L' identità di un popolo, che sia di un comune o di una regione o di uno stato non fa differenza, è formata dalla sua storia comune, dalle sue tradizioni, dai riti e dalle usanze.
Nei comuni, o parte di essi come sono le parrocchie, anche dai parroci che sono stati uomini silenziosi ma vigili, quelli sempre presenti nella vita della gente, sin dai primi giorni con il battesimo e fino alla fine dei giorni con il sacramento finale.
Proprio per questo padre Francesco Celestino ha fatto bene a ricordare don Filippo Aloisio e gli oltre 40 anni di apostolato nella chiesa Matrice.
Ne ha invocato la presenza quando la statua di San Giuseppe si è fermata alla chiesetta dei Furgiuele e ne ha chiesto la benedizione , forse anche per sé, oltre che per la comunità.
E don Filippo non si è sottratto.
E l’applauso che la comunità della processione ha tributato all’inizio ed alla fine è la riprova di quanto ancora questo uomo pur anziano ma sia stato dimenticato sia oggi ancora apprezzato dai parrocchiani e dai fedeli di San Giuseppe.
Poi la processione ha ripreso la sua strada per percorrere l’antico tragitto che un tempo definiva la parte più abitata della città.
Una processione semplice per gente semplice.
Come sempre il popolo della sua chiesetta sulle pendici di Camoli, ed in particolare chiazzitani e catocastresi, e poi la gente di Petratagliata e di Camoli.
Un processione che non cambia nel tempo e nella quale le verginelle fanno bella mostra di sé e ricordano sia la verginità della Madonna, sia quella tradizione fatta di immagini vive e perfino anticipatrici della attuale società filmografia e televisiva.
Una processione immutabile come la fede che la sostiene e che si avverte nella ritualità dei canti, di musica e di silenzi.