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Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato stampa della Guardia Costiera di Vibo.

Prosegue l’attività di vigilanza sul demanio marittimo condotta dalla Capitaneria di porto, con particolare attenzione durante la stagione balneare, ma, con costanza, anche nei periodi di minore affollamento delle spiagge come quello attuale.

Nella giornata di ieri, 14 settembre, gli uomini della Capitaneria di porto di Vibo Valentia Marina e dell'Ufficio Locale Marittimo di Tropea, con l’ausilio del personale della Polizia municipale di Ricadi, hanno denunciato una persona che, sulla spiaggia di Grotticelle del comune di Ricadi, gestiva uno stabilimento balneare senza esservi autorizzata.

Il titolo legittimante l’occupazione dell’area demaniale marittima a ciò destinata, infatti, era stato revocato dal Comune di Ricadi lo scorso agosto, ma il gestore dell’attività continuava da allora a condurla, ignorando il provvedimento dell’Ente gestore.

Contestualmente alla denuncia all’Autorità Giudiziaria per il reato di abusiva occupazione di area demaniale marittima, i militari operanti hanno proceduto, inoltre, al sequestro di otto ombrelloni e venti tra lettini e sdraio.

Vibo 15 settembre 2017

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Per la provincia di Vibo si chiede un emendamento alla legge di stabilità del 2018 ed un intervento urgente ed inderogabile del Governo.

Andrea Niglia, presidente della Provincia di Vibo Valentia, nel corso della riunione dell’Unione delle Province d’Italia (Upi), tenutasi a Roma per la ripartizione dei 72 milioni di euro stanziati dal Governo agli Enti locali intermedi e alle Regioni, è intervenuto dicendo che:

«Il territorio vibonese sta vivendo, da diversi mesi, un vero e proprio dramma sociale con scuole che versano in condizioni critiche e strade ai limiti della percorribilità.

I dipendenti non vengono retribuiti ormai da sei mesi e questa situazione di ritardi significativi nell’elargizione degli stipendi si protrae da circa quattro anni.

Un intervento del Governo, per evitare che la situazione abbia risvolti ancora più drammatici, è a questo punto urgente e inderogabile».

Poi ha aggiunto «Nei nostri confronti incomincia ad esserci una seria attenzione da parte dell’esecutivo nazionale, così come testimoniano l’impegno preso, nei giorni scorsi, dal ministro dell’Interno Marco Minniti e l’interessamento del sottosegretario di Stato, Gianclaudio Bressa, che abbiamo incontrato, al dicastero degli Affari regionali, assieme al presidente dell’Upi regionale Enzo Bruno e al presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci.

Spero a questo punto che la sinergia istituzionale che come presidenti delle Province calabresi siamo riusciti a instaurare, venga ampliata e rafforzata dalla rappresentanza parlamentare calabrese, alla quale chiedo di perorare la nostra causa attraverso l’approvazione di un emendamento alla Legge di stabilità 2018, atto a risolvere in maniera definitiva i problemi della Provincia di Vibo.

Nei mesi scorsi ciò è avvenuto per la Provincia di Caserta e per alcuni enti locali intermedi della Sardegna.

Il mio auspicio è, pertanto, che anche nei nostri confronti il Governo nazionale attui delle misure risolutive che ci consentano di uscire dallo stato di default economico-finanziario, in maniera tale da ridare dignità lavorativa ai dipendenti e riuscire finalmente ad erogare, con continuità, servizi in grado di garantire strade e scuole sicure ai cittadini vibonesi»

Insomma lo Stato non può come al solito fare due pesi e due misure!

Caserta si e Vibo pure, dice Niglia.

Insomma perché le province devono essere salvate ed i comuni no?

Perché Amantea deve subire il dramma del dissesto e province ed enti intermedi devono essere salvati?

Che razza di giustizia distributiva si sta realizzando in Italia?

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Chapeau! Tanto di cappello, in italiano, di fronte all’articolo seguente che proponiamo ai nostri lettori!

“Rigettato il ricorso dell’ex assessore regionale avverso la decisione del Riesame di Catanzaro di confermare la misura decisa dal gip. Da giugno è passato ai domiciliari

Regge al vaglio anche della Cassazione l’impianto accusatorio messo in piedi dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Robin Hood”, scattata il 2 febbraio scorso per far luce sull’appropriazione dei fondi destinati al Credito sociale. La Suprema Corte ha infatti rigettato il ricorso del principale indagato dell’inchiesta, vale a dire l’ex assessore al Lavoro della Regione Calabria (ed ex consigliere regionale in quota Forza Italia) Nazzareno Salerno, 52 anni, di Serra San Bruno, che dal giugno scorso ha lasciato il carcere per gli arresti domiciliari.

La Suprema Corte su Nazzareno Salerno. Per i giudici della Cassazione, il ricorso di Salerno è da ritenersi infondato è infondato in quanto le doglianze difensive sono “volte a sollecitare una rilettura delle emergenze processuali, non consentita in Cassazione, dovendo la Corte di legittimità limitarsi a ripercorrere l'iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e l'insussistenza di vizi logici”.

In ogni caso, per la Cassazione il compendio argomentativo svolto dai giudici del Tribunale del Riesame di Catanzaro “si appalesa ineccepibile, avendo il Tribunale indicato specifici elementi obbiettivi sulla scorta dei quali ha ritenuto integrati a carico di Salerno i gravi indizi di colpevolezza in ordine alle diverse incolpazioni cautelari”. Secondo la Cassazione, con “motivazione ineccepibile il Tribunale calabrese ha esplicitato le ragioni per quali ha ritenuto provato che Salerno abbia abusato dei poteri derivanti dalla pubblica funzione ricoperta quale assessore della Giunta della Regione Calabria, esercitando i propri poteri discrezionali in violazione delle specifiche norme di legge indicate nell'imputazione, per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale con riguardo alla nomina del Comitato di Gestione per l'istruttoria delle domande del Credito Sociale, in luogo dell'impiego delle strutture interne”.

Argomentazioni simili pure “con riferimento alla contestazione cautelare di abuso d'ufficio in relazione all'assegnazione della gestione del Fondo del Credito Sociale all'ente Calabria Etica anziché a Fincalabra (più idonea allo svolgimento dell'incarico)”. Anche per la Cassazione, “Calabria Etica - cui appunto veniva affidata la gestione di progetto con la regia di Salerno - era del tutto priva delle caratteristiche necessarie per la gestione di tale attività e, soprattutto, veniva prescelta, in luogo della più idonea Fincalabra, nell'ambito di un disegno criminoso più ampio, e cioè ai fini del successivo affidamento dell'incarico per la materiale gestione del medesimo Credito Sociale alla Cooperfin” dell'indagato Ortensio Marano (imprenditore di Belmonte Calabro pure lui ai domiciliari). Nazzareno Salerno, “spalleggiato da Vincenzo Spasari e Gianfranco Ferrante”, avrebbe inoltre posto in essere una “condotta intimidatoria dal metodo mafioso nei confronti dell’allora direttore generale del Dipartimento Lavoro della Regione Calabria, Bruno Calvetta, il quale piegandosi ai diktat veniva indotto a nominare Vincenzo Caserta quale responsabile del progetto Credito Sociale”.

Dalla disamina dei flussi finanziari fra i conti del politico vibonese Nazzareno Salerno e della società al medesimo riferibile (la "Salerno Angelo Raffaele Costruzioni Generali" s.r.l.) ed i conti delle società Cooperfin e M&M (entrambe riferibili all’indagato Ortensio Marano), evidenziati dalle indagini della Guardia di Finanza, secondo la Cassazione “emerge per tabulas che il ricorrente Nazzareno Salerno riceveva una somma complessiva di circa 230 mila euro, immediatamente dopo il trasferimento delle somme del Fondo Sociale alla Cooperfin, senza causa lecita e, dunque, quale remunerazione del mercimonio della funzione pubblica”.

La tangente pagata a Salerno. I giudici della Suprema Corte sul punto sottolineano come i giudici della cautela hanno “ben chiarito che il tema non è se il finanziamento erogato da Cooperfin alla Salerno Angelo Raffaele Costruzioni Generali s.r.l. e se i conseguenti pagamenti a restituzione del prestito fossero reali e non fittizi, bensì che detta operazione di finanziamento nonché gli apporti di capitale della società M&M di Ortensio Marano in favore della società del Salerno siano stati costruiti ad arte quale copertura del pagamento di una tangente”. Inoltre, secondo la Cassazione, “la condotta corruttiva in oggetto costituisce non un episodio isolato, bensì un segmento di un disegno criminoso di più ampio respiro, che prendeva le mosse anche dalla scelta dei componenti del Comitato di Gestione per l'istruttoria delle domande degli aspiranti al progetto Credito Sociale”.

Le assunzioni a Calabria Etica a ridosso delle elezioni. Reggono altresì per la Cassazione le argomentazioni dei giudici del Riesame di Catanzaro in ordine alla “proliferazione delle assunzioni nella Fondazione Calabria Etica a ridosso delle elezioni per il rinnovo degli organi di governo della Regione Calabria alle quali Nazzareno Salerno concorreva quale candidato, ed in ordine alle assunzioni "anomale" ed alle pressioni esercitate in tale senso dallo stesso Salerno”.

Il politico vibonese al vertice di un sistema criminale. Per i giudici della Suprema Corte, quindi, nel caso di Nazzareno Salerno ci si trova dinanzi ad una “pluralità di gravi condotte criminose da parte di un soggetto posto al vertice di un sistema criminale allarmante nel quale la funzione pubblica veniva asservita alla realizzazione di interessi personali".

Tutte le doglianze difensive di Nazzareno Salerno concernenti la mancata adozione di una misura più gradata sono state infine ritenute dalla Cassazione “assorbite dall'intervenuta sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari”.

Da Il Vibonese 26 Agosto 2017 giuseppe baglivo

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