
Alcuni italiani sostengono che aiutare i lavoratori in nero non sia corretto. Anche di fronte al dramma della pandemia costoro non hanno smesso di essere malvagi?
Roma, 29 marzo 2020. "Il Governo stanzi assegni di 600 euro al mese per tutti, anche per chi lavora in nero, senza dover presentare alcuna documentazione, solo il codice fiscale" esortano i Sudisti Italiani, affermando, altresì, che: "Giuseppe Conte sta dimostrando grande attenzione sociale nei confronti degli esclusi dai processi economici legalizzati.
Pertanto, consapevoli della sua sensibilità socio-economica, gli chiediamo di non richiedere, come sempre accade, documenti particolari (vecchi bilanci, vecchi 740 e così via) che potrebbero costituire un impedimento all'ottenimento del beneficio. E' indiscutibile che, in questo tragico momento storico, tanti hanno bisogno di aiuto.
I lavoratori 'in nero' corrono spesso il rischio di essere etichettati con il termine furbetti e fannulloni, ossia sono considerate persone che sfruttano lo Stato in quanto veri parassiti. Oltre al danno, la beffa! C'è da chiedersi: Ma è vero che esista chi vuole lavorare 'in nero' o, invece, è costretto a farlo, correndo seri rischi?
Certamente esistono i cosiddetti 'furbetti' , tuttavia è tragicamente vero che sono tanti i lavoratori che non hanno avuto la fortuna di trovare chi li assumesse nelle aziende o nella Pubblica Amministrazione e, pertanto, sono costretti ad 'arrangiarsi', che è un verbo non certo indulgente per definire il lavoro dei disoccupati, in quanto non tiene conto del dramma esistenziale di chi è disoccupato.
Chi lavora in nero è un lavoratore senza diritti: è questa la tragica verità!
Chi lavora in nero lo fa per sopravvivere, per mantenere la propria famiglia, certo non è un delinquente, è un essere umano che eroicamente si procaccia da vivere!
Viviamo un' emergenza umanitaria che esige un approccio umano alle problematiche di ognuno di noi, sorte in seguito al suo manifestarsi: occorre aiutare tutti anche per evitare disordini sociali. Basta razzismo sociale, divisionismi, campanilismo! Siamo tutti figli di Dio! Lo Stato ha il dovere morale di aiutare tutti i cittadini, anche i cosiddetti 'furbetti' , che, al di là della veridicità della definizione, ora non possono certamente ricorrere alla furbizia. Perché, poi, definire il povero 'furbetto' ? Non esistono poveri furbi, perché se lo fossero certamente non sarebbero poveri!
Povero e furbo: è certamente un binomio che 'non tiene', ridicolo e ridicolizzante la miseria umana.
Alcuni cittadini sostengono che aiutare i lavoratori in nero non sia corretto. Anche di fronte al dramma della pandemia costoro non hanno smesso di essere malvagi?
Chi lavora in nero non è un fannullone, ma un lavoratore che, per svariati motivi, non gode dei diritti propri dei lavoratori, sanciti dal diritto del lavoro. Non è un furbetto, ma un povero, senza o con famiglia e figli. Dobbiamo farlo morire di fame?
Perché nessuno si è lamentato quando sono state aiutate le banche?
Se le banche sono state aiutate, allora aiutiamo anche i cittadini, soprattutto quelli non abbienti.
E' facile definirsi cristiani, ringraziare Sua Santità della sua benedizione e poi, alla prova dei fatti, manifestare la propria anima razzista e meschina. Qualcosa non funziona!
Dopo aver superato questo momento drammatico, non vi è dubbio che il lavoro 'legalizzato' per tutti dovrà essere il primo obiettivo che lo Stato italiano dovrà perseguire.
Conte deve disporre aiuti per tutte le famiglie, per tutte le persone.
Noi ci battiamo per eliminare le disuguaglianze e l'esclusione.
Continueremo, ancor più, d'ora in avanti , ad impegnarci per la giustizia sociale, viste le conseguenze dolorose dell'iniquità sociale.
I poveri sono e saranno coloro ai quali rivolgeremo il nostro impegno, perché divengano anch'essi cittadini, in quanto realmente non lo sono, come i fatti dimostrano.
Bravo Giuseppe Conte, sempre più nostro leader! Auspichiamo il suo ingresso nel PPI, con noi, Gianfranco Rotondi e Lorenzo Cesa".
Il 15 marzo ultimo scorso scrissi un articolo invitando i miei amici vicini e lontani, quelli che giornalmente mi leggono su Tirreno News di restare a casa, perché lo chiedevano a gran voce medici e istituzioni per non essere contagiati, per non contagiare altre persone e per evitare il diffondersi del corona virus. E’ giusto restare a casa, sono le regole, rispettiamole. Restate a casa, uscite solamente per fare la spesa, per andare in farmacia, per cose necessarie ed impellenti. Io sto rimanendo a casa, gli altri lo stanno facendo? Hanno capito la gravità del momento? Io sto rimanendo a casa facendo dei sacrifici enormi. Io sto rimanendo a casa perché me lo posso permettere. Sono un pensionato ed ogni mese percepisco la pensione. E gli altri? E quelli che non sono pensionati? E i meccanici, i gommisti, i barbieri, i parrucchieri, gli estetisti, le donne delle pulizie, i commessi, gli agenti di viaggio, i baristi, i pizzaioli, i commercianti, i disoccupati, i precari, i lavoratori in nero come faranno se non lavoreranno e se non avranno più soldi per mangiare? Certo, certo, le misure prese dal Governo sono necessarie, ci mancherebbe. Ma se le disposizioni dovessero protrarsi a lungo non lo so a cosa andremo incontro. La prima avvisaglia l’abbiamo avuta con la rivolta dei carcerati. Ora se ci sono tante famiglie che non hanno più soldi per fare la spesa quello che è accaduto nelle carceri potrebbe accadere nelle città, nei paesi, nelle strade, nei negozi, nei supermercati. Quando la gente è disperata, che non ha nulla da mangiare e da perdere, può fare di tutto, possiamo aspettarci di tutto: rivolte, incendi, scontri, saccheggi. La gente sarà costretta a delinquere per sopravvivere. Ora protestiamo perché mancano le mascherine. E se domani dovesse mancare il pane? La rabbia si espanderebbe a macchia d’olio e la gente incomincerebbe a protestare e a razziare i supermercati. Questo avevo scritto e purtroppo i fatti che si sono verificati a Palermo, a Bari, a Napoli mi hanno dato ragione, ma nessuno mi ha dato ascolto. L’esasperazione è alle stelle. E intanto v’è chi comincia a trasgredire la legge, scendono in piazza, assaltano i supermercati perché non sono più in grado di sopravvivere: i loro frigoriferi sono vuoti, i loro risparmi dilapidati, i loro figli chiedono pane. Chi non ha niente in casa dovrebbe morire di fame per rispettare l’hashtag lanciato dal governo e dai tanti nostri artisti strapagati? E nei prossimi giorni scene come quelle di Palermo, Bari e Napoli diverranno sempre più frequenti. Si fa facile a dire”State a casa”, “Restiamo a casa”, “Andrà tutto bene”.Ma come fa chi non ha da mangiare? Al momento il disagio e la protesta sono in una fase embrionale, ma il pericolo che possa esplodere una bomba sociale è altissimo. Forze dell’Ordine fuori dai supermercati. Sorvegliati speciali come fossero i caveau della Banca d’Italia, non per proteggere i lingotti d’oro, bensì gli scaffali della pasta, del riso, del pane, del latte, dell’olio. Gente che entra nei supermercati e mette qualcosa nei carrelli della spesa. Quando arriva alla cassa dice alla cassiera che non ha i soldi. Non potendo pagare non può passare. Quindi non può mangiare. Eppure non aveva comprato caviale e champagne, aveva comprato l’essenziale per vivere alcuni giorni. Passata l’allegra atmosfera che si era creata nei primissimi giorni ora non si vedono più persone che ballano, cantano e suonano dai balconi. Sono diventati più seri, si sono accorti che hanno finito i soldi e che i frigoriferi sono completamente vuoti. Ora non hanno più la voglia e la forza di cantare l’Inno di Mameli, ora vogliono mangiare e subito. C’è davvero il pericolo di rivolte, ribellioni e disordini, forse anche organizzati e preparati dalla criminalità organizzata. Amici oltre al coronavirus che sta facendo danni incalcolabili all’economia italiana e mondiale e che sta uccidendo migliaia di persone, c’è un altro virus più pericoloso e micidiale che potrebbe colpire tutti ed è il virus della fame. Meditate gente, meditate.
Il Crocifisso miracoloso che si trova nella Chiesa di San Marcello al Corso in Roma sarà portato in Vaticano in Piazza san Pietro per l’appuntamento di preghiera che Papa Francesco ha indetto per venerdì 27 marzo alle ore 18 affinché cessi l’epidemia del corona virus. Papa Francesco dal sagrato della Basilica senza folla, completamente deserta, impartirà la benedizione “Urbi et Orbi”. Sarà un momento speciale per tutti i credenti di tutto il mondo, perché questa benedizione di solito viene impartita a Pasqua, a Natale e il giorno della elezione al soglio pontificio e concede ai credenti l’indulgenza plenaria dai peccati. Il Crocifisso è molto venerato dal Santo Padre. Domenica 15 marzo u.s. Papa Francesco a sorpresa si recò a piedi nella Chiesa di San Marcello e depositò un mazzo di fiori ai piedi del Crocifisso. Il Santo Padre ha pregato per alcuni minuti in ginocchio davanti al Crocifisso ligneo e ha chiesto la fine dell’epidemia che ha colpito l’Italia e il mondo intero. La stessa richiesta l’aveva fatta prima davanti all’icona della Vergine Maria “Salus Populi Romani” custodita nella Basilica di Santa Maria Maggiore a cui il Pontefice è molto affezionato. Papa Francesco ogni qual volta si reca all’estero per un viaggio apostolico si reca a pregare la Madre di Dio. Il Crocifisso ligneo è venerato non solo dai Papi ma anche da tutti i Romani. Si narra che salvò Roma dalla peste. Il primo prodigio risale nel lontanissimo 23 maggio 1519. Un incendio distrusse completamente la chiesa, il Crocifisso invece, venne trovato tra la cenere fumante completamente intatto. Il secondo avvenne alcuni anni dopo e precisamente nel 1522. Roma era stata colpita dalla peste. E allora i Romani, ricordandosi che nella chiesa di San Marcello c’era un Crocifisso miracoloso, decisero di portarlo in processione per le vie della città fino alla Basilica di San Pietro. La processione durò lunghi 16 giorni dal 4 agosto sino al 20 agosto. Man mano che la processione avanzava lentamente anche la peste lentamente regrediva. Quando il Crocifisso al termine della processione rientrò in chiesa la peste era terminata e non c’erano più morti.