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iacucci

Riceviamo e pubblichiamo una nota del Presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci.

 

“Poco più di un mese fa avevo lanciato un grido d’allarme su quanto continua ad avvenire nel Mediterraneo: una strage infinita di cui siamo inevitabilmente corresponsabili e di cui dovremo rispondere di fronte alla storia. Se dovessimo raccontare questi anni bui non potremo essere assolti per la nostra indifferenza. 

Abbiamo seguito tutti, in questi giorni, l’ennesima storia del naufragio di un barcone di migranti al largo delle nostre coste: a farne le spese ancora una volta è un bambino troppo piccolo per poter capire che la sua unica colpa era essere nato sull’altra sponda del Mediterraneo. L’unica differenza con i nostri figli o nipoti. 

 

Joseph è l’ennesimo emblema del fallimento delle politiche internazionali, europee e nazionali di gestione dell’immigrazione.  Perché invece con una gestione migliore forse Joseph si sarebbe potuto salvare. Avrebbe potuto avere quella vita migliore che la madre, imbarcandosi, sognava per lui. Avrebbe potuto un giorno giocare con i nostri bambini, andare a scuola con loro, crescere e diventare un uomo. Questa cosa così scontata per molti gli è stata negata. 

Dai registri di bordo che pubblica il quotidiano La Repubblica si evince un buco di quattro ore in cui forse Joseph poteva essere salvato. Infatti, dopo ben tre operazioni di salvataggio, alle 16.00 Open Arms chiede l’evacuazione medica che arriverà soltanto alle 20.15 quando il bimbo di soli 6 mesi era morto da poco. Per questa ragione la Procura di Agrigento ha aperto un’indagine.  

 

Una storia come tante, di soccorsi arrivati troppo tardi ma se si fosse trattato di un bimbo italiano avremmo urlato tutti allo scandalo. Invece, dopo una immediata ondata di commozione per quelle urla strazianti della mamma che cerca il proprio figlio probabilmente anche questa storia verrà dimenticata fino alla prossima tragedia. 

Come dicevo in un’altra nota, nel Mediterraneo stanno morendo le nostre coscienze e forse ad un certo punto smetteremo anche di indignarci o di commuoverci perché tutto questo dramma sta diventando una nuova normalità. E mentre inermi restiamo a guardare un mondo che non difende più gli indifesi, per fortuna c’è Papa Francesco che ci ricorda che abbiamo il dovere di lavorare per trovare risposte adeguate e serie al dramma dell’emigrazione e del traffico di essere umani. 

 

Nella sua telefonata a Biden, Papa Francesco ha espresso la volontà “di lavorare insieme sulla base di una convinzione condivisa nella dignità e nell’uguaglianza di tutta l’umanità” riferendosi ai poveri e ai migranti. Dignità e uguaglianza: due parole patrimonio di una certa storia politica che ormai sentiamo pronunciare soltanto dal Pontefice, quasi si avesse paura dei rigurgiti di odio e di razzismo a prendere posizione chiara e netta sui migranti, a parlare di umanità. 

Un’umanità che, nonostante tutto, riesce ancora a squarciare il buio dell’indifferenza e a trionfare sulla disperazione.

Di ieri, infatti, la notizia che una migrante approdata a Lampedusa ha partorito sull’elicottero del 118 che la stava trasportando ad Agrigento: sia lei che il suo bambino stanno bene grazie anche allo straordinario lavoro del personale medico. In qualche modo, questa notizia, a poche ore dalla tragica morte di Joseph, ci dimostra che un’altra strada c’è ed è percorribile se si lavora tenendo a mente i valori di cui parla Papa Francesco. 

 

Mi auguro che il piccolo nato ieri possa avere la vita che a Joseph è stata negata e che da italiano possa contribuire, un giorno, a costruire un Paese migliore. Ma anche che la comunità internazionale e  l’Europa si impegnino a fare tutto quanto è in loro potere per fermare i conflitti armati e le persecuzioni nei Paesi da cui i migranti fuggono, per realizzare politiche di reale integrazione dei migranti e dei profughi, e di sostegno verso le Ong che quotidianamente salvano vite umane, a volte tra gli insulti, fornendo il necessario alle navi e, sempre, dico sempre, un porto sicuro”. 

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Franco-Iacucci-2COSENZA, 14 NOVEMBRE 2020 - In questo periodo particolarmente doloroso, la scomparsa di Antonio Parente è un ulteriore motivo di tristezza.

Un uomo per bene che da amministratore unico di Ferrovie della Calabria ha lavorato con abnegazione per il bene della Calabria e del suo territorio, in stretta sinergia con le istituzioni locali.

Calabrese d’adozione ha avuto sempre a cuore lo sviluppo di un settore strategico, sebbene difficile, come quello del trasporto locale perennemente in crisi e soggetto ormai da anni a tagli e a politiche, spesso, di corto respiro.

Antonio Parente era un valido e capace manager che ci lascia troppo presto, a soli 52 anni, dopo neanche due anni dal suo incarico. Era stato, infatti, nominato amministratore unico delle Ferrovie della Calabria solo da giugno 2019 dopo aver ricoperto altri e prestigiosi ruoli di responsabilità al Ministero dei Trasporti specializzandosi proprio nel settore dei trasporti ferroviari di interesse locale.

Recentemente, avevo avuto modo di incontrarlo e insieme avevamo discusso e pianificato una serie di interventi per il rilancio del settore.

Sostituirlo non sarà compito facile: mi auguro che il lavoro svolto fin qui non vada disperso e che le sue idee per una strategia di sviluppo possano essere portate avanti. Alla famiglia e agli amici esprimo la mia vicinanza e le mie condoglianze.

Franco Iacucci

Presidente Provincia Cosenza

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Caronte traghetta le anime2

di Francesco Gagliardi 

 

Nell’antichità quando uno moriva, prima di essere seppellito, venivano messe sotto la lingua o sugli occhi del defunto delle monete.

A cosa servivano?

Servivano al defunto per pagare Caronte che lo traghettava all’altra sponda del fiume Acheronte.

 

E se il defunto era un non abbiente e non disponeva quindi di una moneta era destinato a vagare per l’eternità tra le nebbie del fiume senza pace.

Da allora molte cose sono cambiate.

I personaggi della mitologia greco e romana si studiano ora a scuola.

Tutti hanno diritto, ricchi e poveri, grandi e piccini, ad una degna sepoltura.

 

Ma davvero è così? Le spese funebri ora costano e come costano. E allora mi domando ; - Chi paga il funerale?

Gli eredi naturalmente. E cosa succede quando una persona sola muore? Ci sarà un funerale gratuito in chiesa?

Ci sarà una degna sepoltura? O nessuno si occuperà del defunto perché nessuno si è voluto accollare le spese per l’inumazione?

Quello che sto per raccontarvi è davvero accaduto.

A Cosenza, purtroppo.

 

Nella nostra amata città.

A Cosenza viveva per le strade una donna straniera, sola, povera, senzatetto, di 53 anni, di nome Irina.

Lo scorso mese di agosto venne trovata morta su un vecchio materasso, tra stracci e avanzi di cibo che la generosità di alcune persone giornalmente le offriva.

E’ rimasta nella cella frigorifera dell’obitorio di Cosenza per oltre due mesi, perché non avendo parenti e non avendo soldi, non si è potuto comprare una bara, un loculo al cimitero e pagare le spese per il funerale in chiesa. Al tempo dei Greci e dei Romani i defunti che non potevano pagare Caronte vagavano per l’eternità tra le nebbie del fiume Acheronte, oggi, anno 2020, i defunti che non hanno un Euro rimangono chiusi nelle celle frigorifere degli obitori.

 

Ma grazie all’intervento dell’ex Comandante della Caserma dei Carabinieri “Grippo” di Cosenza, di un titolare di una attività di onoranze funebri che ha donato una bara e di un sacerdote che celebrerà gratis il funerale, finalmente la Sig.ra Irina avrà una degna sepoltura. La sua anima non vagherà più tra le nebbie del fiume Acheronte. E gli altri cittadini della nobile città di Cosenza cosa hanno fatto?

Non sono intervenuti.

 

Ma forse ignoravano l’esistenza della povera Irina e della sua morte avvenuta nel mese assolato di agosto quando la città è completamente deserta.

E’ triste raccontare fatti del genere, ma se non ci fosse stato l’interessamento di alcune brave persone la Sig.ra Irina sarebbe rimasta nella cella frigorifera chissà per quanto tempo ancora e non disponendo di una moneta sarebbe destinata a vagare senza pace per l’eternità.

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