevede la cancellazione della normativa precedente.
Le immagini del presidente del Consiglio regionale, Nicola Irto, che mette ai voti la proposta di abrogazione e in meno di 10 secondi incassa il voto favorevole dell’Aula, sono imbarazzanti per un Paese civile. Soprattutto se paragonati al dispendio di parole impiegate negli ultimi 15 anni per poi varare nel 2018 la normativa tanto attesa.
È da tre Legislature, infatti, che il Consiglio regionale della Calabria cerca invano di giungere a una regolamentazione del settore, un’impresa tanto ardua che scalare l’Everest senza ossigeno e con le infradito sarebbe stato più facile. Una vera conquista, come dimostravano i ringraziamenti del consigliere regionale democrat Giuseppe Giudiceandrea (gruppo Dp, che altro non è che Pd scritto al contrario), tra i principali promotori della nuova normativa, che nel giorno dell’approvazione snocciolò entusiasta una lunga sfilza di “grazie” rivolti al presidente della Commissione sanità, Michele Mirabello («per il lavoro svolto»), ai colleghi della minoranza, alle sigle di settore (Federcofit), agli imprenditori, alle aziende. Ci mancava solo che ringraziasse anche i defunti per l’insostituibile contributo che danno al comparto.
«Da moltissimo tempo - disse in quella circostanza Giudiceandrea - si cercava di mettere ordine in un settore in preda all’assoluta anarchia, e gli imprenditori tutti, dal più grande al più piccolo, chiedevano a gran voce che si potesse regolamentare questa jungla». Jungla che ora potrà continuare a crescere rigogliosa, con buona pace “degli imprenditori tutti”, grazie alla deregulation imposta dall’incapacità di un Consiglio regionale reduce da un mese di vacanze pasquali, che ha prima varato una legge palesemente incostituzionale e poi, anziché fare quello per cui è pagato, cioè modificarla e rimediare agli errori per evitare che venisse bocciata dalla Consulta, ha scelto la strada più facile e meno faticosa: cancellarla alla velocità della luce. E amen
di Enrico De Girolamo
Domenica 28 aprile alle ore 18 in Piazza Duomo a Reggio Calabria Giorgia Meloni in vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio ha aperto la campagna elettorale per il suo partito, Fratelli d’Italia. Ha chiesto, naturalmente e come era prevedibile, più voti per il suo partito perché Fratelli d’Italia insieme a Forza Italia e Lega vuole costruire un’alternativa all’attuale Governo giallo verde. Fin qui nulla di nuovo. Poi, però, Giorgia Meloni ha rilanciato la candidatura di Wanda Ferro a Governatore della Regione Calabria. E’ legittimo, ci mancherebbe, che il Presidente di un partito politico avanzi la candidatura alla Regione Calabria di un suo iscritto e di un esponente che già ricopre una carica istituzionale al Parlamento Italiano. Ma quanti voti ha in Calabria il partito di Giorgia Meloni? Non abbastanza per avere un suo candidato. E allora mi viene in mente un antico proverbio calabrese che calza a proposito:- Puru i pulici tenano a tussa-., che vuol dire, senza offesa per nessuno, che anche gli individui più piccoli, più insignificanti spesso e volentieri vogliono dire la loro. Il Partito di Giorgia Meloni fa parte della coalizione del centro destra, però non può chiedere tanto e poi in una piazza dove erano radunati soltanto gli iscritti e i simpatizzanti del suo partito. Questi accordi si discutono in segreto attorno ad un tavolo dove sono radunati tutti gli esponenti della coalizione. Ma Fratelli d’Italia, se non vado errato, ha già ottenuto un suo candidato, Marco Marsilio, nelle ultime elezioni regionali che si sono svolte in Abruzzo. Secondo lei, però, qui in Calabria, non ci sono ancora gli accordi e la candidatura a Governatore della Calabria da parte del Sindaco di Cosenza Occhiuto ancora non è sicura. C’è da discutere, a differenza di quello che si dice. Ne vorrebbe discutere ancora, ecco perché ha fatto il nome di Wanda Ferro, presente anche lei sul palco nella manifestazione elettorale di Reggio. Wanda Ferro ha guidato nelle passate elezioni regionali calabresi la coalizione di centro destra ed è stata sonoramente sconfitta dal centro sinistra guidato da Mario Oliverio attualmente in carica. Sarebbe il caso di dare la possibilità e l’opportunità ad altri candidati, forse più spendibili, di guidare la coalizione di centro destra che potrebbero vincere più facilmente le elezioni che si annunciano molto agguerrite.
CROSIA (Cs) – Sabato, 27 Aprile 2019 – Sono state depositate stamani (sabato 27 aprile), entro i termini stabiliti di legge, le liste dei candidati che concorreranno alle prossime elezioni amministrative di Domenica 26 Maggio 2019 per il rinnovo del Consiglio comunale di Crosia. Due le liste: una che fa riferimento al Sindaco Antonio Russo (Lista Civica Evoluzione) l’altra, invece, al candidato Giovanni De Vico (La Città libera che vogliamo). Il faldone è stato depositato presso l’ufficio della Terza Sotto Commissione elettorale circondariale, nominata dalla Prefettura di Cosenza e insediata presso il Comune di Corigliano-Rossano.
Queste le liste:
LISTA CIVICA EVOLUZIONE – RUSSO SINDACO
1. Maria Teresa BOLLINI
2. Saverio CAPRISTO
3. Gemma CAVALLO
4. Filomena CELESTINO
5. Emilio CINELLI
6. Francesco CRETELLA
7. Serafino FORCINITI
8. Giovanni GRECO
9. Giuliana MORRONE
10. Paola NIGRO
11. Francesco RUSSO
12. Luigi SALVINO
LISTA CIVICA LA CITTÀ LIBERA CHE VOGLIAMO – DE VICO SINDACO
1. Maria Teresa AIELLO
2. Domenico BERALDI
3. Sergio BRUNO
4. Ida CASTAGNARO
5. Raffaella DE LUCA
6. Francesca DE SIMONE
7. Salvatore FILIPPELLI
8. Saverio FORCINITI
9. Natalino LORIA
10. Vincenzo ROMANO
11. Francesco SPATAFORA
12. Caterina URSO