Un tramonto, percorrendo in auto una strada della mia terra, la Calabria insieme all’amico Perego.
Non eravamo sicuri del nostro itinerario e fu un sollievo incontrare un vecchio pastore.
Fermammo l’auto e chiedemmo informazioni ma le sue indicazioni erano tutt’altro che chiare, gli offrimmo di salire in auto per accompagnarci sino al luogo giusto, a pochi chilometri di distanza: poi lo avremmo accompagnato al punto in cui lo avevamo incontrato.
Lui decise che non era il caso di avventurarsi in macchina con due sconosciuti.
Ci fermammo in una stazione di servizio a prendere un caffè e ripartire alla ricerca del gommista che interessava a Perego. Lo trovammo dieci minuti più tardi. Perego scese e si mise a parlare con il proprietario mentre io rimasi all’interno della macchina.
“ Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita” Jack Kerouac.
Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse del luogo dov’ero nato, pensai ch’era più divertente viaggiare e vedere le parti del mondo a me sconosciute. Era anche un modo per scacciare la malinconia e di regolare il tempo.
Ogni volta che m'accorgevo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scendeva come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgevo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di stare a guardare i funerali che incontravo, e specialmente ogni volta che il malumore si faceva tanto forte in me che mi occorreva un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in strada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decisi che era tempo di mettermi in viaggio al più presto e di nuovo.
Qual era la verità che si nascondeva dietro l'irrefrenabile desiderio di muovermi?
E cosa dire del viaggiatore, spirito errante eternamente insoddisfatto, capace di viaggiare attraverso il tempo, nella memoria perenne come in un attimo sfuggente, in uno spazio chiuso eppure senza confini.
Cosa mi spingeva a quest’opera mutevole come poteva essere un pensiero e un debole respiro?
Perché, si dirà, non è forse tutta la vita un breve viaggio verso una meta oscura?
A che giovava viaggiare per dover tornare, muoversi e ritrovarsi poi sempre allo stesso punto?
Più scendevo in profondità e invece che trovare una risposta, accumulavo solo altre domande.
Perché viaggiare, dicevo a me stesso, era in fondo uno stato dell’animo, a cui non si poteva chiedere ragione della sua esistenza, esiste perché noi esistiamo.
Dal momento in cui nasciamo, fino a quello in cui moriamo, ognuno di noi effettua dei cambiamenti, sia fisici che mentali, che formano il nostro carattere e il nostro modo di essere: questo è quello che accade in un viaggio "normale", perché ogni volta che viaggiamo nel senso che ci spostiamo fisicamente verso un altro luogo, volenti o nolenti ci tocca confrontarci con gli altri e anche con noi stessi, con le nostre capacità: ad esempio, se si va in un paese straniero bisogna confrontarsi con lingua e culture nuove, e questo ci cambia interiormente anche se noi non ce ne accorgiamo subito.
Anche la vita funziona in questo modo: ci si imbatte in persone e situazioni diverse, con le quali dobbiamo confrontarci.Viaggiare, spostarsi da un luogo all’altro è dunque radicato nell’inconscio collettivo dell’uomo; è un sedimento primitivo e come tale va integrato se si vuole recuperare in noi il senso stretto dell’esistenza.
L’umanità ha assistito nel corso della storia per secoli a migrazioni di massa e di popoli per i vari continenti ed è impensabile che tutto ciò non abbia lasciato traccia nella comune memoria collettiva profonda. Ritagliarsi uno spazio da dedicare al viaggio, nella moderna società occidentale, oramai del tutto stanziale, rappresenta il minimo tributo da versare alle tracce un vuoto nei ricordi della memoria, della nostra iniziale, oggi inconscia, condizione di esseri itineranti.
L’impulso a viaggiare è irrefrenabile, fa parte della natura umana, è una passione che divora e arricchisce allo stesso tempo, come il desiderio della felicità. Gli dei mettevano alla prova gli uomini: inizialmente fecero sorgere in loro il desiderio di andare, poi li misero di fronte a innumerevoli difficoltà, quasi a voler ribadire la piccolezza dell’uomo in confronto al potere degli dei; gli eroi dovevano dunque lottare, difendersi, affrontare le prove, sopportare le difficoltà: ecco da dove nasce l’antico concetto di viaggio come sofferenza. Sentii la voce di Perego che mi invogliava a svegliarmi.
Gli risposi citando l’inizio di una vecchia storia: “Di colui che vide ogni cosa…” così inizia la saga di Gilgamesh, uno dei più meravigliosi poemi dell’antichità.
Era ora di riprendere il viaggio verso casa dopo una lunga giornata passata sulle strade calabresi. La persona che parte per un viaggio, non è la stessa persona che torna e non solo perché ha imparato cose nuove, fatto esperienze, visto un mondo di cui prima non conosceva, se non vagamente, la realtà, ma perché il viaggio lo ha, letteralmente, plasmato: “Il viaggio non soltanto apre la mente: le dà forma”.
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Fino ad ieri sapevo che si potesse morire per vecchiaia, per malattia, per incidente, ma non per fatica nei campi.
Fino ad ieri, invece oggi so anche che gli uomini e le donne possono anche essere ammazzati per il lavoro eccessivo.
Quello che sto per raccontarvi, amici lettori di Tirreno News, non è una storia inventata
o una fake news come si dice oggi, è purtroppo una storia vera.
E’ la storia di una donna di 49 anni, Paola Clemente, (nella foto con il marito) morta di fatica il 13 luglio del 2015 mentre lavorava nei campi di Andria, nella azienda agricola “Perrone”.
Era addetta alle operazioni di acinellatura dell’uva per avere certamente inalato quantità massicce di fitofarmaci.
Toglieva gli acini dell’uva più piccoli.
Lavoro molto faticoso, doveva stare sempre in piedi e con le mani alzate.
Lavorava più di 12 ore al giorno, senza calcolare le due ore per il viaggio di andata e ritorno da casa al posto di lavoro, per 27 euro complessivi.
Salario troppo basso, due euro ad ora.
E’ una vergogna.
Dopo la morte della donna e dopo due anni di indagini finalmente è stata fatta giustizia.
La Procura della Repubblica di Trani aveva aperto una inchiesta e l’altro giorno, finalmente, sei persone sono state arrestate per intimidazione illecita e sfruttamento del lavoro.
E’ stato arrestato il responsabile dell’agenzia interinale per la quale la donna lavorava e i suoi dipendenti, il titolare dell’agenzia di trasporto.
E’ finita agli arresti domiciliari anche una donna di 47 anni che secondo i magistrati reclutava le lavoratrici da spedire nei campi in condizioni disumane.
Venivano sfruttate e pagate come abbiamo visto una miseria.
Erano costrette ad accettare qualsiasi forma di ricatto pur di non perdere il posto di lavoro, perché c’erano il mutuo e le bollette da pagare e i figli da sfamare.
Dice il marito:-
Erano soldi sicuri.
Erano indispensabili.
Ci permettevano di campare-.
Ma c’è di più.
Non solo venivano truffate le donne, ma anche l’INPS, perché nella busta paga c’erano differenze enormi tra i soldi dichiarati e quanto effettivamente percepiti dalle lavoratrici.
Molte giornate lavorative non venivano contabilizzate.
Il compenso pattuito era di 86 euro al giorno, invece ne percepivano solo un terzo.
La storia di Paola apre una finestra sugli schiavi invisibili presenti nel nostro paese.
L’ex datore di lavoro è finito pure lui in manette per sfruttamento, primo caso in Italia, per il reato di caporalato.
Speriamo che da oggi in poi le cose in Italia possano davvero cambiare e restituire dignità a tutti i lavoratori e alle lavoratrici che lavorano nei campi addetti alla raccolta dell’uva, dei pomodori, degli agrumi e degli ortaggi in Puglia come anche nella nostra Calabria specialmente nella Piana di Sibari e di Gioia Tauro.
By Francesco Gagliardi
Rallentano le erogazioni dei prestiti, complice anche una flessione nelle richieste: i dati dell’Abi mostrano però ancora un certo squilibrio tra i prestiti erogati e la raccolta di risparmio tra la clientela. Al termine del 2016 tra il volume dei finanziamenti e quello della raccolta del risparmio si è verificato uno squilibrio di 140 miliardi, con i primi nettamente superiori ai secondi.
In termini relativi, sempre secondo il rapporto pubblicato mensilmente dall’Abi, a Gennaio 2017 complessivamente i prestiti soddisfatti dalle banche sono aumentati dell’1,1%. Si tratta però di un dato aggregato, che cumula i finanziamenti erogati ai privati con quelli aziende. Se si confronta questa percentuale con quella elaborata dai vari comparatori online, si nota però che gran parte delle ricerche online e delle richieste usando siti specializzati come nel caso di un preventivo prestito EspertoPrestiti o simili, non trova seguito non dando luogo ad alcuna richiesta formale.
Il dato che però preoccupa un po’ di più è quello relativo all’andamento dei tassi che coinvolge soprattutto il comparto dei mutui. Infatti vediamo che, anche se non si registra una contrazione delle concessioni dei mutui, ma al contrario si rileva ancora una crescita (inferiore al 2%), si denota un certo aumento del tasso di interesse che passa dalla media del 2,02% al 2,10%. Questo incremento è da imputare soprattutto alla risalita dei tassi di riferimento di quelli a tasso fisso, che costituiscono anche i due terzi dei mutui sottoscritti oggi.
Tuttavia non si rilevano solamente aumenti: i tassi sui prestiti a privati sono ancora scesi, ed infatti si è arrivati ad un nuovo punto di minimo storico, pari a 2,85%. Invece i tassi sui finanziamenti alle aziende tendono ad aumentare leggermente passando dall’1,44% all’1,45% ma la variazione al momento è abbastanza insignificante. Positivo invece il dato sulla discesa delle sofferenze bancarie, che tornano a calare, dopo la risalita record dell’ultimo trimestre del 2016 che aveva fatto preoccupare gli analisti.