La vicenda dell’acqua sporca della provincia di Vibo assume connotazioni sempre più “ sorprendenti”.
Oggi 6 febbraio perviene un avviso di garanzia per l’ipotesi di reato di “omissione di atti d’ufficio” a 20 sindaci del Vibonese.
Secondo il Michele Sirgiovanni i sindaci avrebbero dovuto richiedere all'Azienda sanitaria provinciale un controllo sull'acqua che fuoriesce dalle fontane pubbliche dei rispettivi Comuni.
Un assunto che discende dal decreto lgvo 31 del 2001
Certo che la Sorical doveva fornire acqua potabile.
Certo che l’Arpacal doveva eseguire gli accertamenti sulla potabilità dell’acqua al punto di immissione nella rete gestita dal comune
Ma era altrettanto certo che i sindaci dovevano far effettuare all’Asp( od anche ad aziende private idonee) accertamenti atti a verificare la potabilità dell’acqua stessa al punto di erogazione .
Addirittura secondo il Ministero della Sanità( parere reso il 10/06/2004) “qualora vi sia motivo di ritenere che nella fase di trasporto dal contatore all'utenza le caratteristiche dell'acqua possano essere alterate, l'Amministratore non solo è tenuto a fare le verifiche del caso, ma soprattutto è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari a ristabilire i requisiti di potabilità”. Altroche!
Il problema discende proprio dall’ultime nota dell’Arpacal che parlava dell’eccesso di presenza di Cloriti , presenza che è figlia della disinfezione dell’acqua con biossido di cloro( se si ricorre all’ipoclorito si possono generale trialometani).
Insomma se la clorazione veniva fatta dalla Sorical non si riesce a vedere la responsabilità dei sindaci.
Se invece la clorazione avveniva( come normalmente avviene) nei serbatoi comunali, allo la responsabilità dei sindaci è totale e forse va anche oltre la semplice omissione di atti d’ufficio
Ed ecco l’elenco dei sindaci ai quali sono sati inviati avvisi di garanzia.
Pasquale Fera (sindaco di San Nicola da Crissa sino al maggio 2012);
Concetto Roda' (sindaco di Sant'Onofrio);
Francesco Bartone (sindaco di Soriano);
Giosuele Schinella (sindaco di Arena sino al settembre 2011);
Alfonsino Grillo (gia' sindaco di Gerocarne);
Paolo Crispo (ex sindaco di Gerocarne);
Sebastiano Catania (gia' sindaco di Gerocarne);
Antonino Mirenzi (sindaco di Vazzano sino al maggio 2012);
Francesco Andreacchi (sindaco di Simbario);
Rosamaria Rullo (gia' sindaco di Mongiana);
Abdon Servello (sindaco di Vallelonga);
Cosmo Tassone (sindaco di Brognaturo sino al maggio 2012);
Gabriele Corrado (sindaco di Dasa' sino al 2012);
Saverio Franze' sindaco di Stefanaconi sino al maggio 2012);
Antonio Minniti (sindaco di Fabrizia);
Giuseppe Barilaro (sindaco di Acquaro);
Sergio Cannatelli (sindaco di Sorianello);
Romano Loielo (sindaco di Nardodipace sino al dicembre 2011);
Raffaele Loiacono (gia' sindaco di Serra San Bruno);
Bruno Rosi (sindaco di Serra San Bruno).
Vibo Valentia. Se non fosse vero ( ma purtroppo lo è) ci si potrebbe ridere anche sopra, ma così non resta che piangere; e poi incazzarsi( non possiamo usare nessun eufemismo) e chiedere a gran voce che tantissimo se non tutto cambi in questa terra benedetta dal Signore e maledetta dai suoi abitanti.
Ecco l’altra verità che emerge.
Emerge dalla relazione pro verità (corredata dalla documentazione probatoria) consegnata, oggi pomeriggio 5 febbraio, dal direttore generale dell’Arpacal, dr.ssa Sabrina Santagati, a S.E. il Prefetto di Vibo Valentia, Dott. Michele di Bari, che presiede un apposito tavolo tecnico permanente sulla questione “Alaco”.
“Il 6 dicembre 2012 il personale dell’Asp di Catanzaro ha prelevato, su due punti dell’impianto in questione, altrettanti campioni che ha consegnato al laboratorio chimico del Dipartimento di Catanzaro Arpacal. L’esito delle analisi svolte dall’Arpacal recava chiaramente la non conformità dei campioni per la presenza dei cloriti oltre i limiti di legge (D.Lgs. 31/01 e s.m.i.) e per tali ragioni, in data 7 dicembre 2012, l’Arpacal ne comunicava i suddetti dati, tempestivamente e con la massima diligenza, agli uffici di Soverato dell’Asp di Catanzaro, competenti per territorio, a cui spettava attivarsi con le opportune azioni a tutela della salute pubblica. Già in quella data, con la suddetta condotta, l’Arpacal interveniva con la dovuta diligenza a tutela dell’ambiente e della salute collettiva, assolvendo pienamente i propri compiti istituzionali principalmente di prevenzione oltre che di protezione”.
Poi, prosegue la relazione : “L’Arpacal tiene a ribadire che sin dal 7 dicembre 2012 gli esiti delle analisi confermavano la presenza di cloriti in eccesso rispetto alla soglia consentita ex lege, e dunque prefiguravano la non potabilità dell’acqua”. Insomma l’acqua non era potabile.
Ma non basta, la relazione aggiunge che :“Successivamente, il 17 dicembre, l’Arpacal, adempiendo ai propri compiti istituzionali di controllo sugli enti gestori degli invasi e delle condotte idriche destinate alla potabilizzazione per il consumo umano, ha svolto un controllo sullo stesso impianto, il cui esito ha confermato il superamento dei cloriti, dovuto ad un eccesso di clorazione nel procedimento di potabilizzazione dell’acqua, e lo ha comunicato prontamente all’ente gestore Sorical”.
In sostanza l’acqua erogata non era potabile ma si è continuata ad erogarla. Ed ecco il resto della nota :“Vi è di più. L’Arpacal, infatti, ha ritenuto opportuno proseguire l’approfondimento tecnico-scientifico sui campioni prelevati il 6 dicembre 2012 dall’impianto dell’Alaco, sui quali permaneva l’eccesso di cloriti, e quindi la non potabilità. In questa ulteriore indagine veniva individuata una serie di componenti che, nella materia delle analisi per le acque potabili, non sono codificati dalla legislazione vigente: sono i cosiddetti “composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene”, anch’essi prodotti dall’eccessiva clorazione nel processo di potabilizzazione, ma non indicati dalla normativa di settore.
Il laboratorio chimico di Catanzaro, in data 28 gennaio 2013, trasmetteva il referto su tale approfondimento scientifico, indicando, per un mero errore materiale, sotto la voce “benzene” (che in realtà corrispondeva a zero) la sommatoria dei valori dei “composti aromatici alogenati derivanti dal benzene espressi come benzene”.
In sostanza l’Arpacal ammette l’errore ma sostiene di non avere comunque prodotto alcun danno alla salute umana. Semmai questo solo poteva derivare dal fatto che pur in presenza di eccesso di cloriti si continuava ad erogare l’acqua dichiarata non potabile della stessa Arpacal.
Ora tocca Seppure i suddetti valori non presentano la medesima pericolosità del benzene, persisteva comunque la non potabilità dell’acqua a causa della presenza dei cloriti sopra la soglia consentita ex lege, così come comunicata in data 7 dicembre 2012, che non avrebbe potuto escludere l’intervento delle autorità competenti a tutela della salute pubblica
Insomma gli uffici di Soverato dell’Asp di Catanzaro sapevano dal 7 dicembre , la Sorical sapeva dal 17 dicembre ma nessuno ha fatto niente.
La verità, quindi, è che tutto dipende dall’eccessiva clorazione segnalata dall’Arpacal. Ma sembra normale che i vibonesi per poter bere acqua inquinata sono costretti a bere anche cloro e suoi derivati?
Se questa è la Calabria ,voglio scendere !!!
Se non fosse, ahimè, purtroppo, vero, sembrerebbe una storia da film
L’Arpacal ( Azienda regionale per la protezione dell’ambiente – Calabria!) diffonde la notizia che nell’acqua del bacino dell’Alaco, sito a San Sostene e che serve 80 comuni del vibonese, c’è una presenza di benzene di 800 volte superiore ai parametri previsti per legge.
Il parametro stabilito dall’Unione Europea è pari a 1ppb (parti per bilione - microgrammi per litro). In sostanza la presenza di benzene sarebbe di 800ppb, cioè 800 microgrammi per litro.
Ora il benzene è una sostanza cancerogena riconosciuta. I più gravi effetti che si manifestano in caso di esposizione a lungo termine sono principalmente a carico del sangue. Il benzene danneggia il midollo osseo e provoca un calo del numero dei globuli rossi portando all’anemia. Può inoltre ostacolare la coagulazione del sangue e deprimere il sistema immunitario. Tra gli effetti a lungo termine rientra anche la leucemia.
Ed allora i sindaci emettono immediatamente apposite ordinanze che vietano il consumo dell’acqua potabile.
La gente viene rifornita da autobotti.
Qualcuno comincia a chiedersi perché i risultati del campione prelevato il 6 dicembre scorso ( 2012) siano stati partecipati all’Asp di Vibo soltanto il 28 gennaio, cioè 50 giorni dopo all’Asp di Catanzaro e questa solo 1 1 febbraio all’Asp di Vibo. E qualcuno comincia a chiedersi se questo ritardo possa avere creato problemi alla salute di chi ha bevuto questa acqua.
Troppe domande. Ed ecco che esce fuori un’altra verità! Si è trattato di un « un malaugurato errore di trascrizione nella comunicazione del rapporto di prova prot. 2587 del 28 gennaio 2013, la voce “Benzene” va sostituita con “Composti aromatici da benzene espressi come benzene”. Trattasi di composti non previsti dal decreto legislativo 31/01 e di conseguenza senza limiti di legge».
Una nota che il neocommissario dell’Asp di Vibo Maria Pompea Bernardi ha letto nel corso del vertice tenuto ieri , 32 febbraio 2013, all’Ufficio territoriale del governo e presieduto dal prefetto Michele Di Bari.
Ora i sindaci dovranno revocare le ordinanze di non potabilità dell’acqua.
Ovvia la domanda: chi è stato a cambiare la voce “Composti aromatici da benzene espressi come benzene” in benzene? Un impiegato amministrativo? Un tecnico? Se fosse un tecnico si impone che venga quantomeno riqualificato. Se fosse un impiegato amministrativo viene da chiedersi che istituto sia l’Arpacal dove un applicato amministrativo può cambiare la voce dell’analisi e quale credibilità a tal punto possono avere gli altri risultati dell’Arpacal.