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selIl pubblico di Canale 5 ha premiato con oltre quattro milioni di spettatori il ritorno di Simona Ventura in prima serata sulle reti Mediaset con il suo reality show: Selfie - Le cose cambiano.

La trasmissione in onda su Canale 5 tutti i lunedì alle 21.15, si pone il buon proposito si realizzare sogni o risolvere paure dei concorrenti che si presentano in studio, e possono essere presi sia dalla gente comune che dai Vip in erba. Desideri e fobie passano al vaglio di un parterre di vip posti ad hoc per decidere quale sogno sia meritevole d’essere realizzato o quale fobia sia necessario risolvere. A fare ciò ci sono tre coppie di mentori scelti tra i volti noti dello spettacolo e sono: l’insegnante di danza Alessandra Celentano e il pallavolista Ivan Zaytsev, il soprano Katia Ricciarelli e lo chef Simone Rugiati, il ballerino Stefano De Martino con il bel Mariano Di Vaio. Questi avranno l’arduo compito di scegliere secondo loro i casi più degni e poi seguire i protagonisti lungo il loro percorso fino alla trasformazione finale.

L’operato dei mentori verrà, in seguito, valutato da una giuria fissa composta anch’essa da vip: Paola Caruso, Aldo Montano, la Marchesa del Secco d’Aragona, Tina Cipollari e lo youtuber Yuri Sterrone in arte Gordon.

La prima puntata andata in onda lunedì scorso ha visto l’alternarsi di storie, tra le altre quella di Elfisio, un marito che versa in gravi condizioni economiche che con l’aiuto di Stefano De Martino è riuscito a sorprendere la moglie, facendole vivere una serata da sogno.

Nonostante le buone intenzioni e il grande ritorno della Ventura, non sono mancate le critiche come chi ha considerato la trasmissione un programma trash, noioso, niente di nuovo e già visto. Le aspettative erano tante da parte dei critici e dei telespettatori e, ovviamente, anche per la Ventura non sono mancate note di disappunto. C’era chi si aspettava un programma degno della bravura e della professionalità dell’ex naufraga dell’Isola dei famosi, ma non ne è rimasto pienamente soddisfatto.

Ma a dispetto di tutto e tutti, la Ventura si difende direttamente sui social network scrivendo che si sente soddisfatta della serata e avverte che, in ogni caso, il meglio deve ancora venire. Non perdete, dunque, il prossimo appuntamento con Selfie - Le cose cambiano.

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La Corte costituzionale giudica illegittimo il meccanismo per cui l'attuazione passa dal semplice parere della Conferenza Stato-Regioni.

Nel mirino le norme sulla dirigenza, le partecipate, i servizi pubblici locali e il pubblico impiego.

LA riforma Madia è incostituzionale perché lede l'autonomia delle Regioni.

E lo fa in quattro punti cruciali, il cuore stesso della riforma: dirigenti, società partecipate, servizi pubblici locali, organizzazione del lavoro.

La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 251 appena emessa, non lascia adito a dubbi.

Il governatore del Veneto Luca Zaia parla di «Una sentenza storica», e commenta. «Siamo stati l'unica Regione d'Italia a portare avanti le nostre convinzioni. Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all'interno di una terna `nazionale´ dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l'Italia».

Il premier Renzi,al contrario dichiara che : «La sentenza spiega perché cambio il titolo V della Costituzione , siamo un Paese bloccato»

E poi, continuando, ha aggiunto «Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c'è intesa con le Regioni, avevamo chiesto un parere, la norma illegittima. E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V. Siamo circondati da una burocrazia opprimente».

La Corte non ha bocciato in toto la riforma, ma solo le misure della delega Madia impugnate dalla Regione Veneto.

«Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa», si spiega nella sintesi della sentenza.

«Quando non è possibile individuare una materia di competenza dello Stato cui ricondurre, in via prevalente, la normativa impugnata, perché vi è, invece, una concorrenza di competenze, statali e regionali, è necessario che il legislatore statale rispetti il principio di leale collaborazione e preveda adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali)», spiega la Corte.

Linda Lanzillotta (Pd) sulla riforma Madia twitta « La Corte impone l'intesa con le Regioni sulla riduzione delle società per azioni e la dirigenza: così il cambiamento non si farà mai».

Maurizio Gasparri (Fi), dichiara «dopo quella del Veneto ci sarà una pioggia di impugnazioni per fermare giustamente i deliri di onnipotenza di questo governo, e il caos sarà totale»

E una doccia fredda per il governo. Ad un giorno appena dall'approvazione definitiva di ben cinque decreti attuativi della riforma Madia, tra cui quello importantissimo sulla dirigenza e l'altro sui servizi pubblici locali, oggi di fatto bollati come incostituzionali dalla Corte.

Tutto da rifare quindi?

Senz'altro la legge delega deve cambiare.

Si salva solo il testo unico del pubblico impiego, ma solo perché non ancora approvato dal Consiglio dei ministri (c'è tempo fino a febbraio).

Mentre gli altri tre (dirigenti, partecipate, servizi pubblici) devono di fatto essere riscritti.

E questa volta non basterà il mero parere delle Regioni.

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Il sindaco Virginia Raggi ha pubblicato il testo della delibera sul gioco d'azzardo. L'obiettivo è proteggere i luoghi sensibili, cercando di contrastare il fenomeno della ludopatia

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Roma passa all'attacco. In un periodo segnato dal forte dibattito sul tema dell'azzardo, il sindaco Virginia Raggi prende posizione dalla parte dei no slot. Con la speranza di contrastare la ludopatia, rendendo per i giocatori compulsivi più difficile l'accesso ai centri di scommesse.

La delibera sul regolamento del gioco è stata pubblicata sul blog del sindaco, che ha sottolineato l'incidenza del fenomeno sulla popolazione romana. Nella capitale infatti sono situate quasi 30 sale, per un totale di 50.000 slot machine. Un numero impressionante, se si considera l'assenza di un casinò. Da sola l'Urbe raccoglie circa un ottavo delle macchinette distribuite sul territorio italiano, piazzandosi al primo posto nella graduatoria nazionale per città. Tutti fattori che ben si sposano con le casse Statali, le quali vengono rimpinguate di circa 4,4 miliardi di euro dalle sole slot. Per questo le leggi contro la proliferazione del gioco d'azzardo non sono ben viste da tutti i partiti: si calcola che nel 2017 lo Stato può perdere 1,3 miliardi di euro con le nuove leggi. Con le nuove disposizioni ministeriali (riduzione delle slot machine per il 30% entro dicembre 2017), il Lazio scenderebbe da un volume di gioco di 5 miliardi a un più modesto 3,5.

Le mosse del sindaco Raggi sono basate su quanto fatto da Lombardia ed Emilia-Romagna negli scorsi mesi. Prima di tutto si punta all'allontanamento dei mini-casinò dalle zone con più persone, a cominciare dal centro storico e dalle zone pedonali. Poi si limita con decisione gli orari in cui sarà possibile utilizzare macchinette automatiche nel settore gambling, come slot machine e videolottery. Solo dalle 10 alle 14 e dalle 18 alle 22, escludendo i giorni festivi, nei quali il divieto al gioco rimane assoluto. Naturalmente non si trascura l'allontanamento dei centri di scommesse dai luoghi sensibili, allontanando le slot di almeno 500 metri da scuole, ospedali e zone con servizi di uso comune. Infine si inasprisce la pena per le violazioni alle leggi contro le slot, inserendo la possibilità della revoca della licenza per i recidivi.

La delibera consiliare ha ancora bisogno del beneplacito dei dipartimenti Sviluppo delle attività economiche e attività sociali prima di proseguire il proprio iter. La volontà di rifondare il sistema del gioco d'azzardo rimane forte, nonostante l'opposizione decisa del capogruppo del PD Michela Di Biase, che riconosce il problema ma lo riconduce alla periferia e non al centro di Roma. Nel frattempo si sta muovendo nella stessa direzione anche la Lombardia, con l'assessore regionale Beccalossi che ha da poco annunciato un bando da due milioni di euro per i comuni in grado di effettuare proposte contro la ludopatia. Un'ulteriore dimostrazione di quanto il fenomeno sia vicino a essere contrastato in quasi tutte le zone d'Italia più interessate, con Roma e Milano in testa. Certo bisognerà riuscire a mettere in pratica idee che comprendono cambiamenti abbastanza evidenti per quanto riguarda le città e i loro introiti, cambiamenti che potrebbero rivelarsi utili anche per le province calabresi, dove il fenomeno slot è estremamente diffuso.

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