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bendatiiii99Re Lear  attuale come non mai! Spesso si leggono frasi di secoli addietro che paiono scritte oggi, e poi quando si scopre che appartengono al tempo passato, si rimane meravigliato di fronte alla storia che a volte si ripete. Nel rileggere “Re Lear” di WilliamShakespeare, ci si imbatterà in questa frase sempre attuale: “Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi”.

In Italia il Berlusca è riuscito a convincere anche coloro che sono stati sempre tiepidi nei suoi riguardi d'essere oggetto di un'inaudita persecuzione giudiziaria da parte di una magistratura che egli usava definire con epiteti poco lusinghieri, addirittura offensivi. Secondo lui, in questo Paese, non c'è un magistrato, sia che operi in un semplice tribunale sia che appartenga alla Corte Costituzionale, che non sia politicizzato e a lui avverso.

Un berlusconino che alla guida di una Ferrari lanciata a trecento orari travolge e uccide un vecchietto, e se ne scappa senza prestar soccorso, dirà immancabilmente, quando verrà preso, di esserne stato vittima, perché il vecchietto aveva bevuto. E troverà un tribunale che gli darà ragione.

Esaminando dunque costui:   

“infatti non ho per nulla bisogno di citarlo per nome, ma era uno dei politici quello indagando sul quale io ricevetti un'impressione di questo genere, signori Ateniesi, e discutendo con lui - quest'uomo mi sembrò che a molte altre persone e soprattutto a se stesso sembrasse essere saggio, ma non lo fosse; e poi cercavo di dimostrargli che credeva sì di essere saggio, ma non lo era.”  Platone, “L’Apologia”

L’arroganza, il narcisismo, l’egocentrismo, la protervia, la buffoneria, l’incoerenza, il trasformismo, l’incompetenza, l’improvvisazione, appartengono a buona parte dell’attuale classe politica e non sono la malattia, bensì i sintomi del male, che ha stravolto la politica in Occidente. Un morbo terribile, che fa perdere il senso delle proporzioni e che porterà alla rovina.

Gigino A Pellegrini & G elTarik

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scuola piediSu quasi tutti i giornali italiani la scorsa settimana nelle prime pagine sono comparse le tende piantate dagli studenti universitari fuorisede che frequentano le maggiori e più prestigiose università italiane. Protestano per i cari affitti. A me che ho una certa età mi hanno risvegliato antichi ricordi: gli anni della frequenza della scuola media in un paese diverso e lontano dal mio che per raggiungerlo dovevo percorrere 7 chilometri a piedi, perché allora non c’erano mezzi di trasporto, corriere, scuolabus. Ogni tanto passava un calesse, qualche carro tirato dai buoi e i traini dei fratelli Pizzini di Amantea. Siamo nel 1946. La seconda guerra mondiale era finita da poco. Avevo completato gli studi elementari e mia madre mi fece partecipare agli esami di ammissione alla scuola media. Per accedere alla scuola media bisognava superare gli esami di ammissione. Un tema, un dettato e un problema e poi gli esami orali con recita di poesie, storia, geografia. Li ho superati brillantemente( ero stato preparato dalla maestra Lillina Luciani) e il primo ottobre del 1946 incominciai la scuola media parificata di Amantea. Indossavo ancora pantaloncini corti e scarpe che il maestro Ciccio u scarparo mi aveva confezionato con le bullette nelle suole per non consumarle. La scuola media di Amantea era l’unica scuola che esisteva allora nel circondario e raccoglieva gli alunni dei paesi viciniori: Falerna, Serrra, Cleto, Belmonte Calabro, Longobardi e San Pietro in Amantea. Anche qualche alunno di Lago e di Aiello Calabro. I miei compagni di classe erano la maggior parte di Amantea centro. I compagni di Falerna, Belmonte e Longobardi arrivavano a scuola col treno. Io, invece, durante tutto l’anno scolastico, da ottobre a giugno inoltrato, dovevo percorrere 7 chilometri all’andata e 7 chilometri al ritorno, sempre a piedi. Allora la maggioranza degli alunni che voleva frequentare la scuola media doveva fare molti chilometri a piedi attraversando boschi, campi coltivati, torrenti, fiumare e fiumi e c’erano, invece,pochi alunni, solo qualche centinaio di metri.  Scendere al mattino dalla Variante e da Cannavina lungo le scorciatoie per raggiungere l’edificio scolastico Garibaldi era una bazzecola. Al ritorno, per risalire, ci voleva più tempo. Dopo 5 ore di studio eravamo stanchi, la borsa era piena di libri, pesava e pure l’ombrello e il cappotto. Ricordare quei tempi e quei lunghi viaggi per raggiungere la scuola ai ragazzi di oggi può sembrare un racconto intriso di fantasia. Ma quale fantasia! Nell’immediato dopoguerra se volevi frequentare la scuola dovevi fare enormi sacrifici. Pioggia, vento, freddo, gelo e caldo non mi hanno mai fermato.

Allora non c’erano ancora i pullman, gli scuolabus che trasportano gli studenti a scuola. C’era una corriera scalcinata della Ditta Santelli che partiva da Amantea alle 6,30 di mattino e raggiungeva Cosenza alle ore 8. Ripartiva da Cosenza alle ore 14,00. Sempre presente a scuola. Non mi sono mai lamentato. Agli esami di licenza media risultai il primo della classe. Oggi, a pensarci bene, però, debbo dire che i miei compagni di classe erano alunni privilegiati. Si alzavano la mattina due ore dopo di me, non arrivavano a scuola sudati o bagnati, non dovevano percorrere sentieri di campagna, all’uscita di scuola trovavano pronto il pranzo. Io, invece, dovevo alzarmi presto la mattina e spesso d’inverno arrivavo a scuola tutto bagnato. In classe non c’erano i termosifoniper poter asciugare i calzini e i pantaloni. Non c’era ancora il diritto allo studio ed io avevo scelto di frequentare quella scuola che al mio paese ancora non c’era. Venne istituita come sede staccata di Amantea nell’anno 1963. In quel lontano 1946 ero il solo ragazzo del mio paese che era iscritto alla scuola media. Poi si iscrissero i fratelli Lupi, Emilio e Saverio, mio cugino Palmerino Sesti, Ernesto Cadetto, Sante Lorelli e Alfonso Belsito. I fratelli Lupi, Annibale e Aurelio, figli dei maestri Giovanni e Dolores Carusi, furono iscritti alla scuola media del Convitto Nazionale a Cosenza e Michele Policicchio, figlio del farmacista Pasquale, fu iscritto alla scuola media del Collegio Arcivescovile di Cosenza. Mamma Teodora e mia sorella Anna erano fiere di me. Anche il prete Don Giovanni Posa era fiero. E pure i contadini e i braccianti agricoli che venivano a giornata nelle nostre campagne. Dicevano: finalmente abbiamo uno che studia. Non dovrà zappare la terra per campare e fare enormi sacrifici.

         

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cingghialiiiiiCinghiali grandi e piccoli da diversi anni indisturbati scorrazzano per le vie e nelle piazze del centro abitato di San Pietro in Amantea.

Se il Signor Sindaco e l’Amministrazione Comunale vogliono davvero tutelare la sicurezza e l’incolumità degli abitanti del piccolo borgo dovrebbero autorizzare la caccia ai cinghiali.

So che ora la caccia è vietata, ma è preferibile avere un abitante vivo che un abitante morto. Perché dovrete sapere, amici lettori, che i cinghiali sono pericolosissimi specialmente se in compagnia dei piccoli.

In alcuni Paesi si sono verificati luttuosi episodi dove alcuni uomini intervenuti per difendere i loro giardini, i loro frutteti e i loro prodotti agricoli sono stati aggrediti e morti dopo l’aggressione del branco. Prima che succeda qualcosa di brutto anche nel nostro paese invito il Signor Sindaco ad assumersi tutta la responsabilità.

I cinghiali scorrazzano e passeggiano indisturbati, non hanno più paura di nulla, per le vie del centro e la notte circondano le case ed entrano nei giardini, negli orti, nei terreni, rovistando dappertutto facendo danni incalcolabili. Dove passano loro la terra sembra lavorata con il trattore. E non esagero. Basta recarsi a Terramarina, al Vallone soprano e sottano, alle Valle, al Ponte del vallone e ognuno potrà notare lo scempio che questi animali moltiplicati a dismisura combinano. Oltre ad essere pericolosissimi perché attaccano l’uomo sono molto dannosi all’agricoltura. Mangiano l’uva e danneggiano le viti, distruggono le piantagioni di granturco e gli alberi da frutta specie quando sono ancora piccoli.

L’altro giorno mentre ero nel mio terreno del Vallone intento a tagliare l’erba sono stato avvicinato da un branco di cinghiali ancora in tenera età. Ho avuto tanta paura e sono stato costretto a scappare in casa per l’incursione di un grosso cinghiale, credo che fosse la madre del branco. Ho fatto in tempo a chiudere il cancello in ferro altrimenti sarebbe entrato nel “catoio”. Non è dunque sufficiente segnalare il caso ai Carabinieri di Amantea, alle Guardie Provinciali e alle Guardie Forestali che ogni giorno pattugliano la zona, bisognaintervenire al più presto prima che sia troppo tardi. Finora nessuno ha fatto nulla, solo chiacchiere.

E con le sole chiacchiere non si risolvono i problemi. Da tempo abbiamo segnalato la presenza dei cinghiali che scorrazzano indisturbati nel nostro paese mettendo in serio pericolo l’incolumità dei cittadini, specialmente ora che si avvicina l’estate e il nostro antico borgo si popola con l’arrivo di tanti bambini che amano giocare all’aperto. Per la Coldiretti, l’aumento dei danni, delle aggressioni ed anche degli incidenti mortali ad opera dei cinghiali, è il risultato della incontrollata proliferazione dei cinghiali che ha superato in Italia il milione di capi. E non esagero e non è neppure una battuta di pessimo gusto, ora come ora, nel mio paese ci sono più cinghiali che persone.

P.S- Questo io scrivevo ad aprile di sei anni fa, nel 2017. Ora apprendo che per l’emergenza cinghiali 16 sindaci hanno chiesto interventi concreti e un incontro urgente con l’Assessore regionale Gianluca Gallo. Ora se ne sono accorti che l’emergenza cinghiali ha raggiunto realmente il suo apice. Allora non è vero che la presenza dei cinghiali nel Basso Tirreno Cosentino è una invenzione della mente malata del Prof. Francesco Gagliardi! Così ha scritto oggi 14 maggio su Gazzetta del Sud il corrispondente di Amantea Dott. Ernesto Pastore:- Basso Tirreno nella morsa di decine di cinghiali-. Quando lo scriveva il Prof. Gagliardi erano balle, ora che lo scrivono corrispondenti di altre testate giornalistiche i cinghiali ci sono per davvero nelle nostre campagne e distruggono ogni cosa e scorrazzano liberamente per le vie dei paesi. Signori Sindaci, datevi una regolatina, chiedete interventi urgenti alla Regione. I cinghiali, se volete salvaguardare l’agricoltura e l’incolumità delle persone, dovranno essere abbattuti.

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