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gigginoSono giovani e meno giovani, ci sono chi studia e chi lavora, molti che si arrangiano. Sono un pezzo di questo paese, quelli che producono la ricchezza che altri si dividono, quelli che fanno andare avanti le cose, quelli che si mantengono onesti mentre pochi arraffano tutto. Sono quelli che non sono mai ascoltati, che non hanno amicizie importanti, che non hanno un partito protetto dai potenti.

Questi giovani meridionali credono nell’impegno e nella collettività, e per questo ogni giorno militano in centri sociali, associazioni, comitati di base, collettivi, sindacati, portando avanti attività sociali, doposcuola gratuiti, ambulatori e palestre popolari, mettendo su reti contro la povertà, cercando di difendere i territori e i centri storici dalle devastazioni, attivandosi quando c’è un terremoto o un’emergenza…

Appartengono a quell’Italia che la televisione e i mass-media in genere non raccontano, perché fa più comodo rappresentare un paese di individui isolati, depressi e arrabbiati che si fanno la guerra fra di loro, piuttosto che il paese solidale, che nella crisi sta imparando l’aiuto reciproco, a rispondere insieme ai bisogni, a denunciare gli speculatori, i politici corrotti, le inefficienze, gli sprechi.

Non sono famosi, non fanno comodo a nessuno. Anzi chi li governa, dall’Europa al più piccolo paese, vorrebbero farli sparire. Ma esistono, sono vivi e attivi su tanti territori, si fanno e si faranno sentire, diventeranno sempre di più il riferimento che le persone non trovano e non troveranno nelle istituzioni.

Hanno deciso di mettersi al servizio del popolo, degli ultimi. E lo fanno con dedizione, come persone che sanno di stare combattendo una battaglia lunga e dura. Una battaglia contro l’arroganza del potere, il ricatto della fame, l’egoismo e l’ignoranza. Purtroppo sono stati, fino ad oggi, senza un esercito, senza un piano di battaglia generale, troppo spesso divisi, chiusi ognuno nella propria resistenza…

E’ una umanità stanca di subire questa politica mediocre. Ogni giorno riescono a strappare sul territorio tante piccole vittorie, prendono sempre più atto che non è vero quello che gli hanno insegnato, che non cambia mai niente… Sono convinti che vincere si può, se si lavora con tenacia, rendendo protagonisti le persone. Loro sentono addosso l’entusiasmo, ma non riescono a portarlo su una dimensione nazionale, farlo sentire a larghe masse. Per questo chiedono di unirsi, per far arrivare più lontano la loro azione, per incidere politicamente.

Tutte le forze politiche usano lo stesso spartito musicale. Ormai gli italiani si trovano di fronte tre destre: quella del PD, quella della Lega e Forza Italia, quella del Movimento 5 Stelle. Nessuna di queste forze offre una risposta ai bisogni veri dei lavoratori, dei disoccupati, dei pensionati, delle giovani generazioni. Nessuna di queste forze può dare una mano alle comunità, perché nessuna vuole fare le uniche cose che potrebbero davvero cambiare la vita dei cittadini: prendere la ricchezza dalle tasche dei ricchi, fare politiche sociali, investimenti pubblici, messa in sicurezza dei territori, fermare abusi e speculazioni.

Mentre la condizione di vita degli inascoltati è in continuo peggioramento, sfiorando livelli drammatici nel Mezzogiorno, si preparano mesi spaventosi di campagna elettorale, in cui ognuna di queste forze farà a gara per affermarsi come la più intollerante, la più razzista, la più repressiva.

Ci sono cittadini che non vogliono essere spettatori di questo teatrino. Vogliono aggregarsi, agire, e imporre i loro temi. Con l’informazione, con le lotte, con una presenza viva sui territori che tolga consenso a chi ancora ha la faccia tosta di volerli ingannare ancora una volta.

Il filosofo canadese Alain Denault, descrive il mondo in cui viviamo come dominato da mediocri e noi imprigionati in una dittatura della mediocrità. Denault continua nel dire che non serve un superuomo, un leader, l’uomo-forte che nel nostro Paese è sempre stato visto come salvifico, perché egli sarebbe il capo dei mediocri, com’è stato e probabilmente sarà ancora un uomo come Berlusconi, Trump o il Putin di oggi.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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GIGGI NAVEMi sveglio; e le incerte immagini si dileguano. Tento di nuovo invano di riaddormentarmi. Ciarlatani con stupide dicerie sperano di vedermi danzare inutilmente. Se i fiori purpurei nei deserti erano belli, in mezzo a gigli apparve e per nome mi chiamò. Subito a lei mi avvicinai, la strinsi forte al petto e lei felice sorrise e sulle labbra mi baciò.

In questo lungo sogno, tutto si svolge all’insegna dell’equilibrio e della moderazione, in un’atmosfera ovattata, la legge dominante è quella della moderatezza e della misura, anche nel consumo d’erba e del vino che deve contemplare la giusta miscela di acqua e di alcool nella coppa per raggiungere l’ebbrezza, cara a Dioniso, lentamente, tra mielate canzoni e pacate discussioni.

Questo strano tormento non è mai un fatto acquisito per sempre, ma è un’avventura, un gioco, una ricerca continua di verità. La voce la riconosco, è quella del mio grande maestro Enrico Musacchio, ormai solo nonno in qualche sperduto appartamentino della sconvolta Parigi.

Se il fumo e la passione hanno occupato la maggior parte della mia vita, rendendola accattivante, non mancano tuttavia sentimenti di malinconia per la precarietà della condizione umana, la ormai trascorsa giovinezza e le tempie ingrigite, che sono un preludio alla triste conclusione della vita e all’approdo finale nel nulla.

Per millenni, la cultura occidentale ha affrontato la questione del rapporto tra “mente” e “corpo”, tra “ragione” e “passione”. Tale rapporto, in verità, si è spesso configurato in termini conflittuali, privilegiando la parte razionale rispetto a quella corporea e sensoriale. Nell’antichità amare la vita e le persone era una ricompensa per pochi eletti . In un momento successivo venne concepita come un diritto universale che spettava a ogni membro della specie umana.

Dunque chi non nutre passione è costretto, suo malgrado, a trovare una giustificazione alla propria condizione esistenziale. Circa 25 anni orsono qualcuno deve avermi suggerito di ballare come se nessuno mi stesse guardando, di amare come se nessuno mi avesse mai ferito, di cantare come se nessuno mi avesse mai ascoltando e di vivere sapendo che l’unica realtà è sulla Terra.

Della passione è una immensa fortuna riuscire davvero a respirarne l’odore, a sentirne l’importanza sotto la pelle. Chiudere gli occhi e percepirne la presenza attraverso i brividi tra cuore e pareti intime dell’anima. Esiodo mi aggrada molto come rappresentante l’Amore e nato da se stesso. Un grande e seducente fra gli Dei più antichi.

Alcuni lo vollero figlio di Ares, figlio di Giove e di Afrodite. Lo si rappresenta nudo, armato di arco e di frecce con cui colpisce il cuore degli uomini facendoli innamorare. Tormentò persino sua madre che si arrabbiò al punto di punire l’insolenza del figlio colpendolo con un sandalo.

Mentre tutto scorre dentro in modo fluido libero e cristallino e lo spazio infinito della mente si riduce sempre più.

“Way down below the ocean where I wanna be she may be,

Way down below the ocean where I wanna be she may be,

My antediluvian baby, oh yeah yeah, yeah yeah yeah,

I wanna see you some day…” Queste sono i versi che mi sussurrava nei giorni tristi la voce di Donovan.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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foto anticaIn questa nostrarealtà è il tempo della trasformazione del mondo a pura risorsa da sfruttare senza limite alcuno. In questo senso la nostra depressione rivela la verità sulla vita stessa del mondo occidentale di cui noi facciamo parte Ahinoi!

La vita è sfinita, spossata, afflitta da una stanchezza reattiva al richiamo dell’iper-edonismo che, è meglio ricordarlo, produce anche la precarietà sociale ed economica che è il vero volto del Mezzogiorno d’Italia sotto la maschera della sua giostra maniacale.

Qualche tempo fa ho trascorso qualche giorno con Pasc cacciando coi guerrieri di Sitting Bull, nelle foreste dell’Ovest canadese, ma pian piano la nostalgia di una vita movimentata ritorna nel cuore. Ci si lascia alle spalle la realtà e si entra in un altro mondo, come tanti astronauti che posano i primi passi su terre desolate che circondano la città di Amantea. Avevo sete e così mi misi a cercare una qualche sorgente d’acqua. Ne trovai una sola, fatta di pietre scure. L’acqua era buona efresca, così mi sembrò, anche perché avevo caldo e sete.

“Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera

“Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo,

Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio,

Un battello leggero come farfalla a maggio.” Rimbaud

Cari concittadini vi sembrerà strano credere con quanta tenerezza camminavo fra questi sentieri, ricordandomi passo dopo passo, di tutte le storie antiche che hanno fatto di Amantea e del suo Mare un luogo pieno di Storia e onorabilità. Storia e onorabilità di cui fa parte anche una squadra di calcio, l’Amantea 1927” che fra pococompirà Cento anni. Un secolo pieno di onori e di uomini straordinari che hanno fatto la storia straordinaria di questa squadra grazie a uomini come i fratelli Greco, Antonio Caruso (Totonno i Minichella), Settimio Perna, Rocco Capanna, Armando Andreani, Mario Rositano, Tonino Morelli, Risaia, Vincenzo Ruotolo, Pippo Gilardo e tanti altri che riempirebbero un libro per elencarli tutti.

Alla sordità di una Amministrazione comunale, verso le preoccupazioni dei suoi cittadini e alle esigenze dei giovani si sono uniti la Lega Calabrese del calcio dilettantistico, prendendo a pesci in faccia la gloriosa Blucerchiata attraverso i suoi arbitri che umiliano i calciatori dell’Amantea con le loro decisioni( Basta e avanza quello che è successo domenica sul campo di un borgo chiamato Altomonte. In undici per parte l’Amantea vinceva 2-1. Nella ripresa con un uomo in meno, l‘Altomonte finiva per vincere in dieci per 6 a 3! Inoltre Amantea 1927 ha giocato le ultime 13 partite sempre fuori sede perché, questo dicono gli Sparaballe e la televisione locale, diretta magistralmente dal Capo supremo dell’Amministrazione comunale, il campo sportivo è, (Udite! Udite!) INAGIBILE. Per ultimo non ultimo le casse della società sportiva sono vuote. Niente incassi, allo stadio; affittare campi a destra e a manca. Tutto ciò sta provocando una forte emorragia di calciatori che scappano via per poter in qualche altra più solida società.

Eppure questa ultima grande crisi,che ci attanaglia, non avrà una fine, mostra tutti i segni della gravissima patologia che affligge tutta la Calabria, insieme alla stanchezza e la disillusione delle false promesse di contentezza da parte del potere economico e politico di questa bistrattata città di quasiventimila anime.

Qualcuno nel nostro recentissimo passato aveva già messo in luce come un megalomane avesse trasfigurato il principio freudiano di realtà nel principio di prestazione. Una nuova forma di alienazione si è rivelata non solo quella relativa allo sfruttamento della forza lavoro – secondo lo schema marxista –, ma quella di una nuova forma di oppressione della vita, costretta ad essere necessariamente produttiva, liberata dai vincoli conservatori della tradizione, ma asservita ad un nuovo padrone: la necessità dell’affermazione ad ogni costo della propria individualità.

A tale proposito mi torna in mente lo scrittore algerino Albert Camus, che rifiutava l’etichetta di filosofo esistenzialista e difendeva la libertà dell’uomo con l’espressione, unicamente finalizzata a narrare e ad analizzare con la massima sincerità la propria esperienza di uomo, che non si rassegnava né all’ipocrisia di chi fingeva e finge di ignorare i mali della vita, né alla disperazione di chi teorizzava la falsa soluzione dell’autodistruzione umana.

Ebbene, la stanchezza che affligge questa nostra amata città, oggi non mostra forse il limite di questo mito antropologico? Non mostra la corda del sogno narcisistico di qualcuno di adularsi in un lurido specchio , a prescindere degli interessi altrui? Facciamo due soli esempi. Il primo è quello del disagio giovanile che non si caratterizza più per il conflitto vitale tra le generazioni, ma per uno spegnimento del sentimento della vita. Al centro non è più il disagio tra la giovinezza che avanza le sue esigenze di trasformazione del mondo e l’ordine granitico dell’esistente, ma il disagio di una vita spenta, stanca, lontana dal desiderio.

I sintomi attuali degli adolescenti che si rivolgono sempre più spesso al Centro di salute mentale, (violenza, alcoolismo, tossicomanie, dipendenza dall’oggetto tecnologico, anoressia, bulimia, isolamento, ecc.) hanno questa radice in comune: non scaturiscono più dalla dissonanza tra il desiderio e la realtà, ma da una specie di affaticamento del desiderio stesso.

L’affaticamento mostra il filo conduttore del sogno narcisistico di diventare padroni di noi stessi, di realizzare la nostra persona. Un sogno che si è infranto su di uno specchio, il giorno che siamo stati svegliati da un virus che ci ha costretti a vedere una realtà che falsamente abbiamo realizzato per conto terzi e che dobbiamo provare a leggere nel tentativo di non esserne annientati.

È pressoché impossibile disegnare uno scenario futuro univoco. Tante, troppe, sono le variabili culturali e sociali capaci di incidere su uno sviluppo di cui la tecnologia rappresenta solo la dorsale più appariscente. Una rondine non fa primavera, né un sol giorno: così un sol giorno o poco tempo non fanno nessuno beato o felice. Bisogna, dunque, sforzarsi di tener dietro a ciascun tipo di principio in conformità con la sua natura, e impegnarsi a definirlo adeguatamente. I principi, infatti, hanno un gran peso sugli sviluppi successivi: si ammette comunemente che il principio costituisce più che la metà del tutto, cioè che per suo mezzo diventano chiare molte delle cose che si vanno cercando di realizzare.

A noi resterà solo il sogno di una notte di mezz’estate, lungo una vita.

Agli altri nostri concittadini religiosi, e sono la stragrande maggioranza, resterà sempre la “Speranza”:

“Zefiro torna, e'l bel tempo rimena,

Ei fiori e l'erbe, sua dolce famiglia

E garrir Progne, e pianger Filomena,

E primavera candida e vermiglia.

Ridono i prati e'l ciel si rasserena;

Giove s'allegra di mirar sua figlia;

L'aria e l'acqua, e la terra e d'amor piena;

Ogni animal d'amar si riconsiglia.” Claudio Monteverdi

Questa volta sarò solo Gigino A Pellegrini

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