La federazione italiana donne arti professioni affari sezione di Amantea invita a partecipare alle celebrazioni del settantesimo anniversario del bombardamento di Amantea.
Il programma prevede la Santa messa nella Chiesa di san Biagio alla ore 10.30,la deposizione di una corona di fiori in Via Indipendenza nello slargo delle “ Case Sciollate”con scopertura di una targa a ricordo della giornata e delle vittime con i saluti del Presidente della FIDAPA Franca Dora Mannarino, del sindaco di Amantea, della dirigente del C. Mortati e della dirigente del Liceo Scientifico
A seguire Flash Mob della memoria(-dall'inglese flash: lampo, inteso come cosa rapida, improvvisa, e mob: folla- è un termine coniato nel 2003 per indicare una riunione, che si dissolve nel giro di poco tempo, di un gruppo di persone in uno spazio pubblico, con la finalità comune di mettere in pratica un'azione insolita).
Ed ecco l’intenso messaggio della vicepresidente Fidapa Wanda Iorno.
Il bombardamento su Amantea, 20 febbraio 1943, è un pezzo della nostra storia che solo pochi ricordano e che molti, soprattutto giovani, ancora ignorano
“In quel tranquillo pomeriggio( ore 16,30 circa) di un sabato pieno di sole, la quiete fu improvvisamente rotta dal rombo sinistro di un aereo e dello scoppio successivo di una bomba.
L’obbiettivo strategico, il ponte di via >Indipendenza , fu centrato,ma con il ponte crollarono strade e case sotto cui morirono trentacinque persone “circa”( NDR il loro numero esatto non è a tutt’oggi definitivo).
Furono tredici bambini, tre giovani, sei madri, di cui due incinte, dieci uomini, le vittime innocenti di una perversa logica di guerra, rimaste sotto le Case Sciollate”.
Così chiamiamo quell’ammasso di macerie- mai rimosse- sotto cui potrebbero ancora giacere dei poveri resti umani, forse”
Ma sotto di esse giacciono, certamente, i giochi interrotti dei bambini, i sogni infranti dei giovani, gli affanni e le speranze delle madri e dei padri.
E domani, passando da quel suggestivo angolo di via Indipendenza,volgiamo lo sguardo verso le “Case Sciollate”, su quella fredda lapide su cui sono incisi dei domi e soffermiamoci a pensare che quei nomi erano bambini che giocavano, uomini e donne che soffrivano, lottavano, speravano in un domani migliore, in un’alba di pace che per loro non spuntò mai.”
L’evento di Amantea si inquadra in una “filosofia di guerra” che utilizza le forze aeree ( in particolare i bombardieri ) per creare uno stato di allerta e di paura. È un fiorire di bombardamenti quello che interessa tutta l’Italia ed in particolare le aree prossime al mare.
Tra i tanti bombardamenti ricordiamo:
Quello di Cittanova che fu pesantemente colpita da una squadriglia di aerei americani proprio il 20 febbraio 1943. La formazione aerea sganciò 23 bombe e una trentina di spezzoni incendiari che colpirono il centro dell’abitato. Morirono 105 Cittanovesi, furono distrutte 150 case e provocati danni ingenti per un disastro che nessun’altra città subì in Calabria.
Ma tantissimi altri :
-Il 3 febbraio bombardieri americani attaccano Palermo causando numerose vittime e gravi devastazioni
-Il 4 febbraio un’incursione aerea su Torino e La Spezia provoca numerose vittime e danni notevoli.
-Il 7 febbraio aerei alleati bombardano Cagliari e Napoli.
-Il 14 febbraio più di 100 quadrimotori della RAF investono Milano provocando vittime e danni molto gravi: è la prima di una lunga serie di incursioni.
-Il 15 febbraio una pesante incursione aerea anglo-americana su Palermo (almeno 100 morti) e Napoli.
-Il 17 febbraio un violento attacco aereo alleato su Cagliari e dintorni provoca più di 100 morti e danni ingenti.
-Il 20 febbraio ondate di bombardieri colpiscono Napoli causando, secondo fonti ufficiali, 119 morti e 332 feriti.
-Il 23 febbraio i quadrimotori americani devastano Messina
Il 26 febbraio ancora una volta Cagliari viene devastata da un’incursione di aerei alleati: i morti accertati sono 73, mentre i feriti sono 286.
-Il 27 febbraio una violenta incursione aerea alleata in Siracusa provoca numerose vittime e ingenti danni.
Tra i più gravi:
Quello del 6 maggio alle 11,30 in due ondate successive centinaia di quadrimotori devastano Reggio Calabria causando 250 morti e 277 feriti. Fu solo uno dei 24 bombardamenti subiti dalla città.
L’amministrazione comunale emana il seguente comunicato stampa in ordine alle osservazioni che Giulio Vita ha fatto in ordine all’uso del Campus Temesa.
Dice l’amministrazione comunale guidata da Franco Tonnara : “Siamo aperti alle critiche, anche aspre, su qualsiasi argomento, ma non consentiamo a nessuno di avvelenare l’ambiente con toni ed espressioni che nulla hanno a che fare con la dialettica ed il confronto democratico.
Spingersi fino al punto di affermare che “il Campus Temesa viene utilizzato dall’amministrazione comunale come arma politica, piuttosto che come luogo dove ritrovarsi” è una mossa ingiusta e disonesta, che dequalifica l’autore di cui, finora, avevamo apprezzato l’entusiasmo e lo spirito di iniziativa”.
Poi continua evidenziando che :” Non sarà certamente il giovane Vita ad indicare alla città la strada dell’arte e della cultura, né a dirci cosa il Comune dovrà fare in termini di promozione culturale e nel caso specifico di gestione del Campus. Le affermazioni del giovane regista venezuelano, apparse da qualche tempo su facebook ed ora riportate dalla stampa, non corrispondono assolutamente al vero. L’amministrazione comunale non ha mai rifiutato un suo programma per la “Casa delle Culture” e nemmeno negato l’utilizzo della struttura per un concerto. Salvo, poi, confondere il richiamo al necessario rispetto delle regole per un diniego”
Infine conclude spiegando che “A Giulio Vita e alla “Guarimba”, come ad altre associazioni operanti sul territorio, è stato semplicemente spiegato, a voce, che per l’utilizzo della struttura ci sono tempi e metodi, costi fissi da sostenere e anche responsabilità da assumere. Il tutto è contenuto nella bozza del “Regolamento per l’utilizzo del Campus Temesa” che nella prossima settimana sarà portata al vaglio della commissione competente per poi essere definitivamente approvato in Consiglio comunale”
Seguiremo, per quanto possibile, i lavori della commissione e certamente quelli consiliari nella speranza che il comune finalmente emani norme regolamentari sull’uso dei beni pubblici tutelandoli da ogni abuso e disuso
Perviene e pubblichiamo il seguente comunicato stampa del Comitato Natale De Grazia
“Risulta veramente incomprensibile la decisione assunta dal Procuratore della Repubblica di Nocera Inferiore sulla vicenda della morte del capitano Natale De Grazia e, auspicando che il Gip rifiuti di archiviare il caso, faremo quanto è nelle nostre possibilità per evitare che ciò avvenga.
È vero che è passato troppo tempo dalla morte di De Grazia e pertanto nuovi approfondimenti scientifici diventano pressoché impossibili sul suo corpo, ma i nuovi elementi emersi dalla perizia affidata al dott. Arcudi e le nuove inquietanti notizie contenute nella relazione della Commissione sul ciclo dei rifiuti in merito alle indagini che il comandante stava conducendo rendono doveroso, oltreché necessario, un approfondimento del caso. Inoltre la decisione sembra frettolosa visto che, quando è stata assunta, la Commissione parlamentare non aveva ancora inoltrato alla procura di Nocera la corposa “Relazione sulla morte del capitano di fregata Natale De Grazia” ma solo la perizia medica del dottor Arcudi.
Purtroppo, sembra che ci sia una superiore volontà di far rimanere la vicenda delle “navi dei veleni” e la morte di Natale De Grazia tra i tanti misteri della storia d’Italia nonostante i fatti che seguono.
La Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, dopo aver acquisito nuovi elementi di prova e nuove testimonianze sul traffico dei rifiuti e sulle navi dei veleni, ha ritenuto che le conclusioni medico-legali del prof. Arcudi - tossicologo di fama internazionale ed accademico a Tor Vergata - sulle cause della morte del capitano De Grazia siano “analiticamente motivate e scientificamente inattaccabili”; quella morte fu “conseguenza di una causa tossica, ogni altra causa va esclusa per assenza di elementi di riconoscimento”. Inequivocabilmente dunque Natale De Grazia non è morto di morte naturale e verosimilmente potrebbe essere stato avvelenato.
Non è comprensibile come si possa basare la decisione di archiviare il caso “De Grazia” sulla base delle conclusioni cui è arrivato il perito della commissione parlamentare, là dove questo ha scritto che “dal punto di vista medico-legale il caso è chiuso”. Perché, se è vero che il tempo lungo intercorso dalla morte del capitano rende impossibile effettuare ulteriori accertamenti sul suo cadavere, sicché su questo versante il caso sembra chiuso, è però anche vero che tutte le numerose nuove notizie acquisite ed accertate renderebbero necessarie nuove investigazioni. Un suggerimento in tal senso sembra provenire dalla stessa Commissione parlamentare, laddove afferma che non è suo compito “sciogliere nodi di competenza dell’autorità giudiziaria”, quasi invitando quest’ultima a farlo, per evitare che anche la morte del capitano De Grazia possa finire tra i tanti misteri irrisolti del nostro Paese.
I due precedenti esami autoptici, quello del 1995 e quello successivo del 1997 e stranamente affidato allo stesso perito del primo esame, contengono vistose lacune che hanno impedito di scoprire la verità sulle cause di quella morte consentendo di accreditare, falsamente, come evento fatale il collasso cardio-circolatorio. In quelle due perizie - sostiene il prof. Arcudi - gli accertamenti furono condotti “in maniera superficiale, con incomprensibili carenze e contraddizioni che rendono i risultati tutti incerti, poco affidabili e quindi non utilizzabili per gli scopi per i quali erano stati disposti”. Proprio l’esame analitico delle risultanze di quelle due autopsie porta il perito nominato dalla Commissione parlamentare alla conclusione della loro inattendibilità.
Vi sono poi altri elementi da tenere in considerazione contenute nella nuova relazione della Commissione rifiuti che confermano l’antico sospetto sulla morte per avvelenamento del capitano De Grazia; i misteri sulla motonave Latvya (legata all’ex Kgb russo) ormeggiata per qualche mese a La Spezia sulla quale si sospetta sia stato caricato mercurio rosso radioattivo. Su questo vascello il capitano De Grazia avrebbe dovuto effettuare delle verifiche dopo aver incontrato un informatore, se non fosse deceduto lungo il viaggio che lo portava in Liguria.
E poi bisogna considerare il clima di intimidazioni che ha caratterizzato le indagini condotte da De Grazia “che lo ha portato a prezzo di un costante sacrificio personale e nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili a svolgere complesse investigazioni” che da sole imporrebbero l’apertura del caso.
Infine auspichiamo che lo Stato si impegni a far luce su tutta la vicenda delle navi dei veleni magari con l’ausilio di un pool investigativo di esperti che si occupi esclusivamente delle indagini sul traffico nazionale ed internazionale dei rifiuti tossici e radioattivi.