
Tutti coloro che si sono occupati di sanità in Calabria hanno “fallito” nel loro compito e, al di là del rimpallo di responsabilità, avrebbero dovuto essere licenziati in tronco. Per la sanità calabrese occorre una rivoluzione, fatta da gente competente, tenendo conto che intervenendo oggi possiamo avere i risultati tra almeno due/tre anni. Quella della sanità diseguale è una grande ingiustizia che subiscono i calabresi. Bisogna intervenire subito su liste d’attesa e sulle prestazioni dei servizi ospedalieri. Occorre riprogettare e rendere efficiente la rete dell’emergenza-urgenza che, com’è fatta oggi, lascia senza assistenza quasi la metà della popolazione calabrese.
Con l’anno che sta per finire e che consegnerà al “nuovo” una Nazione in via di decomposizione, i miei conterranei sono chiamati a smentirmi in quanto autore di “fiumi di parole inutili”. Verrò smentito (questo è il mio auspicio) perché i Calabresi tutti e gli Amanteani, in particolare, cercheranno di fermare quelli che in maniera truffaldina e mafiosa, amministrano il potere.
Potrebbe anche esser vero che la politica non bisogna sempre considerarla menzognera, ma è vero anche , al di là del luogo comune, che indica la politica come la sede per eccellenza della menzogna, che il problema del rapporto tra politica e falsità, sia pur esso per il “bene pubblico”, sembra essere complementare al ruolo di chi governa.
Uno potrebbe anche ironizzare sulla grossolana incapacità persino nel mentire da parte dei governanti,(in Via Rasella, i tedeschi uccisi facevano parte di una banda musicale, come sosteneva e sostiene il presidente del Senato italiano). Non è possibile minimizzare il fatto che, a partire da Platone, il problema abbia costituito una vera e propria controversia.
Questo è il punto che dovrebbe rappresentare uno dei temi centrali del dibattito socio politico per poter riconsiderare, i caratteri e la natura stessa, del sistema liberal-democratico. Questo per quanto concerne la manipolazione che lo stesso sistema mette in atto per poter trasferire, con l’aiuto anche dei mass-media, le proprie “verità” all’opinione pubblica, pronta a subire, ancora una volta, altre umiliazioni come quelle che devono subire quotidianamente i Calabresi.
“La consistente attività estorsiva” insieme alle facilitazione che le cosche trovano nell’attiva e consapevole collaborazione di pubblici funzionari, è un cancro che esisteva già da molto tempo.. Ma se a distanza di tanti anni non solo il meccanismo e i protagonisti sono rimasti immutati, ma nessuno denuncia, è chiaro che qualcosa non funziona. Non funziona perché c’è la coscienza dormiente di chi piuttosto che ribellarsi subisce in silenzio, è connivente ad un sistema o addirittura lo nega. L'orrore!! L'orrore!! L'orrore!! Urlava Kurtz in "Cuore di Tenebra"; mostrando che, addirittura, lui stesso avesse percepito la folle crudeltà del proprio operato, consegnandoci il messaggio più autentico: la consapevolezza delle aberrazioni di cui l’uomo è capace di macchiarsi spinto dalle proprie brame e privo dei freni della civiltà.
L’atteggiamento di chi governa questa Regione è a dir poco mendace e falso, e fa dell’inganno e della menzogna gli strumenti privilegiati per trarre in inganno l’intera Comunità calabrese che, facendo finta di non capire, altrimenti si sentirebbe in dovere di intervenire e porre fine a questo scempio, si prepara al Natale con le Novene, la dabbenaggine e i sorrisi, confermandomi di essere un venditore di fumo senza arrosto e uno spacciatore di verba volant!
Gigino Adriano Pellegrini & G el Tarik
Carissimi Amici,
per non rendere completamente inutili le cose che scrivo e voi leggete, rendeteli utili! La mia utilità o la mia inutilità dipende da voi non da me. Io faccio ciò che uno come me deve fare: scrivere!! Mettete da parte il qualunquismo ed agite in difesa della nostra storia, della nostra dignità, della nostra collettività e del futuro dei nostri figli!
Carissimi, la vostra azione contro gli abusi, le ingiustizie e lo strapotere dei bulli di paese, è la più adatta a rappresentare la vita intera di una persona nel suo isolamento.
La vostra azione, contro tutto quello che vi investe ingiustamente, contiene l’essenza dell’essere umano. Il fine dovrebbe essere quello di lasciarsi coinvolgere e far parte di una lotta contro gli arroganti incolti e il loro amore malsano di fare del male al prossimo più debole.
Questo modo di agire diventa un’esigenza, per alcuni di noi, un vero e proprio conflitto, un problema centrale dell’intera vita e da sempre auspico che questo sia naturalmente un problema altrettanto centrale anche per il resto della collettività.
E’ imprescindibile che il conflitto, per quanto aspro e violento, venga condotto almeno in apparenza tra forze eguali o perlomeno non tra avversari di forza incomparabilmente diversa. Ciò di cui sto parlando, corrisponde a questo ultimo esempio.
Ostile è colui che abusa della carica istituzionale che lo vorrebbe difensore della collettività e al servizio della gente senza insultarla semplicemente perché di opinione diversa: “Sbagliato France’. Prima di parlare verificare che sia inserito il cervello (Se esiste! Se non costituisce un modesto riempitivo della scatola cranica!)”
La lotta che si svolge tra avversari le cui forze non siano reciprocamente proporzionate (per es., la lotta dell’uomo contro la divinità o contro un’altra potenza misteriosa dotata di una forza assoluta, come l’ereditarietà nobiliare, ecc.) non può essere presa in considerazione. Non è una lotta ma una punizione nei confronti dei deboli. Una tale inverosimile lotta è esprimibile soltanto in un’estasi sterile, solo in modo intimo, individuale, con la rassegnazione dolorosa della collettività!
Gigino A Pellegrini & G el Tarik
Natale è alle porte. Non ce lo dice soltanto il calendario appeso in cucina, ma ce lo dicono le cataste dei panettoni nei supermercati e le sfavillanti luci multicolori dei negozi e delle strade. E come ogni anno puntualmente arriva la querelle: - Il presepe o l'albero di Natale? -
In alcuni supermarket del Nord non si trovano più i pastori di un tempo. Non si trova più la Madonna e San Giuseppe, e la capanna col bue e l'asinello. Il loro posto è stato preso dall'albero di Natale. E' di moda, è più shick. Con i suoi addobbi, con le stelle filanti, con le luci colorate, con la natività di Nostro Signore non c'entra un tubo. Ma dato che è di moda l'albero di Natale, anche quest'anno i pastori, la capanna, le casette, gli zampognari, Gesù Bambino sono stati dimenticati nel più angolo remoto della soffitta.
Io, però, a scanso di equivoci, preferisco il presepe. A me u presepio mi piace. Perché mi ricorda tempi lontani quando si era felici anche se nella miseria. Il presepe che ho impresso nella mente e che porto nel mio cuore è quello costruito con scatole di cartone, con tronchi di sughero, con carta di imballaggio per le montagne, con l'ovatta per la neve, con gli specchietti di vetro delle donne per i laghetti, con il muschio che andavo a raccogliere nei boschi, con i pastori di creta comprati nelle bancarelle di Via Rivocati o dal "capillaro" Giorgio di Amantea
Era bello il mio presepe anche se i risultati a volte erano goffi e commoventi. I pastori spesse volte erano più grandi delle casette. Gli odierni presepi che si vendono in Piazza Autolinee e nel piazzale antistante l'ex Stazione ferroviaria in un unico blocco, invece sono perfetti e anche bellissimi, ma non danno nessuna soddisfazione a chi li compra. Dov'è finita l'attesa, la preparazione del tavolo e dei cartoni, la gioia nello srotolare i pastori avvolti nella carta di giornali, la messa in opera delle casette, la raccolta del muschio, il posizionamento dei pastori.
La costruzione del presepe era un gioco bellissimo ed impegnativo, occupava parecchio tempo e serviva ad unire tra loro le persone, anche se avevano età, sesso, usi e costumi diversi: insegnanti ed alunni, nonni e nipotini, uomini e donne, ricchi e poveri, eruditi ed analfabeti.
Esso descriveva e descrive tuttora un evento storico inconfutabile: la prima venuta di Gesù sulla terra. In ogni vero presepe sia piccolo o grande, semplice o sfarzoso, fatto con cartapesta o con sughero, con pastori di creta fatti a mano o comprati a Napoli a S. Gregorio Armeno, ci riconosciamo un poco di noi stessi.
E' triste dover constatare che anche quest'anno nelle case e nelle scuole i genitori e i maestri preferiscono allestire l'albero di Natale invece del presepe. Cosa c'entra l'albero di Natale con la venuta di Cristo sulla terra? Cristo è venuto al mondo in una capanna riscaldato, secondo la tradizione cristiana, dal bue e dall'asinello e questo noi cattolici vogliamo ricordare con la costruzione del presepe. Davanti alla capanna cantiamo oggi come ieri "Tu scendi dalle stelle", perché questo canto ci ricorda Gesù Bambino nato nella mangiatoia e riscaldato dal bue e dall'asinello, perché per lui non c'era posto nelle locande e negli alberghi. Non ci ricorda le bombe, i razzi, le granate, le sventagliate di mitraglie che oggi come ieri seminano lutti e rovine nei vari teatri di guerra in Europa, Asia e in Africa.
Il presepe, sia piccolo che grande, bello o goffo, ci ricorda la dolcezza della nostra infanzia spensierata, ci ricorda la nostra cara mamma che con le vicine di casa friggevano "turdilli e cullurielli" nelle grandi cucine piene di fumo e di fuliggine, ci ricorda la nonna, la cara nonna, che cullava il suo nipotino e gli raccontava le "rumanze", ci ricorda tutta la famiglia riunita per Natale intorno ad una lunga tavola apparecchiata con tredici pietanze e poi la processione del Bambinello allo scoccare della mezzanotte con tutti i commensali in fila a cantare le lodi al Signore.
Lasciamo, dunque, la preparazione dell'albero di Natale agli abitanti del Nord. Noi del Sud preferiamo il presepe perché non solo i nostri gusti personali e le nostre preferenze sono diverse, ma sono diversi la visione della vita, della casa, della famiglia, dell'amore, della gioia, dello stare insieme, di essere, almeno a Natale, un cuore ed un'anima sola. Dice un antico e saggio proverbio: - A Natale con i tuoi, a Pasqua con chi vuoi -. Noi del Sud sin da piccoli abbiamo costruito il presepe e quindi siamo cresciuti con esso. Lasciamo a quelli del Nord l'albero. A noi ci piace di più il presepe. Punto.