Mediatore culturale del Gambia violenta un’ospite del centro per richiedenti asilo e il giorno dopo la picchia selvaggiamente per non farla parlare.
Ragusa - La Polizia di Stato - Squadra Mobile – ha eseguito la misura cautelare disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ragusa.
S.A., anni 26, gambiano faceva il mediatore culturale presso un centro per migranti richiedenti asilo.
Un giorno, secondo una donna ospite del centro, mentre quest’ultima stava cucinando, l’uomo abusava sessualmente di lei minacciandola di non dire nulla perché l’avrebbe uccisa.
La donna per timore di essere uccisa non denunciava la violenza subita ma quando l’uomo il giorno dopo si riavvicinava a lei accusandola di aver violato una regola del centro, rappresentava di non farle più nulla perché avrebbe denunciato tutto alla Polizia.
Il mediatore culturale invece di allontanarsi, picchiava selvaggiamente la donna procurandole gravi lesioni personali rompendole le ossa nasali, mascella e zigomo.
La donna portata d’urgenza presso l’ospedale di Ragusa, riferiva di essere stata colpita a seguito di una lite ma nulla diceva a proposito della violenza sessuale.
Quindi, quella che poteva apparire “solo” come un’inaudita violenza fisica consumata all’interno del centro a seguito di una lite, nascondeva molto di più.
Gli investigatori della Squadra Mobile, specializzati in reati di questo tipo, hanno ascoltato la donna insieme ad una psicologa e dopo un lungo lavoro sono riusciti a rassicurare la vittima.
La donna, una volta al sicuro, ha denunciato tanto la violenza sessuale quanto le gravi lesioni subite.
Nel contempo l’odierno indagato non prestava più servizio come mediatore culturale presso quel centro e si allontanava da Ragusa facendo perdere le proprie tracce.
Grazie al lavoro degli investigatori l’indagato veniva riconosciuto senza ombra di dubbio dalla vittima che aveva denunciato i fatti.
Ieri, in collaborazione con l’Ufficio Immigrazione della Questura di Ragusa, gli uomini della Squadra Mobile hanno rintracciato l’indagato dando esecuzione alla misura cautelare disposta dall’Autorità Giudiziaria.
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Con un drone alcuni malavitosi hanno tentato ieri sera di consegnare a detenuti nel carcere di Taranto due microtelefoni cellulari completi di cavetto di ricarica usb e un quantitativo di droga.
L'apparecchio è però caduto ed ha attirato l'attenzione di un agente della Polizia penitenziaria, che ha dato l'allarme.
Lo denunciano i sindacati Osapp e Sappe.
Secondo il segretario generale dell'Osapp, Leo Beneduci, «come sempre, in fatto di tecnologia, la criminalità organizzata è al passo con i tempi a differenza dell'Amministrazione Penitenziaria» che e ai «livelli del secolo scorso sia le proprie dotazioni in ausilio del servizio sia il proprio bagaglio di aggiornamento professionale».
Federico Pilagatti, segretario generale Sappe, spiega che «l'ingegnoso piano prevedeva anche il diversivo di fuochi artificiali fatti esplodere all'esterno del carcere, mentre il piccolo drone veniva guidato nel posto giusto, attraverso la fiammella di un accendino che il detenuto aveva acceso dalla finestra della cella».