
Prodi passa dalla mortadella alle sardine “arriganate”
Ma la cosa strana è che anche il senatore a vita Mario Monti, il “tassatore folle” degli italiani, si schiera con le sardine.
Non avevamo dubbi. Non ci stupisce più. Era chiaro l’esito della sua scelta politica.
Accecato anche lui dall’avversione contro la destra italiana, ormai in maggioranza, fa la scelta più logica.
”Le guardo con molto interesse queste sardine. Mi sembra che stiano dando gambe e voce ad esigenze molto elementari di una società che però nella politica italiana sono state abbastanza dimenticate, cioè che si ragioni e si parli delle cose in modo pacato, che chi governa se possibile non sia totalmente privo di competenze.
Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul movimento delle sardine.
Andrebbe in piazza con le sardine? «Sì, non lo escludo».
E Monti continua col suo delirio anti-sovranista. “E’ molto facile terrorizzare il pubblico, gli elettori con considerazioni vere, il più delle volte con considerazioni del tutto infondate. Per spaventare e poi prendere il voto pretendendo di avere difeso qualcuno da qualche minaccia che non c’è mai stata”.
Queste le parole di Mario Monti, senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, ad Agorà Rai Tre, sul Mes. Ma tutto ciò non è vero. Come ha chiarito recentemente Giulio Tremonti, che di economia se ne intende.
”È una catena di errori e orrori fondamentali”.
Quindi invita l’Italia a non firmare. “Sospendere il tutto, discutere sul futuro dell’Europa, rinviare la discussione sul futuro delle banche. L’Europa è una casa comune, non una banca comune”. Lo stop alla revisione, sostiene ancora, “non comporta niente”.
L’Italia, continua Tremonti, ha pagato più degli altri e parla del Mes come “galleria di orrori fabbricata da élite di tecnici e da gente interessata, abbiamo pagato più degli altri.
Devono smetterla”, conclude.
Agenpress – I finanzieri del comando provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno dato esecuzione a sei misure cautelari su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola: coinvolti il sindaco di Sant’Anastasia Raffaele Abete, il segretario generale dello stesso Comune, un consigliere comunale, un imprenditore, la vincitrice di un concorso pubblico per titoli ed esami e il marito, tutti accusati di associazione per delinquere dedita alla commissione di più delitti di corruzione e finalizzata a favorire illecitamente il superamento di concorsi pubblici.
Nel dicembre del 2013 venne arrestato lo zio di Abete, Carmine Esposito, allora sindaco dello stesso comune, Nei suoi confronti venne ipotizzato il reato di corruzione.
All’epoca dei fatti il nipote ricopriva la carica di presidente del Consiglio comunale.
Avvalendosi delle competenze tecniche dell’imprenditore, legale rappresentante una cooperativa, sindaco segretario e consigliere comunale avrebbero alterato per via informatica i risultati delle prove dei concorsi pubblici in cambio di mazzette che variavano tra 30mila e 50mila euro.
Secondo gli inquirenti, in sostanza, venivano alterati i punteggi ai titoli esibiti e anticipato il materiale relativo alle prove.
Il candidato, prima di ciascuna prova, versava ai funzionari pubblici una tranche della mazzetta che variava tra 30mila e 50mila euro a seconda del tipo di ruolo (amministrativo o direttivo) e della durata (a tempo indeterminato o determinato).
I versamenti avvenivano prima della prova preselettiva, prima della prova scritta e, infine, prima della prova orale.
Le indagini sono iniziate lo scorso mese di febbraio e i finanzieri hanno assistito «in diretta» a due episodi legati alla compravendita di posti di lavoro.
Il primo riguardava un contratto da istruttore amministrativo a Sant’Anastasia: erano stati chiesti 30mila euro, che non sono stati versati dal candidato il quale poi non ha ottenuto l’incarico.
Il secondo era relativo alla posizione di istruttore direttivo contabile, per 50mila euro, versati dopo la vittoria del concorso da parte di una candidata che figura tra le persone per le quali il gip di Nola ha disposto uno dei due divieti di dimora in Campania.
Il secondo divieto di dimora è stato notificato dalle fiamme gialle al marito, per gli inquirenti complice nell’episodio corruttivo contestato.
MACERATA – Ergastolo per Muhammad Riaz, il padre di Azka Riaz, condannato dalla Corte d’assise di Macerata per l’omicidio volontario della figlia, violenza sessuale e maltrattamenti in famiglia, reato quest’ultimo contestato anche per le condotte compiute verso gli altri figli.
Riaz, pakistano, viveva a Montelupone da dove poi la famiglia si trasferì dopo il sisma, per spostarsi a Recanati.
La figlia era morta a 19 anni, nel febbraio dell’anno scorso: Azka Riaz, ragazza italiana di famiglia pakistana il cui caso ha sconvolto l’Italia, viveva a Trodica di Morrovalle, provincia di Macerata.
L’avvocato Paolo Carnevali, che difende gli altri figli di Muhammad Riaz, ha rivelato alcuni particolari agghiaccianti sulla storia della 19enne Azka, che si faceva violentare dal padre per proteggere la sorellina più piccola.
La ragazza avrebbe subìto dal papà minacce e maltrattamenti e lui l’avrebbe costretta ad abortire per ben tre volte, con alcune medicine che si faceva mandare dal Pakistan.
Come scrive Il Resto del Carlino, la famiglia aveva già combinato un matrimonio alla sorella di Azka, quando aveva appena 9 anni: la bimba era scappata e al suo ritorno era stata picchiata.
“I migranti oggi sono l’elemento umano, l’avanguardia di questa globalizzazione e ci offrono uno stile di vita che presto sarà molto diffuso per tutti noi”. (cit)