
Una incredibile raffica di intimidazioni alle imprese locali: Bottiglie incendiarie a iosa! Sarebbe avvenuto nella notte del 7 maggio. Bottiglie incendiarie sarebbero state collocate nei pressi degli stabilimenti balneari in via di impianto e nei cantieri dello svincolo.
Una bottiglia per lido balneare senza nessuna eccezione; come a dire “ per noi siete tutti eguali” .
Ovvia la immediata denuncia da parte dei titolari alle autorità di Polizia.
Sul posto delle intimidazioni gli investigatori (carabinieri del locale comando di Compagnia e volanti della polizia del commissariato di Paola) che avrebbero recuperato nei pressi degli stabilimenti balneari ancora in allestimento una bottiglia con materiale incendiario con una miccia e un accendino.
Sembra di tutta evidenza che si tratta di episodi tutti collegati dalla stessa matrice estorsiva.
Sembra quindi che il racket abbia improvvisamente alzato il tiro e sparato a raffica sicuramente a dare un segnale forte del tipo “ e chi ci tocca?”
Ovviamente sono alla studio le immagini registrate dalla telecamere esistenti nella città del Santo.
Ovvia la apertura di un fascicolo da parte della Procura di Paola.
Si parla anche del fatto che il tutto possa finire nelle mani della Dda di Catanzaro.
Ed è questo lo strano! Ci sembra! Gli attentatori davvero non si erano posto il dubbio che con un evento di tale forza intimidatrice si sarebbe interessata la DDA? O forse lo cercavano?
Nemmeno si è chiusa ( in positivo od in negativo) la vicenda di Letta, del Governo o delle elezioni e già sembra siano iniziate le grandi manovre nel centrosinistra, italiano e calabrese.
Ma è nei comuni che si avvertono le prime fibrillazioni
Di Amantea parleremo a breve.
Intanto cominciamo da Paola dove nei mesi scorsi i socialdemocratici avevano tentato di entrare nel Pd ( troppo forte per conquistarlo), ma ricevendo dal segretario Francesco Città condizioni precise rese pubbliche tramite una nota stampa che sembrava avere il sapore di essere indirizzata a chiunque pensasse di operare nello stesso modo.
Praticamente i Democratici per Paola ed in particolare Graziano Di Natale e Francesco Città , non sono certo disponibili a mollare la leadership del partito.
Ed allora appena Niki Vendola ha preso le distanze dal PD non è parso vero a Piero Lamberti, visto il “gran rifiuto”, di bussare con forza al gruppo di SEL, insieme all’ ex candidato a sindaco Giovanni Abruzzo. La notizia non ha ancora il crisma dell’ufficialità perché potrebbe essere stata lanciata una esca appetibile per il PD paolano con il quale può essere sempre possibile raggiungere un accordo. La politica, infatti, è sempre dialettica ed incontro.
Ovviamente la ipotesi di entrare in massa nel Gruppo SEL( che a tal punto avrebbe anche un consigliere comunale) dovrebbe essere digerita dai dirigenti di Sel, ed in particolare da Guaglianone Nuccio, Mario D'Ambrosio e Francesco Giglio, già candidati consiglieri alle ultime amministrative nella lista guidata da Carlo Gravina.
Il problema è che il gruppo di Lamberti ha grossi numeri ed il suo ingresso dovunque potrebbe assumere il sapore di una annessione.
Emira Ciodaro è medico. Opera in Paola dove svolge la sua azione politica ed in questa veste è presidente del Consiglio Comunale. Riveste anche la carica di componente della Commissione per le Pari Opportunità fra uomo e donna, nominata con decreto del presidente del Consiglio regionale calabro Talarico n. 20 del 16 settembre 2010
La vicenda della condanna prende le mosse nel 2005 ed è relativa alla morte di una neonata avvenuta nella clinica Tricarico di Belvedere Marittimo.
Secondo l’accusa la ginecologa Emira Ciodaro sarebbe stata contattata da un’infermiera che operava nella stessa clinica al fine di verificare le condizioni della paziente Aida Gullo, in procinto di dare alla luce una bambina.
Aida Gullo era una paziente della dottoressa Ciodaro.
L’ infermiera osservando i tracciati fetali si era resa conto che occorreva un intervento medico.
Pur non «non prestando alcun tipo di servizio presso la clinica Tricarico” come ricorda l’avvocata della Ciodaro Gino Perrotta, la dottoressa la mattina dopo si recava alla clinica Tricarico ma senza rilevare dai tracciati “problematiche così rilevanti”.
Ma la situazione si aggravò e la nascitura morì per ipossia ,strangolata dal cordone ombelicale.
Da qui la denuncia della Gullo alla competente procura della repubblica.
Il processo di primo grado si concluse con la condanna della Ciodaro ad un anno ed 8 mesi confermata anche in seconda istanza.
Per l’avvocato Perrotta ora occorre ricorrere in Cassazione.