
La signorina Ceccardi è un Sindaco leghista di un paese medio piccolo toscano, Cascina in provincia di Pisa, l’unico ad essere amministrato dalla Lega Nord. L’altro giorno è intervenuta ad Agorà, il programma di RAI3, e ha provato a spiegare agli altri partecipanti alla trasmissione sul perché i medici che lavorano negli ospedali e nelle strutture mediche del Nord dovrebbero essere pagati più di quei dottori che lavorano nelle strutture mediche del Sud. Ha detto che lei non ce l’ha con i calabresi, però, secondo lei, i medici calabresi sono meno preparati dei medici del Nord. Quelli del Nord meritano uno stipendio più corposo perché non solo lavorano in strutture migliori ma anche perché sono più preparati e più competenti. Addirittura ha affermato, parlando di malasanità, che i medici del Sud lasciano finanche i bisturi negli stomaci della gente. Gli ospiti nello studio televisivo non hanno condiviso quello che il Sindaco leghista ha affermato, la quale, non contenta, ha continuato imperterrita a criticare i medici calabresi e la sanità in Calabria che non è proprio un’eccellenza. Gli altri partecipanti hanno ribattuto che ci sono nel mondo tanti medici calabresi che operano nelle strutture pubbliche e private con grande competenza. Sono stati costretti a lasciare la loro terra perché le strutture in Calabria sono inadeguate non perché incompetenti. Di fronte alle obiezioni dei partecipanti alla trasmissione e del conduttore il Sindaco così ha concluso:- In Calabria, anche per i casi di malasanità, ci sono medici meno bravi che in Emilia Romagna -. In quella trasmissione avrebbe dovuto partecipare qualche medico calabrese per ribattere alle menzogne e alle calunnie di questo sindaco ignorante e razzista in cerca di visibilità e di qualche voto. Le elezioni nazionali sono vicine e forse si sta preparando alla competizione. Ma il Sindaco lo sa che i più grandi scandali della sanità succedono al Nord? E lo sa che molti malati del Sud che vanno a curarsi al Nord in genere ritornano nella propria terra chiusi in una bara?
Questo Sindaco non è nuovo alle provocazioni. Il 13 settembre u.s. si è scagliato contro i ragazzi africani che emigrano nel nostro paese. Ospite nella trasmissione su La 7 “L’aria che tira”, la prima cittadina avrebbe voluto sapere dove questi ragazzi hanno lasciato le madri, le sorelle, le fidanzate, le mogli e perché sono venuti da soli e si è scagliato contro il parroco don Biancaloni che li ha accolti in parrocchia e poi portati a fare i bagni in piscina. Don Biancaloni ha cercato di rispondere ma lei non ha sentito ragione.
Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa:
“Un’atmosfera intima e raccolta ha fatto da cornice, ieri 12 dicembre, alla presentazione del libro “Il Corpo nella Demenza: la Terapia Espressiva Corporea Integrata”, scritto dalla psicologa e terapeuta espressiva corporea Elena Sodano e pubblicato dalla Maggioli Sanità. La location scelta è stata quella della libreria Punto e a Capo dove, davanti ad un folto pubblico, l’autrice ha dialogato con la giornalista Terri Boemi.
L’evento, svolto grazie alla sensibilità dimostrata da Paola Tigani Sava, si è arricchito con la presenza del giornalista, musicista ed attore Marcello Barillà, reduce dalla partecipazione al docufilm “Uscirai Sano”, di Barbara Rosanò e Valentina Pellegrino.
Più che la semplice presentazione di un libro, l’evento è stato un vero e proprio viaggio, che ha condotto il pubblico nei meandri di esperienze che si allontanano dall’ambito meramente professionale e s’intrecciano al modo in cui ognuno di noi si pone verso l’altro e verso sé stesso.
Infatti, la metodologia TECI (Terapia Espressiva Corporea Integrata), unica in Italia, accuratamente descritta nel manuale “Il Corpo nella Demenza”, implica il coinvolgimento totale del terapeuta che abbraccia ed accetta la malattia del paziente, con il quale instaura una relazione profonda che affonda le sue radici nell’intima essenza di una persona che non può più comunicare con le parole e lo fa mediante il corpo.
Il metodo TECI cerca proprio di creare un nuovo modello di comunicazione basata sul risveglio della memoria corporea, ossia tutto il bagaglio di esperienze compiute dal paziente durante la sua vita, che possono essere risvegliate mediante nuovi contatti corporei e movimenti che spesso si traducono in una danza e che riescono anche a promuovere una stimolazione cognitiva.
TECI è il metodo per la cura ed il contenimento naturale delle demenze utilizzato tutti i giorni dall’équipe multidisciplinare della Ra.Gi. Onlus, all’interno dell’unico Centro Diurno di questa tipologia situato a Catanzaro ed autorizzato dalla Regione Calabria.
La giornalista Terri Boemi lo ha definito «un luogo dell’infanzia ritrovata.
Questo perché in questo spazio – ha proseguito la moderatrice -, il grigio spettro della malattia scompare per lasciare il posto a sorrisi, abbracci, emozioni.
La demenza non è più uno stigma, ma soltanto un tratto di diversità, di unicità e vedere i pazienti che ringraziano gli operatori permette di cogliere la simbiosi che si è creata tra di loro».
E la simbiosi tra paziente e terapeuta è una delle caratteristiche di TECI perché, come ha spiegato Elena Sodano «questo metodo di cura implica una contaminazione tra due persone, tra due anime in cui il terapeuta, spogliandosi del suo ruolo deve nutrirsi della follia del suo paziente, calarsi nei suoi panni, abbracciare il suo punto di vista.
Tutto questo non è facile – ha proseguito la dottoressa Sodano - perché l’uomo ha dimenticato di essere un animale relazione che per vivere ha bisogno di affetto e ha creato delle barriere che ostacolano la relazione con l’altro.
Sovrastrutture che il Teci terapeuta deve infrangere.
“Il Corpo nella Demenza”, scritto con un linguaggio semplice e coinvolgente, lancia proprio questo messaggio: quello di andare oltre gli stigmi, oltre gli schemi mentali e guardare alla demenza come un percorso di vita alternativo, diverso in cui la persona che ne è affetta deve ritrovare la gioia di stare al mondo.
Un mondo di cui è ancora parte, secondo delle logiche nuove, che gli altri devono accettare.
Concetti che, nel corso della serata, sono stati ribaditi con la lettura di alcuni brani del libro e anche con il racconto di esperienze vissute.
Una delle più incisive è stata quella raccontata da Marcello Barillà, che nel docufilm sulla storia dell’Ospedale psichiatrico di Girifalco, ha interpretato il ruolo di uno degli ospiti della struttura, costretto ad un soggiorno di trentasei lunghi anni. Barillà ha ammesso di essere riuscito a recitare bene quella parte solo dopo avere annullato ogni distanza tra sé e il personaggio, facendo completamente sua storia di quest’ultimo, il suo dolore.
Questo è ciò che accade tra il paziente affetto da demenza e il Teci terapeuta.
Infine Elena Sodano ha sottolineato che «in una società in cui le demenze stanno assumendo i tratti di una vera pandemia, mentre la ricerca non ha ancora prodotto delle cure risolutive, il metodo TECI rappresenta semplicemente un’alternativa al non far nulla e il primo passo verso il cambiamento nella cura di queste patologie è riconoscere che le persone affette da demenza hanno il diritto di esprimersi liberamente, senza contenzioni che mortifichino la loro essenza».
Tutto va bene, madama la marchesa.
E’ la frase, ironica, canzonatoria di coloro che lodano tutto, non vedendo o fingendo di non vedere, il lato brutto delle cose.
Deriva da un racconto in cui il servitore riferisce alla marchesa, di ritorno da un viaggio, che tutte le cose vanno bene “al di fuori di un piccolo incidente”.
L’incidente in realtà era la morte di una gazza, che aver mangiato la carne del cavallo morto per la fatica di aver portato tanti secchi d’acqua, serviti per spegnere l’incendio della casa in seguito al suicidio del marito.
Del resto, a parte quello che era successo, tutto andava bene.
Il servitore oggi è Bloomberg che in un articolo di Lorenzo Totaro e Giovanni Salzano fotografa impietosamente l'esito della catastrofe economica dell'Italia nell'eurozona.
In meno di dieci anni i poveri assoluti sono quasi triplicati, raggiungendo 4,7 milioni, e le persone a rischio di povertà o esclusione sociale sono aumentate più che in qualsiasi altro paese europeo, raggiungendo la spaventosa cifra del 30% della popolazione. C
i sono però anche paesi nei quali la povertà è consistentemente diminuita.
Quali? Soprattutto i più "populisti", come Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.
Gli italiani a rischio povertà sono aumentati di oltre 3 milioni dall’inizio della crisi finanziaria del 2008, registrando l'incremento più grande tra le nazioni europee.
Quest’anno la tendenza è proseguita, nonostante il paese sia tornato alla crescita economica.
Nel 2016 gli italiani classificati dalle statistiche UE come appartenenti a famiglie con reddito molto basso o prive di occupazione stabile erano 18 milioni, secondo Eurostat.
Sia l’aumento della povertà negli ultimi nove anni che il numero totale di poveri sono i più grandi tra i tutti i paesi membri della UE, secondo i calcoli di Bloomberg sui dati disponibili.
La Cenerentola d'Europa - l'Italia mostra l'aumento più grande di persone a rischio povertà ed esclusione sociale
Nel corso dello stesso periodo il numero di persone vulnerabili è diminuito in Polonia di 3,3 milioni, in Romania di più di un milione e di circa 530.000 unità in Bulgaria.
Le persone a rischio di povertà sono diminuite anche in diverse altre economie dell’eurozona, tra cui la Germania, che è la più grande dell’unione.
Lo scorso anno il 30% delle persone residenti in Italia erano a rischio di povertà o esclusione sociale, in aumento rispetto al 28,7% registrato nel 2015, secondo il report dell’Istat, l'ufficio nazionale di statistica, rilasciato mercoledì scorso.
Nel 2008 la percentuale era del 25,5%, prima che la terza economia dell’eurozona entrasse in una doppia recessione che è durata fino a metà del 2014.
Gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, ovvero quelli che non riescono ad acquistare nemmeno un paniere di beni e servizi essenziali, hanno raggiunto i 4,7 milioni lo scorso anno; nel 2006 erano poco meno di 1,7 milioni, secondo il recente report dell’Istat.
Il numero di poveri assoluti nel paese è quasi triplicato nel giro di un decennio.
All’inizio dell’anno il governo ha stanziato fondi per un nuovo strumento di sostegno al reddito che dovrebbe aiutare le famiglie più povere del paese, che potrebbero ricevere fino a 490 euro al mese. Secondo la bozza del piano finanziario del governo per il 2018, questo programma dovrebbe avere un impatto trascurabile sulle finanze pubbliche.
A chi dire grazie?
Fate voi!