“Parole, parole, parole, soltanto parole” cantava Mina agli inizi degli anni settanta.
Ed è così, anche oggi.
Il mare continua a raccogliere tutto quello che in esso sversiamo.
Ma come possiamo pretendere un mare cristallino se appena svoltiamo l’angolo le acque del Catocastro diventano terribilmente nere come mostrano le foto.
Nere di cosa?
Vai a saperlo .
Per saperlo sarebbe stato necessario che una qualsiasi delle tante autorità che svolgono la loro attività in Amantea facesse uno o più prelievi sottoponendoli ad un laboratorio.
Ma riteniamo che nessuno lo abbia fatto.
Saremo lieti di essere smentiti, lieti se domani ci venisse detto che l’ASP ha fatto i prelievi, o se li hanno fatto la Guardia Costiera , o la Polizia Municipale, o chiunque altro!
E quindi la nostra domanda è destinata a restare senza risposta.
Ma forse nessuno la vuole questa verità.
Non sapremo mai se si tratta di reflui della lavorazione delle olive, come avvenne qualche anno fa nell’Oliva.
O se uno dei classici autospurgo ha sversato il suo carico.
Se non peggio!
In due abbiamo provato a risalire il Catocastro alla ricerca di tracce della immissione, ma purtroppo era troppo tardi.
Le acque del fiume erano pulite nei pressi della passerella di accesso alla frazione Chiaie così da far ritenere che la immissione sia avvenuta a mare della passerella stessa.
Per contro il fondo di scorrimento delle acque ( non le stesse, però) era fortemente scuro nei pressi della passerella a nord.
In siffatte condizioni non resta, al più, che prelevare il materiale sul fondo del fiume per stabilire quali tracce restano dell’inquinamento di stamattina.
Ma soprattutto resta la lezione di fondo.
Che poi è quella che quando si avverte un inquinamento diffuso occorre dare immediato allarme e se anche non risponde nessuno formare un gruppo che risale il fiume e fotografa lo stesso alla ricerca del punto di immissione.
E sembra che si stia per costituire un comitato per la difesa del Catocastro e del mare.
Vi terremo informati.
Come oggi.