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“Lega o gruppo Misto, non ci sono grandi alternative.

Sto valutando in queste ore”.

Così il senatore Stefano Lucidi, che ha deciso di lasciare il Movimento 5 Stelle, risponde sulla sua prossima appartenenza politica, intercettato dai giornalisti davanti al Senato.

“So che usciranno 20 o 30 persone e che stanno valutando di fare un nuovo gruppo ma non credo che avranno la forza per farlo, quindi non li aspetto” ha detto rispetto alle indiscrezioni che girano su una sua ipotetica adesione.

“Serve una spallata per far risvegliare il Movimento.

Qualcosa deve cambiare in modo estremamente radicale”, afferma il parlamentare.

“Perché passo da un’altra parte?

Per i soldi, per la poltrona?

Non è quello – prosegue -, sono sette anni che cerchiamo spazio per fare politica e non c’è stato”.

Quanto alle critiche del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede su chi cambia casacca dovrebbe dimettersi afferma: “Ha ragione ma anche chi passa dal 33 al 15% dovrebbe dimettersi” risponde caustico Lucidi.

“Se una forza politica che ha un suo capo politico riconosciuto – ribadisce – passa dal 33 al 15% qualcuno deve prenderne atto.

Ci sono passaggi in politica che sono automatici”. (Adnkronos)

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Al Teatro la Scala di Milano la sera del 7 dicembre è andata in scena, inaugurando come al solito la nuova stagione lirica, la Tosca di Giacomo Puccini.

Era presente nella tribuna d’onore il Capo dello Stato Mattarella accompagnato per l’occasione dalla figlia Signora Laura, e nelle tribune laterali circondato da gente altolocata, da uomini politici attualmente al Governo e da vari esponenti dei ceti dominanti.

E il popolino?

Quello che si alza presto la mattina per prendere il tram, quello che lavora otto ore al giorno?

Quello non c’era. Non ci poteva essere.

 

 

 

Non c’erano gli operai, i cassintegrati, i precari, i disoccupati, quelli in cerca di prima occupazione, quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza, le casalinghe, i portinai, i facchini, i netturbini, le cassiere.

Un operaio o un lavoratore precario non può prendersi il lusso di pagare il biglietto d’entrata al Teatro 3000 euro, cifra che corrisponde più o meno a tre stipendi di un lavoratore normale.

La prima è riservata a persone alto borghesi, agli industriali, agli uomini di Governo, ai vari Magistrati di grido, agli esponenti dei ceti dominanti, ai ricchi, a quelli che mangiano giornalmente ostriche e caviale, a quelli che indossano vestiti griffati.

Questi e solo questi hanno lungamente applaudito il Capo dello Stato.

Molti giornalisti hanno commentato positivamente la lunga ovazione ricevuta, oltre quattro minuti, pochi l’hanno commentata negativamente tra cui il filosofo che la sera vediamo spesso in televisione nei vari talk show Diego Fusaro e il giornalista Daniele Capezzone.

Macabro spettacolo, non vi era la sera del 7 dicembre alla Scala di Milano neppure un operaio, neppure un fattorino.

Spettacolo riservato solo ed esclusivamente a persone alto borghesi che vivono al centro delle grandi città, che si spostano con Ferrari e Lamborghini, che si cibano di ostriche e caviale, alla faccia della povera gente che non arriva neppure alla fine del mese e si deve accontentare della generosità dei volontari della Caritas e dei centri del Banco alimentare.

I lavoratori, quelli veri, erano fuori al freddo tenuti a bada dalle Forze dell’Ordine per evitare eventuali disordini e contestazioni, che non ci sono stati, perché non hanno nessun diritto di accedere allo spettacolo.

Niente parolacce, niente insulti, niente lancio di uova marce, niente carica della Polizia.

Quindi per Fusaro e Capezzone il nostro Presidente della Repubblica, uomo di grande levatura morale, è stato applaudito e celebrato soltanto da una minoranza di borghesi e di radical chic che non rappresentano la maggioranza del popolo italiano.

E quei lunghi applausi non sono rappresentativi del vero sentimento diffuso nel paese con le gravi crisi in atto dell’Alitalia e delle acciaierie di Taranto, con ponti che crollano, autostrade chiuse, fiumi che straripano, terremotati che ancora dopo tanti anni non sono rientrati nelle loro case gravemente danneggiate, alluvioni che danneggiano le colture, sardine che protestano nelle varie piazze italiane contro Salvini, il razzismo e il fascismo, tasse che aumentano, spazzatura che invade strade e marciapiedi, autobus urbani che bruciano, diplomati e laureati che abbandonano i loro cari e i loro affetti e migrano all’estero.

Geniale la vignetta postata dal social in cui si vede raffigurata una coppia molto ricca e ben vestita che, uscendo dal teatro, di fronte alla mano tesa di un mendicante, commenta con disprezzo:- Attenta cara, c’è un altro di quei fascio populisti-.

Ndr Grande Francesco. Uno dei pochi che ama la verità!

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Per la terza volta, nel giro degli ultimi anni, Fabrizio Corona esce dal carcere perché le condotte per le quali è stato condannato, tra cui le note vicende dei foto-ricatti, «non destano un allarme sociale» particolarmente significativo e non c'è una «pericolosità» da parte sua tale da richiedere che stia comunque dentro, malgrado soffra di una «patologia psichiatrica». 

 

 

Una malattia che, anzi, va curata e che si è aggravata dietro le sbarre e per questi motivi da ieri sera l'ex 're dei paparazzì è passato da San Vittore ad un istituto di cura vicino a Monza.

Lo ha deciso il giudice della Sorveglianza di Milano Simone Luerti che ha concesso, infatti, all'ex agente fotografico, anche sulla base di una sentenza della Corte Costituzionale di aprile, il «differimento pena» nella cosiddetta «forma umanitaria» e così la sconterà, per ora (il fine pena è previsto nel marzo 2024), in detenzione domiciliare nel luogo di cura, da dove non potrà uscire.

Le relazioni psichiatriche dell'equipe di San Vittore hanno segnalato, infatti, un patologico progredire di disturbi di una personalità borderline, associati a tendenze narcisistiche e ad episodi depressivi (che si sono manifestati anche in passato e di cui si era parlato), con l'indicazione che Corona non reggerebbe più il carcere e inizierebbe già ad essere resistente alle terapie farmacologiche.

Per il magistrato, in sostanza, come si legge nel provvedimento, ci sono tutte le «condizioni soggettive e oggettive» per consentire all'ex 'fotografo dei vip' di curarsi fuori dal carcere e ai domiciliari in un istituto, anche perché la patologia di cui soffre «non può essere curata adeguatamente» in una casa di reclusione.

Il differimento pena con detenzione domiciliare è stato concesso, comunque, al momento «in via provvisoria» e poi spetterà ad un collegio di magistrati ed esperti della Sorveglianza confermare o meno la decisione.

Nell'udienza, che sarà fissata, la Procura generale milanese, che più volte ha ottenuto la revoca dell'affidamento terapeutico per ripetute violazioni (tra cui apparizioni in tv) che era stato concesso all'ex agente fotografico per tossicodipendenza, potrebbe opporsi alla prosecuzione dei domiciliari, applicati sulla base della sentenza della Consulta che permette il differimento pena anche per malattie mentali e non solo fisiche.

D'ora in poi, come è stato spiegato dall'avvocato Ivano Chiesa che assiste l'ex 'fotografo dei vip' assieme al legale Antonella Calcaterra, Corona dovrà sottoporsi «ad un programma di cure importante e serio».

Chiesa, infine, ha voluto aggiungere: «Ringraziamo il magistrato di Sorveglianza per la sensibilità dimostrata, sono contento per Fabrizio, è la terza volta che esce dal carcere e mi auguro sia quella definitiva perché non è il posto per lui, malgrado tutti gli errori che ha commesso non è un criminale e ora deve curarsi».

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