A tutte le Amministrazioni Regionali, Provinciali e comunali, all’inizio del loro percorso socio-politico, il Ministero dell’Interno e quello della Istruzione dovrebbero IMPORRE un vademecum sul loro prossimo impegno. In particolare portare a loro conoscenza, oltre a ciò che tradizionalmente sono le attività da svolgere, aggiornare lor signori su alcune “aggiunte” alla Nostra Carta Costituzionale e in particolare al nuovo comma inserito nell’art. 33 della Carta Costituzionale che persegue il fine di tutelare l’attività sportiva come strumento di sviluppo della persona.
Rappresenta la prima tappa di un percorso che concentra, in poche parole, un significato profondo e un valore inestimabile, che possiamo sintetizzare nell'auspicio dello ‘sport per tutti e di tutti’, parte delle indispensabili ‘difese immunitarie sociali’ e importante contributo per migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità.
Oggi nella società globalizzata, certamente più libera ma più incerta, in cui l’individuo è costretto a cambiare ruolo assiduamente ed a vivere ambiti diversi e diversamente regolati, lo sport rappresenta la metafora giusta per adattarsi a questi continui cambiamenti.
Sappiamo come nel tempo lo sport ha cambiato i suoi significati: da vigoria del corpo ad immortalità dell’anima, a competizione, a manifestazione come intrattenimento per liberare le tensioni e le emozioni. Inoltre abbiamo imparato che lo sport è anche altro. Lo sport insegna ad accrescere relazioni sociali, integrazione, inclusione, controllo intellettuale; le sue regole a sviluppare amicizia,dove sacro è il rispetto e la fiducia, confronto con l’avversario come spinta ad esprimere le proprie potenzialità, spirito di squadra per uno scopo comune, lealtà nel saper perdere ma principalmente nel saper vincere, in modo corretto.
Lo sport inteso come gruppo sociale, organizzato intorno a delle regole che facilitano la conoscenza dei propri ritmi, delle proprie capacità; come sana competizione, utile ad orientare le nostre scelte e le nostre priorità in ordine di importanza; come disciplina per il raggiungimento di ottimi risultati e di un eccellente equilibrio psico-fisico; come educazione alla socializzazione dei giovani, nel tentativo di creare futuri spettatori integri e maturi per tentare di arginare la violenza ed il razzismo.
Lo sport previene, specialmente tra i bambini e i giovani, i comportamenti a rischio come l'uso di sostanze stupefacenti, alcol, diete non sane e atteggiamenti violenti e favorisce il benessere psicologico,
attraverso lo sviluppo dell'autostima, dell'autonomia e facilitando la gestione dell'ansia e delle situazioni stressanti.
Gigino A Pellegrini & G elTarik
Si sente parlare sempre più spesso del "pensiero critico" come di una capacità apprezzabile per vivere nel mondo moderno, ma pochi sanno cosa esso sia.
La conseguenza pratica è che la maggior parte delle persone trova facile mettere in discussione soltanto quelle credenze, assunzioni e deduzioni che hanno già “rifiutato” e trovano invece molto difficile, in alcuni casi anche traumatico, mettere in discussione quelle credenze sulle quali hanno investito personalmente, egocentrici.
Non so se esiste un modo di insegnare il pensiero critico e far sì che la persona prima impari a riconoscere ipotesi e deduzioni discutibili in casi “egocentricamente” neutri e poi “trasferisca” automaticamente quelle abilità a quelli egocentrici e socio centrici.
Ci troviamo di fronte a persone al potere, che hanno già sviluppato una buona serie di ipotesi distorte, stereotipi, credenze egocentriche e socio centriche, addestrandosi a riconoscere ragionamenti “cattivi” in casi “neutri” diventano più, e non meno, sofisticati: più abili nel “razionalizzare” e “intellettualizzare” i pregiudizi che già hanno. È quindi meno probabile che li abbandonino se in un secondo momento incontrano qualcuno che fa loro delle domande senza ottenere nessuna risposta.
Crollato il Muro di Berlino, il solo capitalismo rimase a forgiare la vita sociale dell’Occidente. Però, già nel 1974, il filosofo Karl Popper riconduceva l’inconciliabilità reale di socialismo e libertà individuale alla impossibilità di realizzare l'uguaglianza senza sacrificare la libertà come condizione dell’uguaglianza e scriveva “Per diversi anni rimasi socialista, anche dopo il mio ripudio del marxismo; e se ci fosse stato qualcosa come un socialismo combinato con la libertà individuale sarei ancor oggi un socialista….”Abbiamo bisogno della libertà per impedire che lo Stato abusi del suo potere e abbiamo bisogno dello Stato per impedire l’abuso della libertà”.
Infatti, nel secolo appena passato si sono avvertite le profonde lacerazioni e tensioni tra Stato e cittadino, tra ordine e libertà, tra legge e diritto, e, in buona sostanza, tra ideologia e verità. La conclusione dell’esperimento di socialismo reale nei paesi dell’Est Europa era stata salutata dal politologo Francis Fukuyama come “la fine della storia”. Dopo aver prevalso su modelli di Stato e concezioni di democrazia avversarie, la liberal-democrazia si avviava a rappresentare l’unico orizzonte istituzionale rimasto.
L’Unione europea ha deciso di privilegiare il mercato unico, rifiutando lo Stato unitario e cerca di mantenere in vita una democrazia priva delle sue proprie basi. E’ una scelta, non un frutto di natura. Lo stesso dicasi per la Cina che privilegia lo Stato, accetta il mercato e rifiuta la democrazia, almeno nella sua versione ortodossa.
Il Regno Unito, con la Brexit, ha privilegiato la democrazia, rifiutato il mercato comune e confermato l’importanza dello Stato. Gli Stati Uniti sono il paese che ha cercato di contrastare l’inconciliabilità, ma la campagna elettorale in corso apre scenari preoccupanti da questo punto di vista.
Gigino A Pellegrini & G elTarik
Qualche tempo fa, un candidato sindaco per la cittadina di Verbania, in uno dei suoi volantini scriveva: “Senza pace e giustizia sociale, senza cibo sufficiente e acqua, senza un’istruzione e un’abitazione decente, senza che ognuno e tutti abbiano un ruolo da svolgere nella società e senza un reddito adeguato, non ci può essere salute né crescita reale né sviluppo sociale”.
Oggi l'emarginazione è un concetto molto più esteso, ed è un problema presente nella nostra società globalizzata. Situazioni di esclusione nei confronti di una o più persone relegate ai margini della vita sociale. Da un certo punto di vista, l'emarginazione può essere vista da due prospettive diverse ovvero c'è chi sceglie di vivere in solitudine, c'è chi invece è allontanato o tenuto a distanza dal gruppo dei medesimi.
Un vero e proprio atto alienante che porta la persona umana a ricorrere a strategie anche folli come al protagonista dell’atto unico di Luigi Pirandello “La Patente”. Il giudice D’Andrea, persona ordinata e meticolosa nello svolgere il suo lavoro, aveva ancora in sospeso un caso che lo lasciava molto perplesso, al punto di far chiamare il querelante per convincerlo a ritirare la querela, che alla fine lo avrebbe penalizzato ancor di più.
Il caso, dunque, era il seguente: un uomo, Rosario Chiàrchiaro, sporse querela contro dei ragazzi che avrebbero fatto dei gesti osceni per fuggire dalla presunta iella che portava l’uomo vittima dell’accaduto. Naturalmente il giudice non avrebbe mai potuto incriminare i due ragazzi querelati per un così banale fatto e alla fine la fama di iettatore di Chiàrchiaro si sarebbe ancor di più diffusa ottenendo l’effetto contrario di quello desiderato. Quando Chiàrchiaro arrivò nell’ufficio si presento con il tipico aspetto di uno iettatore e ammise addirittura di esserlo, il giudice sbigottito dalla sua apparente incongruenza gli chiese perché inizialmente aveva querelato i ragazzi che lo ritenevano uno iettatore se poi Chiàrchiaro si riteneva tale; egli rispose che in realtà voleva che la gente lo ritenesse uno iettatore per essere pagato affinché non portasse iella ad essi, e a prova del suo potere voleva avere un riconoscimento ufficiale di iettatore: una “patente”!
L’alienazione corrisponde al momento della scissione, del divenire-altro per una persona. Il sacrificio di se stesso. Nella convergenza sociale, il vicinato trovava una ragione d’essere nell’esigenza di sopravvivenza e nello stesso tempo si differenziava notevolmente da quello tipico così caro alla tradizione sociologica del villaggio urbano.
Questa nuova condizione caratterizzata dalla mancanza di precise norme sociali per sopravvivere, non è più mediata culturalmente: il consenso che su di essa si formava tra i membri era limitato allo scambio dei servizi mentre non era accettata la funzione di controllo sociale.
La persona, segregata nel proprio quartiere da cui non riesce ad allontanarsi per la propria povertà e vita precaria, inchiodato cioè nei settori marginali della città e del mercato del lavoro, insieme ad altre persone organizza un tipo di strutture e di relazioni interpersonali adeguato alla propria condizione di povertà e di esclusione. Legato alla propria zona, stringe intensi rapporti con i propri simili ed intreccia con questi fitte relazioni di scambio aventi come scopo il soddisfacimento di quei bisogni, alcuni dei quali elementari, che le strutture pubbliche o le possibilità strettamente familiari lasciano insoddisfatti.
Viene di fatto escluso socialmente per l’impossibilità, l’incapacità o la discriminazione dell’individuo nella partecipazione a determinate attività sociali e personali. L’esclusione sociale descrive una condizione di forte deprivazione, determinata dalla somma di più situazioni di disagio. Questa sua deprivazione sembra proprio essere riconducibile sia alla mancanza di risorse economiche adeguate che ad un accesso limitato ad ambiti sociali come l’educazione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, l’alloggio, la tecnologia, la vita politica come quella sentimentale. Socialmente esclusi, quindi, sono quegli individui la cui capacità di partecipare pienamente alla vita sociale è fortemente compromessa.
Nelle società contemporanee le categorie maggiormente vulnerabili sono: le persone senza fissa dimora, i disabili, i detenuti o ex detenuti,, le persone con dipendenza da sostanze, gli anziani, gli immigrati, i rom, le famiglie numerose o monoparentali, i minori In tutti i gruppi, le donne poi, vivono una situazione di disagio più marcata degli uomini. Violenza, stigma sociale, povertà espongono le donne e le ragazze ad un rischio costante di emarginazione.
La sovrapposizione tra una posizione economica marginale e l’isolamento sociale può avere come conseguenza grave la perdita del senso di appartenenza ad una determinata comunità e quindi la degenerazione dell’esclusione a livelli estremi. Emblematico in questo senso, per cercare di rendere un’immagine del fenomeno, è il caso delle persone senza fissa dimora, che oltre alla precarietà materiale, dovuta alla deprivazione economica, sperimentano la solitudine in seguito alla rottura e alla disgregazione dei legami affettivi e relazionali.
Gigino A Pellegrini & G elTarik