La capacità di sorridere di se stessi è l’indice della qualità dell’uomo.
Sembra banale sorridere , ma non lo è .
Basta guardare in giro.
Difficile non avere problemi ; impossibile non vedere quelli degli altri nei loro visi seri e financo tristi
E quando li vediamo, normalmente, ci giriamo dall’altro lato, incapaci, come siamo, di spendere un sorriso ed una buona parola di conforto .
Eppure, spesse volte, basta poco per aiutare il vicino, il prossimo, anche quello conosciuto.
Basta un sorriso "gettato" nell’aria senza nemmeno una ragione, come un seme di grano che poi raggiumge la terra, come il buon giorno gratuitamente e liberamente offerto a chi incontri e che nemmeno, forse, conosci
Un piccolo regalo che non costa nulla e che può aiutare a cambiare l’umore dell’altro del prossimo
Come non vedere, quindi, nell’autoironia sociale la saggezza popolare?
E che altro è la Festa del 21 luglio se non gioiosa autoironia?
Un popolo, quello amanteano, che sorride dei propri “cjuoti” e della loro “partenza”, in essi riconoscendosi , ricordando momenti tristi ma ormai lontani, autonominandosi “cjuoti” del terzo millennio, vivendo in mezzo alla strada, dimenticando con un momento “fuori luogo”, “fuori target”, le altre aberrazioni della società moderna, le limitazioni alle libertà .
Un "sorriso plurimo" offerto alla città non più e soltanto ad un uomo o ad una donna che ci passa vicino o che vediamo dal balcone.
Un sorriso offerto a cittadini ed ospiti della città.
Un momento di autoironia collettiva, sociale.
Amanteani ,cioè, liberi di essere stati, liberi di essere, liberi di divenire
Gli Amanteani sanno del loro passato ma vogliono ricordarlo ed insieme dimenticarlo per sostituirlo con la speranza.
Amantea non sa cosa c’è dietro l’angolo del suo futuro di città, di società, ma non ne ha nemmeno timore.
Amantea sa che, nella sua storia plurimillenaria, ha superato tantissimi momenti difficili, in quella alternanza continua tra il bene ed il male, tra la gioia ed il dolore, ma sopravvivendo come città, economia, civiltà ed imparando a proprie spese a come resistere alle avversità.
La vedo questa città( in quella parte che sarà viva e libera nella festa dei “cjuoti”) togliersi le bende che la avvolgono come una mummia per poter, anche se anchilosata, ricominciare a vivere, ed avere perfino il pensiero di osare un nuovo cammino, lento ma deciso.
Per questo il 21 luglio c’è( per fortuna) una città che vuole sostituire la vecchia lista di proscritti, la lista dei “cjuoti”, la lista dei nominati, con una vera lista sociale.
Una lista con candidati e programmi.
Una cosa “cjota” ,che forse non è tale, che si paragona ad una cosa “seria”, che forse non è tale.
Amantea non ha un suo Seneca.
Ne ha tanti
E tutti il 21 luglio a sera rivivranno la sua locuzione , il suo famoso “ Semel in anno licet insanire”, la strategia apotropaica della società che vuole sopravvivere , che non vuole “partire” il 21 luglio, che vuole rincontrarsi la mattina del 22 luglio, senza paure, senza timori, sorridente per aver superato una altra prova, per non essersi trovata nella lista dei proscritti, per non essersi trovata la mattina del 21 sulla spiaggia ad attendere la nave che la avrebbe portata via.
Dove?
E chi lo sa!
In fondo la festa dei “cjuoti” è una festa per sorridere al giorno dopo, così come siamo, senza differenze, senza paure, senza mediocrità quotidiane , liberi di essere stati, almeno per un giorno, fuori dalle regole condizionanti di un mondo che “costringe”, liberi di non avere i soliti paraocchi culturali e sociali, che ci impediscono di vivere
W il 21 luglio.
peppe marchese