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Agenpress –  Arresti in Italia e all’estero nei confronti di due clan mafiosi nigeriani.

L’indagine della Squadra mobile di Bari, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e l’ausilio della Divisione Interpol del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, è coordinata dalle pm della Dda di Bari Simona Filoni e Lidia Giorgio, e ha accertato che diversi episodi di aggressioni avvenuti negli ultimi anni all’interno del centro di accoglienza,

violenza sessuale su connazionali, risse e accoltellamenti, sarebbero riconducibili alle attività delle gang, ritenute vere e proprie associazioni per delinquere di stampo mafioso con suddivisione gerarchica dei ruoli, rituali di affiliazione, ricorso alla violenza e alla intimidazione.

Gli indagati rispondono di associazione per delinquere, tratta, riduzione in schiavitù, estorsione, rapina, lesioni, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione.

Una trentina le misure cautelari eseguite in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Abruzzo, Marche, Emilia Romagna, Veneto e all’estero, in Germania, Francia, Olanda e Malta.

Era dal Cara di Bari-Palese (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) e poi dal quartiere Libertà dove si erano stabiliti, che gli appartenenti alle gang nigeriane arrestati oggi dalla polizia controllavano i traffici illeciti in città e in provincia.

Tra le principali fonti di guadagno dei gruppi criminali nigeriani presenti a Bari e documentate in questa inchiesta ci sono lo sfruttamento della prostituzione e l’accattonaggio davanti ai supermercati.

Ndr. Grazie al Papa, grazie al PD, grazie alla Lamorgese.

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Il fiuto di Asko inguaia un 41enne calabrese.

L’uomo, Salvatore Curinga, trasporta in auto 10 kg di cocaina purissima.

Direzione Palermo.

Ma, fermato e perquisito, viene arrestato dalla Polizia.

L’accusa è ovvia: detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Il tutto grazie a quel fiuto incredibile del cane.

 

 

L’uomo che viene bloccato con circa 10 chili di cocaina percorreva l’A19 verso Palermo.

Tuttavia la sua vettura non passa inosservata agli agenti della Squadra mobile.  

Questi sono impegnati in servizi di controllo in abiti civili e con auto civette.

Stazionano nei pressi del casello autostradale di Buonfornello.

La velocità elevata con cui l’auto procedeva insospettisce i poliziotti.

Da qui la decisione di fermare l’uomo, insieme alla Polstrada per un controllo.

Entra perciò in campo il cane antidroga Asko.

Il suo fiuto è finissimo.

Cosicchè, in breve due vani nascosti sono scoperti nell’auto controllata.

All’interno 10 confezioni da un chilo di cocaina purissima.

Il calabrese non ha scampo: è arrestato in flagranza e condotto al carcere Pagliarelli.

La droga e l’auto sono ora sotto sequestro.

La cocaina ha un valore all’ingrosso di circa 400mila euro.

Ma, se immessa sul mercato, avrebbe potuto fruttare circa 2 milioni di euro.

Una somma che giustifica l’azzardo del calabrese.

Che però non ha fatto i conti col cane antidroga.

Il fiuto di Asko colpisce ancora.

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Nell’operazione “Bada bene” della Guarda di Finanza scoperti 230 collaboratori domestici evasori totali.

Badanti sconosciuti al fisco che hanno omesso di dichiarare i redditi ma chiedevano Naspi e sussidi sanitari.

Una colf ha omesso di dichiarare oltre 100.000 euro di reddito in soli 5 anni

 

 

 

 

L’utilizzo sempre più frequente nelle famiglie italiane di bandati e collaboratori domestici, sopratutto per accudire anziani, malati e persone con gravi handicap, rappresenta una vera e propria manna da cielo.

Un aiuto indispensabile ma non si tratta di un’attività di volontariato ma di un vero e proprio rapporto di lavoro e come tale soggetto a tutti gli obblighi di legge.

Succede troppo spesso però che i collaboratori, spesso stranieri, siano invisibili al fisco ed omettano di dichiarare le somme percepite con tute le conseguenze del caso.

E la Finanza ha iniziato a vederci chiaro. Nell’ambito di un’operazione denominata “BADA BENE”, effettuata in Liguria le fiamme gialle di La Spezia hanno individuato, al momento, 230 collaboratori domestici, risultati evasori totali poiché, pur avendo percepito redditi superiori alla soglia di esenzione, non hanno provveduto alla presentazione della prevista dichiarazione dei redditi.

Omettevano sistematicamente il reddito percepito

Il servizio è scaturito nell’ambito dei controlli sulla percezione di prestazioni sociali agevolate, laddove emergeva che le richieste provenienti da lavoratori/lavoratrici, per lo più stranieri, in prevalenza provenienti dall’est Europa o dal Sud-America, operanti nell’ambito del lavoro domestico quali “colf” e badanti, omettevano sistematicamente di indicare il reddito percepito dall’attività lavorativa allatto della richiesta dell’agevolazione.

Per questa particolare categoria di lavoratori, va ricordato che il datore di lavoro non rientra tra i sostituti d’imposta e che lo stesso ha quindi solo l’obbligo di rilasciare una dichiarazione dalla quale risulti l’ammontare delle somme erogate nell’anno e di dare comunicazione all’INPS dell’assunzione del lavoratore.

Permane, invece, l’obbligo dichiarativo in capo al collaboratore domestico.

Invisibili al fisco ma richiedevano NASpI e agevolazioni

L’attività ispettiva ha consentito di sottoporre a controllo 230 collaboratori familiari che, per gli anni d’imposta dal 2014 al 2017, non hanno presentato la dichiarazione di redditi derivanti da lavoro dipendente, omettendo di dichiarare redditi per un importo complessivo superiore agli 11 milioni di euro e sottraendosi, così, al pagamento di imposte per circa 3 milioni di euro.

Inoltre, taluni soggetti controllati, maturavano una posizione contributiva che gli consentiva a fine rapporto di richiedere il sussidio di disoccupazione (c.d. NASpI) che in molti casi superava i 5.000 euro, oltre che naturalmente l’assistenza sanitaria e tutto ciò, senza versare alcuna imposta allo Stato.

In un caso, una sola colf ha omesso di dichiarare oltre 100.000 euro di reddito in soli 5 anni.

Tutti i lavoratori interessati hanno, comunque, ammesso la “dimenticanza” ed hanno manifestato la volontà di voler sanare al più presto la propria posizione con il Fisco: emblematico il caso di una lavoratrice che si è presentata mostrando la propria carta di credito, poiché voleva saldare immediatamente quanto dovuto.

Alcuni dei lavoratori domestici controllati non solo avevano “nascosto” al fisco i propri redditi, ma avevano anche fatto richiesta di agevolazioni per la fruizione di prestazioni o servizi sociali e assistenziali, come, ad esempio, l’iscrizione a scuola dei figli o all’università, il servizio mensa o l’esenzione del ticket sanitario, in realtà non spettanti per effetto dei redditi conseguiti.

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