Intanto il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Luigi Renzo ha revocato il decreto di culto emesso nel 1999
Sempre il vescovo Renzo ha imposto diversi divieti ed ha emesso l’obbligo di attenersi alle nuove disposizioni
Praticamente il vescovo Renzo ha disposto la revoca del decreto di religione e di culto data anni fa dall’allora vescovo Domenico Cortese.
Una presa di posizione drastica che fa sì che all’interno della Fondazione sia da oggi stesso vietato:”
Organizzare pubbliche attività di religione e di culto di qualsiasi natura, dentro e fuori la sede; di utilizzare per qualsiasi attività di pastorale e culto pubblico la chiesa “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, non ancora consacrata;
-raccogliere offerte in eventuali pubbliche celebrazioni liturgiche che, in ogni caso, dovranno organizzarsi solo ad opera della parrocchia “Santa Maria degli Angeli” in Paravati, unica ad essere titolata per qualsiasi attività di religione e culto (processioni, sante messe, e quant’altro) nel proprio territorio;
-conservare il Santissimo Sacramento e di celebrare la santa messa nella casa per anziani “Monsignor Pasquale Colloca”, compresa l’annessa aula polifunzionale, revocando ogni facoltà precedentemente concessa”.
Sembra che tutto sia nato dalle recenti disposizioni di Papa Francesco “Maiorem ac dilectionem” (11 luglio 2017) in cui, all’articolo 36, è stabilito che sono proibite nelle chiese le celebrazioni o i panegirici sui "servi di Dio", la cui santità di vita è tuttora soggetta a legittimo esame.
Ma anche fuori dalla chiesa bisognerà astenersi da quegli atti che potrebbero indurre i fedeli a ritenere a torto che l’inchiesta, fatta dal vescovo sulla vita e sulle virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del Servo di Dio, comporti certezza della futura canonizzazione dello stesso Servo di Dio”.
Un chiaro riferimento a Natuzza Evolo, di cui è in corso la causa di canonizzazione.
Nel decreto di revoca, monsignor Renzo sottolinea che entro 30 giorni dalla data di oggi provvederà a trasmetterlo al Ministero dell’Interno per gli opportuni adempimenti civili, alla Nunziatura in Italia e alla Segreteria di Stato Vaticano, “già coinvolte nella vicenda, e infine alla Segreteria Generale della Cei “per la dovuta informazione”.
Intanto per evitare la scomunica a divinis del vescovo re sacerdoti si sono dimessi
Parliamo di don Pasquale Barone, padre Michele Cordiano e don Francesco Sicari.
Don Pasquale Barone e padre Michele Cordiano sono stati per decenni vicini a Natuzza Evolo, la mistica con le stigmate morta nel giorno di ognissanti del 2009 a cui la Fondazione si ispira, il terzo è invece giunto a Paravati solo un paio di anni fa, per rivestire l’incarico di parroco di “Santa Maria degli Angeli” proprio al posto di don Barone.
A paravati ora si attende l’arrivo della Congregazione dei Padri Rogazionisti
I parroci sono costretti alla obbedienza, ma cosa ne penseranno i fedeli?
Un calabrese ex docente dipendente dell’Istituto Superiore di Codogno e dell’Istituto Merli - Villa Igea di Lodi, nel periodo dal settembre 2011 al febbraio 2017, aveva totalizzato oltre 1500 giornate di assenza (fra malattia, congedo biennale per assistenza a familiare e aspettativa per motivi familiari), coincidenti, praticamente, con gli interi periodi di lezione dell’anno scolastico.
In realtà, anche grazie ad una attività di osservazione e pedinamento svolte in Calabria, si è scoperto che l’ex docente svolgeva in Calabria prevalentemente l’ attività di avvocato.
All’esito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Lodi, si appurava che, negli oltre 5 anni oggetto d’indagine, l’interessato aveva partecipato a circa 250 udienze presso il Tribunale di Vibo Valentia, a 123 udienze presso il Giudice di Pace dello stesso luogo ed a 3 udienze al Tar di Catanzaro, negli stessi periodi in cui egli risultava assente per malattia od altro titolo.
E così la Compagnia della Guardia di Finanza di Lodi ha proceduto alla notifica di un’ordinanza di arresti domiciliari - emessa dal gip al Tribunale di Lodi per finalità cautelari su richiesta della locale Procura della Repubblica - nei confronti di Alfredo Mercatante, di San Costantino Calabro.
La continua attività forense nei periodi di presunta malattia o di assenza a diverso titolo veniva, altresì, confermata dalle risultanze di documentazione amministrativo-contabile, quali agende, documenti attestanti trasferte e spese di viaggio, rinvenute e sottoposte a sequestro nello studio legale di pertinenza del professionista.
Nel complesso, si reperivano elementi per sostenere un utilizzo strumentale di certificati medici di dubbia attendibilità: sugli stessi, infatti, veniva apposta come diagnosi “lombosciatalgia acuta”, patologia che dovrebbe esaurirsi in un mese al massimo, mentre, nel caso di specie, persisteva da vari 5 anni.
Inoltre, l’avvocato, sia durante i periodi di assenza per malattia che durante il ricorso al congedo biennale per l’assistenza al padre, risultava aver effettuato numerosi spostamenti sull’intero territorio nazionale per fare fronte agli impegni assunti come legale.
Paolo FIORELLO, 36 anni maresciallo la Stazione dei carabinieri di Pizzo Calabro si è sparato con un colpo di pistola nel suo ufficio.
Stamattina incontro davanti al bar dei Cappuccini un amico carabiniere che, addolorato, mi dice: “E’ una notizia di un’ora fa. Il comandante della stazione di Pizzo si è sparato un colpo di pistola alla testa”
Poi mentre si allontanava si è lasciato sfuggire tutta la sua tremebonda amarezza sussurrando “ E noi facciamo sfilate a cavallo”
Avrei voluto pensarle e dirle io queste parole che sembrano il segno della solitudine nella quale versano probabilmente tutte le forze dell’ordine, ma soprattutto, penso, i carabinieri.
Poi leggiamo che “Ha raggiunto la caserma, ha varcato la porta del suo ufficio, ha estratto l’arma d’ordinanza e ha premuto il grilletto. Ha deciso così di porre fine alla sua giovane vita il comandante della Stazione di Pizzo Paolo Fiorello: aveva soli 36 anni. Dal 2011 era al comando dei carabinieri di Pizzo. Sotto la sua guida sono state messe a segno diverse operazioni che hanno fatto sentire sempre più al sicuro la città turistica vibonese. Comunità che oggi si sente orfana di un figlio.
Conosciuto e ben voluto, il comandante Fiorello partecipava a tutte le iniziative sociali e culturali. Il 5 giugno scorso, durante la festa dell’Arma, aveva ricevuto dal comandante regionale un encomio per avere arrestato un malvivente mentre stava tentando una rapina in una tabaccheria. L’insano gesto poco dopo le 8.
Uno sparo chiaramente udito dai colleghi che erano in caserma.
Subito accorsi al piano terra dell’edificio, hanno trovato il loro comandante con il capo chino e ancora l’arma in pugno.
Una scena drammatica anche ai medici del 118 che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso del sottufficiale.
In contrada Sant’Antonio si sono precipitati il comandante provinciale Gian Filippo Magro e il capitano della Compagnia di Vibo Piermarco Borettaz.
Sul posto anche il medico legale per i rilievi. Intanto la Procura di Vibo Valentia ha aperto un fascicolo d’inchiesta per chiarire ogni aspetto di una tragedia che al momento non ha un perché e che lascia senza parole.
Appresa la notizia il sindaco Pizzo Gianluca Callipo ha espresso il suo cordoglio anche a nome della città.«La comunità di Pizzo è sconvolta dalla notizia della morte del maresciallo Paolo Fiorello - ha scritto il primo cittadino -. Notizia che ho appreso mentre sono lontano da Pizzo per impegni istituzionali legati alla mia attività in Anci. Tutti noi avevamo grande rispetto, stima e affetto per questo giovane servitore dello Stato che ha sempre interpretato il suo ruolo con umanità e autentico senso del dovere.
La disponibilità e l’efficienza del comandante Fiorello - ha aggiunto Callipo - ne facevano un punto di riferimento imprescindibile per i cittadini e l’amministrazione comunale, con la quale c’è sempre stato un rapporto di grande sinergia. La sua scomparsa rappresenta dunque una grande perdita per l’intera città, letteralmente annichilita da questa tragica notizia».
Quindi il primo cittadino conclude: «A nome dell’intera cittadinanza, porgo le più sentite condoglianze ai familiari del maresciallo Fiorello, ai Carabinieri della Stazione di Pizzo, al comandante della Compagnia di Vibo Valentia, il capitano Piermarco Borettaz, e al comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Gianfilippo Magro».
Parole che il caso impone, parole anche inutili.
Nessuno ci piegherà il perché, quello che il giovane comandante ha passato nei suoi silenzi fino al momento dello sparo.
Occorre intervenire per tempo. Prima che succedano queste disgrazie facendo costanti intervento preventivi di specifici specialisti.
Le nostre forze dell’ordine sono lo STATO, basta allora con questo suicidi che possono essere sicuramente il segno che qualcosa non va.