Il romanzo di Tina Lojacono si legge tutto d’un fiato : la capacità di coinvolgere nella trama della storia, la fluidità del linguaggio e lo stile snello e agile sono tali da non permetter di sottrarsi all’incalzare degli avvenimenti che oscillano continuamente tra realtà e finzione.
Ho iniziato a leggere le vicende di Marta, Daniele, Caterina e Marco una domenica mattina e man mano che le pagine scorrevano, la mia mente veniva trascinata in una dimensione di cammino, di viaggio verso la conoscenza di sè e di scoperta dell’animo umano ,con le sue sofferenze,i suoi stupori, le sue insicurezze.
Quella domenica la mia immaginazione , sollecitata da suggestivi , intensi e drammatici flashback su vicende della nostra storia contemporanea , ha percorso ,in punta di piedi e trattenendo il fiato , la vita dei quattro personaggi del romanzo e ha condiviso la fatica della loro crescita.
Marta, abbandonata da due genitori disattenti e ripiegati su se stessi alle cure di una tata, cresce in solitudine e da bambina inconsapevole si trasforma in adolescente spigolosa, ribelle ,dallo sguardo imbronciato e soffocato dalla delusione dei tanti no e dalla rabbia del rifiuto. A fatica ed alternando momenti di sconforto a momenti di euforia, sceglie di camminare con le sue gambe , di diventare medico e di dedicare la sua vita alla cura degli altri.
E percorrendo la strada che conduce alla conoscenza di sè , incontra Fabio, l’amore di una vita, nato per caso ma destinato a interrompersi bruscamente, cancellato dallo sparo di un cecchino serbo.
Marco e Caterina si conoscono da sempre, da quando, bambini vivaci e solidali, si infilavano tra le siepi confinanti i loro giardini per giocare insieme. E poi insieme a scuola, alle feste condividendo gli amici , alle gite fuori porta e insieme anche la decisione di intraprendere gli studi di medicina.
Un percorso comune interrotto , in una giornata piovosa, dall’incontro con Rebecca , top model affascinante ma inaffidabile e sempre pronta a fuggire davanti alle responsabilità .
Daniele, bimbo adottato e figlio naturale di un’adolescente hippy diventata grande troppo in fretta , cresce in un ambiente familiare sereno ed equilibrato e l’abitudine al confronto ed al dialogo , lo convincono a scegliere , ormai adulto , gli studi di psicologia.
Anche lui però sarà costretto a rivedere i suoi progetti di vita a causa dell’incontro con Margaret, donna complicata, molto somigliante, in quanto a vicissitudini esistenziali, alla sua “ mamma di pancia” , quell’adolescente figlia dei fiori che lo aveva abbandonato senza troppi scrupoli.
E’ a questo punto che le traiettorie di vita dei quattro personaggi si incrociano: ognuno di loro deciderà di intraprendere un viaggio destinato a cambiare l’ esistenza e a far vacillare le certezze.
Un viaggio che, attraverso l’esperienza del volontariato, sarà anche riscoperta di sé e dell’altro, del piacere di donarsi superando quelle barriere umane che generano egoismo, incuranza, intolleranza e solitudine.
Perché , come affermava Marcel Proust, l’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi , ma nell’avere nuovi occhi.
“ le nostre valigie erano ammucchiate sul marciapiede : avevamo molta strada da fare….. Ma non importava …la strada è la vita “ Jack Kerouac