Se lo avessero saputo i genitori che hanno avviato i propri figli da soli a rischio di annegare nel Mediterraneo che nei centri di accoglienza non avrebbero avuto nè riscaldamenti e nè acqua calda non li avrebbero certo mandati in Italia.
Speriamo che non lo vengano a sapere, diversamente non arriverà più nessuno da noi!…
Ma come è possibile ci chiediamo che questi ragazzi non abbiano in Italia nemmeno quello che hanno nelle loro patrie?
Sulla vicenda interviene il Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza della Regione Calabria, Antonio Marziale, che ha ricevuto una segnalazione da parte degli attivisti della Campagna LasciateCIEntrare
Il Garante è preoccupato della "mancanza di acqua calda e di riscaldamenti nei centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati anche per le temperature rigide di questi periodi dell'anno".
E Marziale informa "La segnalazione che mi è pervenuta riguarda anche ritardi o mancate erogazioni del pocket-money, abusi e soprusi da parte di operatori, vestiti inadeguati per il periodo (alcuni portano addosso ancora quelli indossati al momento dello sbarco), cibo di scarsa qualità e mancata nomina del 'tutore', segnatamente nei centri di Brognaturo, Mongiana, Joppolo così come a Filadelfia e a Bivona.
A fronte di tale denuncia – dichiara il Garante- ho immediatamente intrapreso un percorso di verifica affidando al coordinatore della mia Consulta sui MSNA, Maurizio Alfano, il compito di affiancarmi in questa azione e, al tempo stesso, ho attivato un confronto con la prefettura di Vibo Valentia considerato che le denunce non sono di poco conto, soprattutto laddove si parla di abusi e soprusi da parte di operatori.
E' mia intenzione inoltre chiedere ai prefetti delle cinque provincie calabresi – conclude il Garante- una mappatura esatta dei centri dislocati su tutto il territorio e del numero degli ospitati".
NdR Noi chiediamo a Marziale di avere lo stesso interessamento per i tantissimi bambini calabresi che parimente non hanno in casa il riscaldamento e forse nemmeno l’acqua calda.
E chiediamo alla Prefettura di disporre immediatamente le necessarie verifiche che laddove positive devono portare alla interruzione del contratto di gestione dei centri di accoglienza.
La Chiesa pretende obbedienza ! Forse da qui la evoluzione verso la liquidazione della fondazione di Natuzza, un fenomeno di religiosità sociale “ auto organizzata” verso la quale è stata posta la attenzione della istituzione ed oggi le frizioni di cui al presente articolo:
“Dopo il presidente Colloca lasciano altri cinque membri.
La commissione conciliatrice, nel frattempo, rinnova il suo sostegno al vescovo Luigi Renzo
Non fanno presagire nulla di buono le recenti dimissioni interne al Consiglio d’amministrazione della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati.
Nel giro di pochi giorni, a lasciare sono stati il presidente Marcello Colloca, Domenico Antonio Crupi e Mario Cortese, ma anche i tre componenti del collegio dei revisori.
In particolare, il passo indietro dei tre membri del direttivo fa chiaramente intendere che all’interno dell’Ente, nato su input di Natuzza Evolo per la realizzazione della “Villa della Gioia”, continuano a prevalere i “falchi”, coloro che sin dall’inizio, in sintonia con lo zoccolo duro (laico e non), hanno posto ostacoli alle riforme dello statuto richieste dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea Luigi Renzo in vista della consacrazione della “Grande chiesa”.
Sia Colloca (subentrato alla presidenza a don Pasquale Barone, costretto insieme al tesoriere padre Michele Cordiano a dimettersi dal vescovo all’indomani del voto contrario dell’assemblea dei soci fondatori), sia Crupi e Cortese, infatti, si erano spesi sin dall’inizio per cercare di dirimere la questione e di salvare il salvabile.
Il prossimo 20 gennaio l’assemblea dei soci fondatori sarà chiamata a cercare di ricomporre i cocci di quel che è rimasto in seno al direttivo dall’inizio dello scontro tra Diocesi e Fondazione a oggi. Nello specifico, ad eleggere ben 7 membri su 10, visto che oltre alle dimissioni dei 5 già menzionati bisogna aggiungere quelle precedenti dello stesso monsignor Renzo e dell’ex parroco di Paravati don Francesco Sicari.
Nelle ultime ore, nel frattempo, la commissione nominata dalla Conferenza episcopale calabra per aiutare a ricomporre ecclesiasticamente il cammino dell’Ente, composta dai vescovi Salvatore Nunnari, Francesco Oliva e Leonardo Bonanno, ha rinnovato pieno sostegno al titolare della Cattedra miletese.
La Chiesa, dunque, rimane ferma sulla richiesta di riforma dello Statuto, pur nella convinzione che bisogna cercare di evitare soluzioni estreme.
Se sino a pochi giorni fa si poteva parlare di fase di stallo, dopo gli ultimi avvenimenti non si sbaglia a dire che la situazione sta precipitando. Sullo sfondo rimane il popolo dei devoti della mistica sparso per il mondo, i figli naturali, pronti a trasferire la salma di “Mamma Natuzza” dalla cappella della Casa per anziani “Monsignor Pasquale Colloca” al locale cimitero qualora non si arrivasse a una soluzione celere della vicenda, la possibilità che monsignor Renzo decida di procedere definitivamente alla revoca del decreto di religione e di culto alla Fondazione e, viste le scadenze economiche per la costruzione della “Villa della Gioia” a cui ottemperare, lo spauracchio della messa in liquidazione dello stesso Ente morale.
Il Vibonese Giuseppe Curra' 30 Dicembre 2017 22:16
Si è conclusa dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (Alberto Filardo presidente, a latere i giudici Graziamaria Monaco e Raffaella Sorrentino) la requisitoria del pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, nel processo nato dall’operazione “Purgatorio” che vede imputati l’avvocato Antonio Galati e gli ex vertici della Squadra Mobile di Vibo, Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò.
Per l’avvocato Galati il pm ha chiesto la condanna a 7 anni e 8 mesi di reclusione (è accusato di associazione mafiosa),
per Maurizio Lento la richiesta di pena ammonta a 6 anni di reclusione (è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa),
mentre per Emanuele Rodonò la richiesta di condanna è di 6 anni e 6 mesi (è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e rivelazione di segreti d’ufficio).
L’operazione “Purgatorio” è scattata nel febbraio del 2014 con gli arresti dei tre imputati, successivamente scarcerati per affievolimento delle esigenze cautelari.
L’inchiesta è stata condotta dall’allora procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli (attuale procuratore aggiunto a Napoli) e dall’alllora pm della Dda catanzarese, Simona Rossi.
L’accusa in aula è stata poi rappresentata dal pm Camillo Falvo a cui è subentrata la collega Annamaria Frustaci.
Un processo lungo e con al centro diversi episodi ricostruiti dagli inquirenti (carabinieri del Ros di Catanzaro principalmente, ma anche Squadra Mobile di Catanzaro) attraverso una serie di intercettazioni ambientali nell’auto dell’avvocato Antonio Galati e nel casolare di Limbadi del boss Pantaleone Mancuso (cl. ’47), deceduto in carcere nell’ottobre del 2015 e cliente dell’avvocato Galati.
Per le parti civili, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell`Interno, il Comune di Limbadi e la Regione Calabria hanno presentato delle note scritte.
Assente la parte civile Provincia di Vibo Valentia.
Si tornerà in aula il 7 febbraio per la discussione della difesa dell'avvocato Galati.
Al termine della requisitoria il pm Annamaria Frustaci ha anche chiesto al Tribunale la trasmissione al suo ufficio della deposizione di Vincenzo Barba, 31 anni, di Vibo Valentia, per procedere nei suoi confronti per il reato di falsa testimonianza.
Vincenzo Barba è figlio di Franco Barba, già condannato in via definitiva nel processo "Nuova Alba" quale esponente del clan Lo Bianco-Barba