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I due contendenti raccontano le motivazioni dietro la scelta di candidarsi. Progetti ed idee da concretizzare una volta indossata la fascia tricolore

 

 

 

 

 

 

 

Uno, ingegnere, 55 anni, capogruppo di minoranza dal 2012 al 2015, presidente del consiglio comunale nella rapida parabola amministrativa del sindaco Massimo Pandolfo e candidato con Unione Popolare Nocerese. L’altra, avvocato, 53 anni, sindaco sfiduciato a gennaio 2018 e candidata con Il Paese che vogliamo. Sono loro, Antonio Albi e Fernanda Gigliotti, i due contendenti la fascia tricolore per Nocera Terinese, poco meno di cinque mila abitanti, ultimo comune della provincia sul mar Tirreno al confine con la provincia di Cosenza.

Nocera al voto

Li raggiungiamo ponendo loro due domande chiave in una sorta di intervista doppia, a partire da cosa li ha spinti a concorrere in questa campagna elettorale in un paese che nell’ultimo anno e mezzo ha visto prima la caduta del sindaco e il commissariamento e poi l’elezione di un nuovo primo cittadino, Massimo Pandolfo, che ha lasciato l’incarico dopo poco più di un mese aprendo di nuovo le porte ai commissari. «Non è facile ricandidarsi quando hai conosciuto le voragini finanziarie di quel malato terminale che è il nostro paese e quando conosci cosa si muove dentro e fuori la casa comunale – ammette Fernanda Gigliotti - ho deciso di farlo, tuttavia, perché in questo momento storico la nostra proposta politica è l'unico riferimento per la salvezza per Nocera».

«Il Paese che vogliamo, infatti, è l'unico gruppo politico che da quando è nato è stato sempre presente sul territorio nocerese, – aggiunge -è cresciuto e maturato, è sopravvissuto alle avvilenti intemperie degli ultimi anni, proponendosi non solo come interlocutore dei cittadini e portavoce delle esigenze del territorio, ma anche come unico presidio di partecipazione, di legalità e di desiderio di riscatto della comunità. L'entusiasmo di questi ragazzi e, al contempo, il loro sguardo quando si incassava la mia non candidatura, sono stati per me motivo su cui riflettere. Ed insieme abbiamo deciso di rimetterci tutti faccia, testa e cuore e di riabbracciare la rivoluzione gentile, culturale ed economica che avevamo iniziato nel 2016 e che ci è stato impedito di compiere».

«Le risposte possono essere tante, la mia è che ci credo ancora – ci dice, invece, Antonio Albi - perché credo nelle persone, credo che il cambiamento possa nascere solo dalle persone che hanno risorse e capacità che magari non sanno di avere. Credo, nonostante tutto, che quando il paese dove sei cresciuto sta morendo non puoi semplicemente voltarti dall'altra parte e aspettare che si celebrino le sue esequie. Se qualcuno sa fare qualcosa ha il dovere di farlo. E questo vale per me, per la mia squadra, ma anche per i cittadini. Ognuno deve fare la sua parte, deve chiedersi: cosa posso fare per il mio paese?». «Conosciamo i problemi di Nocera e abbiamo le capacità tecniche per affrontarli, ma sarebbe un’impresa titanica risolvere tutto senza il sostegno, la fiducia, la collaborazione dei cittadini, il loro tifo a non arrenderci. Noi abbiamo un’idea di Nocera - dice ancora Albi - che mette al centro la persona anche perché qualunque iniziativa che non porti a un miglioramento della qualità della vita, soprattutto, delle persone più fragili è un’iniziativa destinata a fallire. Nessuno deve essere lasciato indietro. È da qui che partiamo con un’unica bandiera che si chiama speranza».

I punti centrali dei loro programmi

Chiediamo ai due candidati quali siano i punti focali del loro programma. «Il nostro è un programma articolato che ha come obiettivo l'istituzione della Città di Nocera Terinese - spiega Gigliotti - la lotta allo spopolamento, la riqualificazione del patrimonio marino e costiero. In modo sintetico possiamo dividere i nostri propositi lungo due macro direttrici».

La prima, ci spiega è quella che riguarda lo sviluppo socio-economico paese sostenibile: «Punteremo sulle vocazioni del nostro territorio per aprire lo sguardo verso nuovi orizzonti di impegno e di ambizioni lavorative, indirizzare i giovani verso nuove professioni per fermare l’emorragia di giovani. Occorrono meno avvocati e ingegneri e più enologi, cantinieri, vignaioli, esperti agronomi. Attenzioneremo le famiglie bisognose, creeremo opportunità di per giovani e anziani, supporteremo l’associazionismo. Per quanto riguarda poi lo sviluppo e il completamento urbanistico, invece, priorità spiega la candidata saranno «un quadro riepilogativo del dissesto del territorio e un piano di interventi di messa in sicurezza. Il completamento, all’esito del completamento della verifica dei nostri strumenti di gestione del territori, della programmazione e la concertazione con i cittadini e gli enti intermedi e la Regione del Piano Strutturale Comunale e del Piano Spiaggia».

Parte, invece, dal recupero del centro storico Antonio Albi che sottolinea: «in meno di due mesi la nostra scheda sui recupero dei borghi è stata approvata per 1,3 milioni di euro». C’è poi da mettere mano, spiega, «al risanamento finanziario dell’ente, riqualificazione urbana di Nocera Marina, utilizzo produttivo sul piano del rilancio turistico delle concessioni demaniali, interventi per prevenzione dissesto idrogeologico, rilancio del turismo rurale e dell’agricoltura e dell’enogastronomia, politiche sociali, interpretazione letterale della legge e sensibilizzazione sul costo dei buoni mensa, erosione costiera, cultura intesa come recupero dei beni culturali e archeologici e alla trasformazione del convento dei cappuccini in casa della cultura». Albi punta anche a creare un evento culturale annuale che diventi famoso come punto di attrazione in Calabria in Italia.

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LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Assolti ”perchè il fatto non sussiste”. Così si è pronunciato il gup nei confronti di Pasqualino Ruberto ex consigliere comunale e candidato a sindaco nelle elezioni del 2015 e il medico Giovanni Paladino, entrambi accusati di concorso esterno in associazione mafiosa.

Tutti gli altri imputati sono stati invece condannati dal gup al processo celebratosi con il rito abbreviato scaturito dall’operazione “Crisalide” che, di fatto, determinò lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose a novembre 2017.

Come si ricorderà, a luglio 2018 il pm aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati (con pene da un massimo di 20 anni a un minimo di 2). Otto anni e 8 mesi erano stati chiesti dal pm della Dda, Elio Romano, nei confronti di Pasqualino Ruberto e del medico Giovanni Paladino (nell’inchiesta rimase coinvolto anche Giuseppe Paladino, figlio di Giovanni, ex vicepresidente del consiglio comunale per il quale si sta celebrando il processo con rito ordinario davanti al tribunale di Lamezia. Ruberto e Giovanni Paladino sono a finiti a processo con il rito abbreviato relativamente all'operazione Crisalide contro il clan Cerra – Torcasio – Gualtieri che scattò il 23 maggio 2017 e fu portata avanti dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Lamezia Terme.

In particolare, indagando sui nuovi “picciotti” del clan in cui emerse la figura di Antonio Miceli, ritenuto il reggente del clan, gli investigatori scoprirono anche che gli esponenti della cosca avrebbero appoggiato Ruberto e Giuseppe Paladino (per i quali pende anche la richiesta di incandidabilità) alle comunali del 2015.

A parte i due politici, per tutti gli altri l’accusa è di associazione a delinquere di stampo mafioso, dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti, possesso illegale di armi ed esplosivi, estorsione, danneggiamento aggravato e rapina.

   Tutte le condanne

La condanna più pesante (20 anni di carcere) è stata inflitta ad Antonio Miceli. Queste le altre condanne: 16 anni e 4 mesi per Nicola Gualtieri inteso "Nicolino"; 14 anni e 6 mesi a Giuseppe Grande "U pruppo"; 10 anni e 1 mese per Vincenzo Grande, Giuseppe Grande, Teresa Torcasio (moglie di Miceli); 8 anni e 10 mesi Antonio Domenicano; Mattia Mancuso 2 anni e 8 mesi; Salvatore Torchia 8 anni, 2 mesi e 20 giorni; Ottavio Muscimarro 6 anni e 8 mesi; Paolo Strangis 2 anni e 4 mesi; Rosario Muraca 10 anni e 2 mesi; Domenico De Rito 10 anni; Alessio Morrison Gagliardi 12 anni e 10 mesi e 10 giorni; Fortunato Mercuri 8 anni, 6 mesi e 10 giorni; Alberto Carlo Gigliotti 12 anni, 10 mesi e 20 giorni; Vincenzo Brizzi 8 anni e 10 giorni; Michele Grillo, 8 anni, 11 mesi e 10 giorni; Alessandro Gualtieri 1 anno, 9 mesi e 10 giorni; Claudio Vescio 8 anni 1 mese e 10 giorni; Antonio Perri, 1 anni, 9 mesi e 10 giorni; Giuseppe De Fazio 6 anni; Antonio Mazza 5 anni, 1 mese e 20 giorni; Pasquale Caligiuri 10 anni e 10 giorni; Antonio Saladino 10 anni, 3 mesi e 10 giorni; Antonio Franceschi 9 anni, 6 mesi e 20 giorni; Rosario Franceschi 8 anni e 10 mesi; Massimo Gualtieri 9 anni, 9 mesi e 10 giorni; Vincenzo Catanzaro 5 anni 6 mesi e 20 giorni; Antonio Gullo 8 anni; Guglielmo Mastroianni 1 anno e 9 mesi; Antonio Paola 8 anni e 6 mesi; Antonello Amato, 8 anni, 2 mesi e 20 giorni; Francesco Salvatore Mazzotta 6 anni e 10 mesi; Maurizio Caruso 5 anni e 6 mesi; Saverio Torcasio (classe 75) 5 anni e 6 mesi; Francesco Gigliotti 6 anni e 3 giorni; Davide Belville, 6 anni, 3 mesi e 10 giorni; Saverio Torcasio (u geometra) 8 anni, 4 mesi e 10 giorni; Antonio Stella 8 anni e 4 mesi; Cosimo Marco Passalacqua 8 anni, 1 mese e 10 giorni; Luigi Vincenzini 8 anni, 1 mese e 10 giorni; Salvatore Fiorino 5 anni e 5 mesi; Luca Torcasio 5 anni e 6 mesi.

In questo processo si sono costituiti parte civile Antonio Crapella, i fratelli Francesco e Pasquale Butera, Luigi Angotti, la Comunità Progetto Sud, l’associazione Antiracket Ala, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’Interno con l’Avvocatura dello Stato e il Comune di Lamezia. Per Angotti (panificio “il fornaio distrutto da una bomba a marzo 2017) risarcimento di 30.000 euro; Comune di Lamezia 80.000 euro; Associazione antiracket 10.000 euro e presidenza del Consiglio dei ministri 50.000 euro (rigettate le richieste delle altri parti civili).

Sono stati assolti, invece, Daniele Grande, Davide Cosentino, Pino Isaac Esposito, Smeraldo Davoli, Daniele Amato e Emmanuel Fiorino.

PASQUALINO RETTURA

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Scatta l’applauso ma Formigli in studio non gradisce e s’infuria

«Io lo sento il clima dentro questo studio.

Ogni volta che parliamo di rom succedono cose diverse, quindi evidentemente c’è una sensibilità diversa su questo tema, anche adesso con questo applauso fragoroso.

A Piazza Pulita, in onda su La7, Corrado Formigli è intervenuto durante il suo programma dopo un applauso del pubblico alle parole del giornalista Francesco Borgonovo, che, commentando i fatti di Casal Bruciato insieme alla mediatrice culturale Dijiana Pavlovic, aveva detto: ”Tutti dovrebbero lavorare, pagare un affitto, mandare i figli a scuola.

Cosa fanno di lavoro?

I mercatini?”.

Il pubblico ha a lungo applaudito ma Formigli non ha gradito e ha bloccato il tutto

Razzismo?

E’ evidente!

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