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Francesco Gagliardi

Nato in San Pietro in Amantea.
Insegnante elementare in pensione. Ex coordinatore provinciale per l'insegnamento delle lingue straniere nelle scuole elementari.
Ha frequentato l'Università Statale dell'Alabama U.S.A. Ha combattuto in Korea con U.S. Army.
Corrispondente del giornale "Il Popolo", "Giornale d'Italia", "Il Quotidiano di Roma" ora "Avvenire".
Suoi articoli sono stati pubblicati da "Oggi Famiglia", "Calabria Ora", "il Quotidiano", "Mezzoeuro", "La Provincia", "Idee per la sinistra", "Iniziativa". Consigliere comunale dal 1964 al 1970. Assessore e Vice Sindaco dal 1975 al 1985.
Ha pubblicato: Storia di San Pietro in Amantea; La Santona; Nell'Inferno di Korea; Viaggio nella memoria; Dolci e antichi ricordi; La valigia dei sogni; Paese di Maria e della Comunicazione; S.Pietro tra Storia, storie, leggende e attualità; Paese in lenta agonia.

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Multato perche' fa pulire una piazza dalla neve

Giovedì, 09 Febbraio 2017 18:40 Pubblicato in Italia

Cos’ è pazz direbbero a Napoli ed invece è vero.

Ce lo riferisce Francesco Gagliardi sempre attento a quello che succede nella nostra pazza “Itaglia”.

 

L’ultima trovata italiana, multato un imprenditore edile perché a proprie spese fa pulire la piazza principale della sua città dalla neve caduta copiosa in queste ultime settimane.

 

Quello che sto per raccontarvi è una storia vera e non il frutto della mia fantasia.

Anche queste cose assurde, purtroppo, accadono ancora nella nostra Italia.

Nella città abruzzese, la caratteristica e famosissima Sulmona, nelle scorse settimane è caduta tanta neve da coprire ogni cosa rendendo vie e piazze inagibili.

 

Un imprenditore che ama molto la sua città, stufo di vedere la bella piazza principale di Sulmona invasa dalla neve e dalla spazzatura, ha deciso da solo, senza informare le autorità, il Sindaco, i Vigili Urbani, di pulirla a proprie spese.

La neve da bianca e bella soffice che era ben presto, per la temperatura calata al di sotto dello zero gradi, era diventata grigia e ghiacciata, che avrebbe potuto causare gravi danni alla popolazione. Che fare?

 

Lasciare le cose così come stanno o fare qualcosa per la sua città?

Informare il Sindaco?

 

Avrebbe detto certamente di no.

Alla pulitura delle strade e delle piazze ci sono i netturbini, pardon gli operatori ecologici.

Non ha detto niente a nessuno.

Non ha preso pale, badili, picconi, scope e ramazze, ma ha fatto confluire alcuni mezzi pesanti sulla Piazza XX Settembre chiusa la traffico e interdetta.

Alcuni operai, da lui pagati, hanno poi incominciato a ripulire la piazza e in un’ora l’hanno riportata al suo antico splendore.

Non lo avesse mai fatto.

 

I Vigili Urbani prontamente accorsi lo hanno subito multato di 100 euro, ma non lo hanno fermato.

Il Sindaco, invece di ringraziarlo, lo ha severamente redarguito e punito.

Bisogna rispettare le leggi.

Il Sindaco sono io.

Qui comando io.

 

Io devo dare l’ordine di fare sgomberare la neve dalla piazza e non un cittadino qualsiasi anche se dotato di buone intenzioni.

L’Imprenditore si è giustificato dicendo che non è stata una forma di protesta, il Sindaco è il Sindaco e bisogna rispettarlo, ma una forma di rispetto verso la sua città, la bella Piazza XX Settembre, ma soprattutto verso la Statua del grande poeta latino Publio Ovidio Nasone che si trova al centro della Piazza completamente ricoperta di neve nauseabonda.

 

Ovidio è conosciuto in tutto il mondo, quest’anno si festeggia il bimillenario della sua morte, e l’imprenditore ha voluto così fare un’opera buona e meritevole: togliere la neve che lo ricopriva completamente.

Se ciò fosse capitato in un’altra città normale, in un’altra nazione normale e civile certamente quell’imprenditore sarebbe stato elogiato e premiato, da noi, invece, non solo è stato severamente redarguito ma anche multato, perché non ha rispettato le procedure burocratiche e il divieto che c’è nella piazza interdetta ai mezzi pesanti.

Ci sono delle regole, quindi vanno rispettate.

E la neve?

Quella può restare in Piazza, si scioglierà da sola all’arrivo delle belle giornate.

 

Francesco Gagliardi

Anche Cosenza è finita nelle prime pagine dei giornali per colpa dei furbetti del cartellino i quali invece di andare a lavorare o essere sul posto di lavoro, trascorrevano le ore a giocare alle slot machine,

 

accompagnavano i figli a scuola e poi si recavano a casa a sbrigare le loro faccende personali, a fare la spesa al supermercato, invece di curare gli ammalati.

 

Finanche il TG nazionale delle ore 13,30 ne ha dato notizia definendo il fatto gravissimo.

I blitz dei Carabinieri, gli arresti, le condanne di decine e decine di dipendenti pubblici infedeli in diverse città italiane non hanno scoraggiato questi dipendenti assenteisti nella Azienda Sanitaria provinciale di Rogliano, in provincia di Cosenza.

Ricordate i furbetti di Sanremo?

Centinaia di dipendenti furono sospesi dopo l’inchiesta della Guardia di Finanza e accusati a vario titolo di truffa aggravata e falso.

Tra di loro c’era il Vigile Urbano che timbrava in mutande la cui immagine fece il giro del mondo ed è diventato il simbolo degli scansafatiche sbeffeggiato su tutte le reti televisive italiane.

Purtroppo la timbratura del cartellino è tornata di moda anche da noi e precisamente nella città di Rogliano.

Assenteisti a Rogliano, così ha avuto inizio il TG regionale della Calabria delle ore 14,00.

Medici e dipendenti indagati e sospesi timbravano col trucco per lavorare meno.

Il blitz dei Carabinieri è scattato questa mattina dopo giorni e mesi di indagini.

Sono state eseguite 18 misure cautelari, 4 sospensioni e 14 obblighi di presentazioni alla polizia giudiziaria emesse dal Gip del Tribunale di Cosenza.

L’operazione è stata chiamata “All walking” (Tutti in cammino).

Tutti i dettagli dell’operazione sono stati resi noti nella conferenza stampa delle ore 10,30 presso la Procura della Repubblica di Cosenza alla presenza del Procuratore Capo, dottor Mario Spagnuolo.

Sulla triste e squallida vicenda è intervenuto il Sindaco di Rogliano Sig. Altomare Giovanni il quale vuole difendere a tutti i costi l’immagine della sua città e della comunità.

Nessuno, però, fino ad oggi, ha voluto criminalizzare e minimamente intaccare la gente onesta e operosa di Rogliano che, fino a prova contraria, fa il proprio dovere giorno e notte.

La stampa ha fatto nome e cognome soltanto di quei furbetti che invece di andare a lavorare se ne stavano nelle proprie abitazioni, andavano in giro a giocare o divertirsi causando gravi danni e disagi a tutta la comunità onesta e operosa di Rogliano.

Sig. Sindaco, come potevano funzionare alla perfezione le strutture pubbliche se gli operatori erano assenti?

Nell’inchiesta della Magistratura c’è chi si faceva timbrare il cartellino da un amico compiacente mentre lui se ne stava tranquillamente a casa.

C’è chi figurava regolarmente in servizio invece se ne stava in auto a leggere il giornale o al supermarket a fare la spesa.

E c’è pure chi era nel proprio studio privato e svolgeva l’attività di libero professionista.

Grazie alle proteste e alle segnalazioni dei cittadini onesti, che sono la maggioranza anche nella città di Rogliano, che le Forze dell’Ordine e la Magistratura hanno scritto la parola fine ai continui disservizi e alle disfunzioni.

Le lamentele che ci sono state sono del tutto fisiologiche?

Ma mi faccia il piacere, signor Sindaco, direbbe il grande Totò!

Francesco Gagliardi

maxresdefaultStrano paese è l'Italia. Per più di sessanta anni i libri di storia delle nostre scuole e i politici romani, per il quieto vivere, hanno taciuto sulle foibe e del dramma vissuto da centinaia di migliaia di italiani che dopo il Trattato di Pace di Parigi del 1947 sono stati costretti a lasciare le loro case e i loro affetti e a rifugiarsi in Italia. L'Italia, per codardia o per paura, per cecità politica, non ha saputo difendere i suoi figli che per lunghissimi anni hanno abitato oltre i confini della Patria. Hanno dovuto abbandonare le terre dove erano nati per sfuggire agli abusi ed ai soprusi, alle rappresaglie, ai processi sommari, alle uccisioni da parte dei partigiani comunisti di Tito. E mi riferisco ai profughi della Dalmazia, di Istria, di Pola, di Fiume, di Zara.

Solo il Presidente della Repubblica On. Francesco Cossiga, verso la fine del suo settennato, osò sfidare la viltà, le bugie, l'ignoranza, la paura, il quieto vivere, e si recò nella foiba di Basovizza (Trieste), oggi monumento nazionale, a deporre una corona di fiori per onorare la memoria dei tanti italiani innocenti fatti sparire nel nulla dall'odio e dalla vendetta comunista. Poi il Presidente Ciampi istituì "Il giorno della memoria" che si celebra ogni 10 febbraio, per ricordare tutti gli italiani infoibati, ma soprattutto per capire e ricordare le foibe.

E l'Italia è stata ancora l'unica nazione al mondo in cui l'intellighenzia e la cultura dominante hanno prima violentemente negato l'esistenza stessa delle foibe, dei tribunali popolari jugoslavi, dei processi sommari , delle condanne a morte e poi minimizzato gli orrori perpetrati contro gli italiani dai partigiani di Tito.

In nome della realpolitik agli infoibati non solo è stata negata giustizia ma addirittura la pietas. Per anni nessuno si è potuto recare nei luoghi degli orrori per poter depositare un fiore e recitare un Eterno Riposo. Tutte le cerimonie in Italia furono sempre boicottate e disertate dalle autorità locali per esplicita richiesta del Partito Comunista Italiano.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo scorso anno così disse: << Non solo va ricordata la congiura del silenzio, ma anche l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe. Dobbiamo assumerci la responsabilità dell'aver negato, o teso ad ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali >>.

<<…..Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica" >>.

Prima di Cossiga, Ciampi e Napoletano, tutti i politici nostrani tacquero. Alcuni politici dell'estrema sinistra non solo tacquero, ma diedero una visione alterata degli avvenimenti e di questo atteggiamento ne fecero le spese i profughi ai quali fu ingiustamente cucita addosso l'odiosa nomea di "fascisti in fuga". Basta leggere "L'Unità", organo del Partito Comunista Italiano, del 30 novembre del 1946. Così scrive: - Coloro i quali si sono riversati in massa nelle nostre grandi città non hanno nessun diritto di asilo. Sono fascisti, gerarchi, briganti, profittatori che sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune e non meritano la nostra solidarietà, né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi -.

Con questo non voglio dire che il PCI ebbe responsabilità dirette sui massacri, tuttavia, come si evince dalle dichiarazioni, moltissimi pur sapendo tacquero o collaborarono con i fratelli comunisti di Tito, almeno fino alla rottura con Mosca del 1948 e all'inizio della guerra fredda.

Ma nelle foibe, come oggi sappiamo, non finirono soltanto i fascisti e i gerarchi, gli ufficiali e i funzionari pubblici che durante l'occupazione fascista si macchiarono di crimini orrendi, ma migliaia di persone innocenti, donne, bambini, sacerdoti, antifascisti cattolici, autonomisti e finanche persone che si opponevano al regime comunista di Tito tra cui numerosi capi di organizzazioni partigiane antifasciste, sloveni e croati comunisti.

I partigiani di Tito improvvisavano tribunali popolari, emettevano centinaia di condanne a morte. La maggioranza dei condannati venivano subito fucilati, moltissimi venivano legati a due a due con fil di ferro e poi scaraventati nelle foibe, alcuni addirittura mentre erano ancora in vita.

Quante furono le vittime della pulizia etnica comunista? Non furono mai quantificate, perché sono mancati i documenti ufficiali e anche perché il Governo Jugoslavo non ha mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero dei decessi.

Il tema delle foibe uscì dall'oblio dopo la caduta del muro di Berlino e dopo il crollo del comunismo nell'Unione Sovietica e incominciò ad essere discusso nei giornali, nelle scuole, in televisione, tra la gente che fino ad allora ignorava perfino il significato della parola foiba.

Anche la RAI finalmente si occupò delle foibe e della tragedia immane che colpi centinaia di migliaia di persone dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Avevano una sola colpa, quella di essere italiani. La RAI trasmesse una fiction liberamente ispirata alla stragi delle foibe "Il cuore nel pozzo". Fu un successo. Suscitò non solo una forte impressione, ma anche numerose polemiche. Finalmente il popolo italiano apprese il vero significato delle foibe e cosa fecero i partigiani di Tito dal settembre 1943 fino al Trattato di Pace di Parigi nel 1947, anno in cui i vincitori della seconda guerra mondiale assegnarono alla Jugoslavia il territorio occupato fino ad allora dall'Italia.

Una domanda oggi è d'obbligo. Perché il Governo Italiano tacque per così lungo tempo? Perché non protestò nelle sedi internazionali? Perché i nuovi amici e alleati dell'Italia nella NATO per decenni tacquero e non fecero luce sui massacri?

Era evidentemente pericoloso e dannoso indagare, come è ora politicamente non corretto dire le cose come realmente stanno. Ancora oggi qualcuno cerca di sviare le indagini, in nome di che cosa? Della pace, del buon vicinato, della convivenza pacifica, dei buoni rapporti, della stessa appartenenza alla NATO, degli equilibri politici raggiunti?

Gli infoibati furono vittime dell'odio e della violenza comunista e chi cerca oggi di minimizzare quei tragici avvenimenti è solamente un povero omuncolo sconfitto dalla storia.

Dal libro di Francesco Gagliardi “San Pietro in Amantea” tra Storia, Storie, Leggende e Attualità.

 

Francesco Gagliardi

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