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Torna l’inverno e un’ondata di maltempo investe l’Italia

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geloRicordi di un maestro

La neve caduta in abbondanza in questi ultimi giorni ha causato non solo la morte di alcune persone ma tantissimi disagi alla popolazione. Freddo, gelo, vento e neve hanno flagellato l’Italia. Si sono registrate temperature polari ovunque. La neve ha imbiancato monti e vallate e il gelo polare ha fatto gelare fiumi, laghi, torrenti e finanche le fontane più belle di Roma. In molti paesi di montagna il gelo ha fatto saltare le tubature dell’acqua e la neve caduta copiosa per ore ed ore ha fatto crollare i fili dell’alta tensione costringendo diversi paesi di montagna al freddo e al buio per mancanza di energia elettrica. Gravi danni ha causato anche all’agricoltura costringendo i sindaci a chiedere al Governo la calamità naturale. I paesini distrutti dal terremoto dello scorso agosto sono quelli che stanno soffrendo di più, perché costretti, malgrado le promesse del governo, ancora a vivere nei container e non nelle casette prefabbricate. Nelle zone terremotate ricoperte dalla neve abbondante mancano il foraggio per il bestiame che per mancanza di cibo e per il freddo intenso rischia di morire. Molte persone senza fissa dimora sono morte assiderate. Il Vaticano addirittura ha messo a disposizione dei clochard romani le proprie automobili parcheggiate in Piazza San Pietro. In molti centri montani incominciano a scarseggiare i viveri e i medicinali e diversi Sindaci hanno chiesto l’intervento dell’Esercito per superare le varie situazioni di emergenza. Il mare in burrasca ha impedito alle navi di raggiungere le isole e ha danneggiato, ancora una volta, alcuni lungomari della nostra Calabria. Molte città dell’Italia meridionale, dove la neve cade in abbondanza ogni trenta anni, assolutamente non abituate alla neve, si sono trovate impreparate per poter governare l’emergenza. Per il freddo e per la neve sono stato costretto a rimanere chiuso in casa. Sono una persona anziana ed un maestro elementare in pensione. Non avendo nulla da fare ho preso un vecchio libro in mano ”Cuore” di De Amicis e ho incominciato a leggere alcune pagine, che tanti anni fa facevo leggere anche ai miei scolari. Ricordo e rivedo la mia aula scolastica dove ho insegnato a leggere e a scrivere a diverse generazioni. Ricordo e rivedo gli scolari di allora molti dei quali con la testa rapata a zero non solo per la paura dei pidocchi ma anche per risparmiare il taglio dei capelli. Quanti sogni, quante speranze, quanta innocenza! Se chiudo gli occhi rivedo i miei cari marmocchi. Li ricordo tutti uno per uno. E tutti, maestro e scolari, quando faceva davvero freddo, l’aula non era riscaldata, con il fiato riscaldavamo le punta delle dita ed eravamo costretti a stare col cappotto e con la sciarpa al collo. Ma ora le cose sono cambiate. Le nostre scuole sono riscaldate, ci sono i termosifoni e la corrente elettrica e non ci sono più scolari con i pidocchi e con i geloni ai piedi. E quando incominci a cadere qualche fiocco di neve i Sindaci immediatamente fanno chiudere le scuole. Come è cambiato il mondo! E anche la neve allora non faceva tanta paura e non arrecava tanti danni. Era festa grande per grandi e piccini. Ecco cosa scriveva Edmondo De Amicis sabato 10 dicembre di tantissimi anni fa nella pagina intitolata appunto” La prima nevicata”:- Addio passeggiate. Ecco la bella amica dei ragazzi! Ecco la prima neve! Fin da ieri sera vien giù a fiocchi fitti e lunghi come fiori di gelsomino. Era un piacere questa mattina alla scuola vederla venire contro le vetrate e ammantarsi sui davanzali; anche il maestro guardava e si fregava le mani e tutti eran contenti pensando a fare alle palle, e al ghiaccio che verrà dopo, e al focolino di casa. Che bellezza, che festa fu all’uscita! Tutti a scavallar per la strada, gridando e sbracciando, e a pigliare manate di neve e a zampettarci dentro come cagnolini nell’acqua. I parenti che aspettavano fuori avevano gli ombrelli bianchi. Tutti i nostri zaini in pochi momenti furono bianchi. Tutti parevan fuori di sé dall’allegrezza. Il calabrese che non aveva mai toccato la neve, se ne fece una pallottola e si mise a mangiarla come una pesca. Anche le maestre uscivano dalla scuola di corsa, ridendo. Centinaia di ragazze passavano strillando e galoppando su quel tappeto candido. E i maestri e i bidelli gridavano:-A casa, a casa!- ingoiando i fiocchi di neve e imbiancandosi i baffi e la barba. Ma anch’essi ridevano a quella baldoria di scolari che festeggiavano l’inverno-. Adesso tutto ciò non può più accadere, perché le cose sono cambiate e la società di oggi non è più quella ai tempi di De Amicis ( siamo alla fine dell’ottocento), perché appena incominciano a cadere i primi fiocchi di neve i Sindaci ed i dirigenti scolastici fanno chiudere le scuole. Addio risate! Addio baldorie! Addio palle di neve! E le mamme che invitano i figli a stare dentro casa perché fuori fa freddo e potrebbero prendere il raffreddore. Attento che cadi! Hai indossato il dopo sci? E il cappellino di lana? E il cappotto pesante? Come cambia il mondo e come cambiano gli usi ed i costumi. Non ci sono più scuole sepolte dalla neve, nude e tetre come spelonche, dove i ragazzi soffocano dal fumo e battono i denti dal freddo. E non ci sono più scolari che non hanno né panni, né scarpe, né fuoco. E non ci sono più scolari che scendono dalle montagne portando nelle mani sanguinanti di geloni un pezzo di legno per riscaldare la scuola. Altri tempi. Scuoletta mia, di cuore ti saluto..

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