In Calabria, si sa, la migliore difesa dalla “ndrangheta” è la targa che venne apposta grazie slls campagna di sensibilizzazione voluta dall’ex presidente della Commissione contro la 'ndrangheta del Consiglio regionale, Salvatore Magarò.
Una targa che era apotropaica.
Un amuleto scaramantico come il corno di Napoli.
Un antidoto alla iattura ed agli influssi malefici della “ndrangheta”.
E già perché targa con la scritta "Qui la 'ndrangheta non entra" in Calabria serve per difendere la stessa onorabilità del paese, serve per impedire che i comuni stessi vengano sciolti per mafia, che gli amministratori vengano arrestati od inquisiti.
Un grande scudo che protegge tutto e tutti.
Intanto a Cessaniti dopo che alcuni dipendenti del Comune al loro arrivo in ufficio hanno scoperto il danneggiamento il sindaco, Francesco Mazzeo, ha denunciato l'episodio ai carabinieri. "Si tratta - ha detto Mazzeo in una dichiarazione - di un gesto gravissimo che condanniamo con forza”.
Ed ha anche dichiarato che “Provvederemo nei prossimi giorni a ripristinare la targa ricollocandola nella posizione originaria".
Si sa che nella nostra terra di Calabria per difendersi dalla 'ndrangheta ci vuole la targa.
Ma che succede ai nostri giovani?
E’ una domanda che non possiamo non porci di fronte a questa incredibile proliferazione di suicidi.
Una domanda alla quale è difficile dare una risposta.
Ma la risposta, comunque, deve essere cercata.
L’ultima è Greta Medini, 26 anni, brillante musicista di Vibo Valentia.
Si è tolta la vita intorno alle 11.40 di ieri mattina gettandosi da circa 60 metri d’altezza.
Era giunta sul posto a bordo dell’auto del padre, una 500X di colore rosso.
Il corpo, ormai privo di vita, è stato trovato da una squadra del Gruppo Saf dei Vigili del fuoco, ai piedi dei piloni del viadotto autostradale dell’A3 Salerno-Reggio Calabria che sovrasta l’abitato di Pizzo.
Ignote le cause del gesto estremo che segue di poche settimane il suicidio, con le stesse modalità, di un’altra donna di Vibo Valentia: Sonia Pontoriero, 41 anni.
Nell’auto il suo giubbotto e alcuni doni natalizi già incartati.
Poi il salto nel vuoto fino in fondo ad un costone scosceso e caratterizzato dalla fitta vegetazione..
Al personale del 118 intervenuto con l’ elicottero non è rimasto altro da fare che constatare la morte della giovane
Le verifiche sono ad opera della Polizia Stradale guidata dal dirigente Pasquale Ciocca.
Tutto merito delle telecamere.
Quelle che quando funzionano sono preziosi ausili per gli investigatori.
Parliamo di Antonio Stella, un giovane di 27 anni noto alle forze dell’ordine per precedenti per rapina e violenza sessuale e che sarebbe il “capo banda” dei tre rapinatori.
La rapina è stata effettuata il 1 dicembre 2016 intorno alle 9.10, quando entrato all’interno dell’Ufficio Postale ha urlato “Tutti a terra questa è una rapina” poi immediatamente dirigendosi verso il caveau, ma senza riuscire ad accedere, in quanto il direttore per tempo riusciva a chiudervisi dentro.
Gli inquirenti grazie ai filmati di videosorveglianza hanno potuto ricostruire il percorso di fuga e dare un volto al “capobanda”.
All’interno dell’ Ufficio dalla cassa riusciva ad arraffare solo poche centinaia di euro per poi uscire arrabbiato per lo scarso bottino.
Proprio per questo motivo, l’altro rapinatore sferrava un pugno in volto ad una povera vecchietta che si trovava sul posto, mentre un’altra donna, spintonata, era svenuta.
I rapinatori erano mascherati ma gli investigatori hanno seguito minuziosamente il percorso di fuga grazie a ben nove sistemi di videosorveglianza dislocati sulla via di fuga dei rapinatori.
In questo modo si è riusciti a ricostruire in maniera esatta il percorso di fuga degli stessi, prima a piedi e poi in auto fino ad arrivare a Lamezia Terme, luogo di residenza dell’arrestato.
Alcuni di questi filmati hanno permesso di inquadrare in alcuni sia il volto del giovane che di confrontare i particolari dei vestiti indossati al momento della rapina quando era a volto coperto con quelli quando era a volto scoperto.
Inoltre si è riusciti anche a confrontare i particolari dell’autovettura utilizzata per la fuga, una Lancia Lybra di colore blu.
È stata un’indagine veloce e a tamburo battente, in quanto vi è era il concreto pericolo di fuga dello Stella che aveva già cercato di cambiare le proprie fattezze fisiche, al fine di non farsi identificare, tagliando la barba.
Ma gli è stato fatale pubblicare su facebook qualche ora dopo la rapina il seguente post: “Shii..musca..fuckyou barba”.
Durante l’esecuzione del fermo, presso la sua abitazione sono stati trovati i guanti utilizzati per la rapina.
E così ieri 10 dicembre i Carabinieri della Stazione di Pizzo, guidati dal Maresciallo Ordinario Paolo Fiorello, hanno eseguito un fermo diAntonio Stella, 27enne residente a Lamezia, emesso dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentia a firma della dottoressa Claudia Colucci.
Dopo le formalità di rito è stato associato alla Casa circondariale di Vibo Valentia.
Il reato ipotizzato dalla Procura di Vibo Valentia è quello diconcorso in rapina aggravata, porto di arma comune da sparo e lesioni. Quest’ultimo reato è legato al ferimento delle due donne durante la tentata rapina.