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I risultati dello studio epidemiologico congiunto ISS-Neuromed condotto su 7.000 uomini.

 

Più di tre tazzine di caffè al giorno riducono il rischio di cancro alla prostata.

 

 

E’ il risultato di uno studio, pubblicato sulla rivista International Journal of Cancer, condotto dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo - NEUROMED di Pozzilli (IS).

A livello epidemiologico lo studio è stato condotto su circa 7000 soggetti sani maschi di età superiore a 50 anni, selezionati nella coorte Moli-sani, seguiti per circa 4 anni.

Per gli studi in vitro, sono state utilizzate 2 linee di cancro prostatico umano su cui sono stati provati estratti di caffè e concentrazioni crescenti di caffeina per valutare potenziali effetti antineoplastici e antimetastatici.

I soggetti che durante la fase di osservazione hanno ricevuto diagnosi di cancro alla prostata sono risultati essere quelli che avevano un consumo inferiore di caffè, rispetto ai soggetti che non avevano ricevuto tale diagnosi. In particolare, è risultato che i soggetti che abitualmente consumano più di 3 tazze di caffè (del tipo italiano) al giorno hanno una riduzione del 53% del rischio di contrarre il cancro alla prostata.

"Il nostro studio – dice Francesco Facchiano del Dipartimento di Oncologia e medicina molecolare dell’ISS, uno degli autori dello studio - indica che i consumatori abituali di caffè e che bevono più di 3 tazzine di caffè al giorno hanno minori probabilità di contrarre il tumore alla prostata; naturalmente, come in tutte le cose, vanno evitati gli eccessi che potrebbero avere effetti negativi di altro tipo".

 

La conferma in vitro è venuta dall’osservazione che su 2 differenti linee di cancro della prostata umano, la caffeina, uno dei principali (ma non l’unico) principio bioattivo contenuto nel caffè, ha una significativa azione antiproliferativa e antimetastatica.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

Ma c’è altro. Ve lo faremo sapere a giorni

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Nella seduta di oggi il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti ed a seguito delle relazioni predisposte dal prefetto di Reggio Calabria, ha deliberato lo scioglimento di quattro consigli comunali.

Uno in provincia di Caserta, cioè San Felice a Cancello, e tre in provincia di Reggio Calabria, e cioè, Laureana di Borrello, Bova Marina e Gioia Tauro.

Per tutti i comuni sono stati accertati condizionamenti dell'attività amministrativa da parte della criminalità organizzata.

Ne parla il comunicato di Palazzo Chigi.

In conformità a quanto previsto dall’art. 143, comma 12 del decreto legislativo 18 agosto 267, il prefetto competente per territorio, nelle more del perfezionamento della procedura, con proprio provvedimento, affiderà a Commissioni Straordinarie la gestione provvisoria dei predetti comuni, al fine di prevenire situazioni che potrebbero ulteriormente compromettere la libertà di determinazione ed il buon andamento o l’imparzialità dell’amministrazione.

Il Governo attua una linea dura

A Laureana di Borrello dopo le dimissioni contestuali del sindaco Paolo Alvaro e di tutti i consiglieri comunali dopo un’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che aveva portato all’arresto dell’ex assessore comunale Vincenzo Lainà, ritenuto il riferimento politico della cosca Lamari,la commissione si era insediata il 29 dicembre dello scorso anno.

Il sindaco di Bova Marina, Vincenzo Crupi, è stato invece arrestato il 7 dicembre dello scorso anno nell'ambito dell'operazione "Ecosistema" che ha evidenziato una serie di appalti truccati. Lo scioglimento di oggi trova origine in un’inchiesta giudiziaria.

A Gioia Tauro il sindaco Giuseppe Pedà era stato costretto a lasciare il 23 dicembre 2016 a seguito delle dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali ed il prefetto aveva nominato un commissario prefettizio. Dopo l’arrivo del commissario prefettizio scattarono altre due inchieste antimafia che portarono all’arresto del dirigente dell’ufficio tecnico comunale Angela Nicoletta e di alcuni parenti di ex amministratori locali. La commissione di accesso si è insediata lo scorso 7 marzo.

Lo scioglimento dei Consigli ha una ricaduta ancora più particolare per Gioia Tauro e Laureana di Borrello, dove avrebbe dovuto votarsi il prossimo 11 giugno.

A questo punto le elezioni non si faranno e i Comuni saranno commissariati. 

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La boschi, come noto, è la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio del governo Gentiloni.

 

Lo stesso ruolo svolto da Minniti sotto il governo Renzi

Ma non sembra la stessa cosa.

La Boschi, addirittura, è contestata per una circolare di 17 righe, datata 28 aprile e firmata dal segretario generale di Palazzo Chigi Paolo Aquilanti, ecumenicamente indirizzata a “tutti i Dipartimenti, Uffici e Strutture”, con la quale viene imposto a tutti i ministeri di far sottoporre ad un controllo preventivo del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, #Maria Elena Boschi, ogni atto, nomina o documento da loro prodotto.

 

Lesa maestà?

Ingerenza?

 

Qualcuno con testa i toni burocratici“diretti e perentori”.

Qualcuno ricorda il caso Anac di Cantone, quello della legittima difesa e del telemarketing.

Si scatena un putiferio di reazioni negative da parte di ministri e funzionari dei dicasteri.

 

Qualcuno parla di commissariamento per conto di Renzi.

Lei prova a smontare le polemiche parlando di “classico caso di fake news”, perché la circolare rappresenta solo un invito a “rispettare le regole che già esistono” e non si tratta quindi di “commissariamento”.

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ironicamente ha detto “Io non me ne sono accorto” di essere stato commissariato.

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