La ragazza ha subito un intervento nel reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale “Pugliese” di Catanzaro a causa di una brutta infezione contratta dopo l’applicazione avvenuta in una nota gioielleria vibonese
È finita in ospedale, nel reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale “Pugliese” di Catanzaro, dopo aver fatto un piercing all’orecchio in una nota gioielleria di Vibo Valentia.
Protagonista della disavventura una 15enne vibonese, residente a Vena di Ionadi, che, in seguito all’applicazione, ha contratto un’infezione che le ha corroso la cartilagine dell’orecchio.
La giovane si trova ricoverata da sabato scorso nel reparto ospedaliero catanzarese dove è stata sottoposta nei giorni scorsi ad un intervento chirurgico in anestesia totale per la rimozione della cartilagine corrosa e l’applicazione di un drenaggio.
L’intervento è perfettamente riuscito ma la ragazza dovrà ancora sottoporsi a chirurgia plastica per recuperare la parte danneggiata dall’infezione.
Prima del ricovero, per circa dieci giorni, la 15enne era stata visitata ambulatorialmente dai medici del presidio catanzarese, che, sabato mattina, hanno deciso di ricoverarla e di sottoporla all’intervento prima che l’infezione potesse espandersi causando problemi più gravi.
A denunciare il caso alla nostra testata, la madre della ragazza che evidenzia «la cortesia e professionalità da parte di tutto il personale, in particolare la gentilezza dei dottori Capillo, Centonze e del primario Salerno che si sono dimostrati da subito molto gentili, disponibili e sensibili con mia figlia.
Segnalo quanto accaduto a mia figlia - precisa - per evitare che il problema possa capitare a qualcun altro».
«La banalità di un semplice piercing all'orecchio poteva trasformarsi in tragedia - aggiunge la madre -. Per questo intendiamo sporgere denuncia per quanto mia figlia ha subito, anche perché il piercing è stato fatto ad una minorenne senza la presenza di un genitore.(daIlvibonese)
Sono diversi i comuni calabresi nei quali durante i riti pasquali si svolge quello dell’Affruntata.
Tra questi Pizzoni un piccolo centro delle Preserre vibonesi.
La statua della Vergine Maria si leva il velo nero per vestire quello turchese, e portata a spalla dai fedeli, corre nelle strade fino ad incontrare il Cristo risorto.
L’incontro si svolge in una atmosfera di profonda commozione ed il popolo dei fedeli guardano, si commuovono e pregano come sanno pregare soprattutto quelle mamme che hanno il proprio figlio lontano in Italia, in Europa o nel mondo.
Oggi, però, la rappresentazione della tradizionale “Affruntata” ha provocato sconcerto ed emozione a Pizzoni.
Mentre nell’aria si liberavano le note giocose della banda musicale la statua della Vergine Maria, collassava e si spezzava all’altezza del busto crollando miseramente per terra.
Prima è caduta a terra la testa, poi le braccia.
Sicuramente le ragioni del cedimento vanno ricercate nelle condizioni di fragilità dell’antica statua che ha ceduto inaspettatamente, probabilmente, a causa delle tante sollecitazioni subite negli anni ed anche in questa manifestazione.
Questa consapevolezza, comunque, non ha fatto mancare pensieri nefasti
E così qualcuno ha interpretato l’evento come un cattivo presagio.
Dolore, disperazione, paura e tristezza si sono diffuse tra la gente mentre la banda, che sicuramente non si era accorta di quanto successo, continuava a suonare.
Solo successivamente si è avuto contezza di quanto accaduto.
Poi i fedeli grevemente tristi sono tornati nelle loro case.
La Madonna dopo cadute anche le braccia
Mentre cade la testa
In manette quattro imprenditori.
Ai domiciliari cinque dirigenti dell'Anas.
Contestati anche attentato alla sicurezza dei trasporti, abuso d'ufficio e falso ideologico.
Sono finiti in carcere :
Gregorio Cavalleri, 66 anni, imprenditore, residente a Dalmine (Bergamo), titolare dell'omonima ditta;
Domenico Gallo, 61 anni, imprenditore, di Bovalino (Rc);
Vincenzo Musarra (64), rappresentante legale ditta Cavalleri, di Verdello (Bg);
Carla Rota (55), responsabile amministrativa della ditta Cavalleri, di Almè (Bg).
Sono finiti ai domiciliari:
Vincenzo De Vita (45), direttore operativo «qualità materiali», residente a Tropea;
Giovanni Fiordaliso (47), direttore dei lavori sul tratto di autostrada interessato dall'inchiesta, di Reggio Calabria;
Salvatore Bruni (41), direttore operativo-contabile, di Catanzaro;
Consolato Cutrupi, 46 anni, funzionario Anas, Rup dei lavori, di Reggio Calabria;
Antonino Croce, 37 anni, geometra, ispettore di cantiere, di Palermo.
Secondo l'accusa, nel tratto autostradale fra gli svincoli di Serre e Mileto sarebbe stata messa in piedi una truffa attraverso una serie di falsi ideologici riguardante sia il materiale usato per i lavori sia i mancati controlli.
Dalle indagini sull'esecuzione dei lavori di ammodernamento affidati in appalto dall'Anas per un importo di circa 61 milioni di euro, coordinate dal sostituto procuratore Benedetta Callea, è emerso, secondo quanto riferisce la Guardia di finanza, un quadro di diffuse irregolarità riguardanti vari episodi di truffa e frodi nelle pubbliche forniture; false certificazioni di lavori mai eseguiti o eseguiti solo in parte oppure in grave difformità rispetto alle previsioni contrattuali; alterazioni della contabilità lavori ed omissioni, da parte degli organi della Stazione appaltante, di verifiche e controlli.
Altri 6 sono indagati
Agli indagati, che sono complessivamente 15, vengono contestate, a vario titolo, le ipotesi di reato di truffa aggravata ai danni di ente pubblico, frode nelle pubbliche forniture, falso ideologico in atto pubblico, attentato alla sicurezza dei trasporti ed abuso d'ufficio.