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Riceviamo e pubblichiamo la nota “amara” inviataci da Francesco Perri ,e con il suo permesso ci permettiamo di aggiungere qualche riflessione dal vago sapore sociale , culturale e storico. Dice Francesco nell’inviarci la foto della fontana di Santa Maria rimossa, non si sa da chi, quando e perché, come se si trattasse di un bene di poco o nessun valore:

“Nell'incapacità di custodire e valorizzare si distrugge per ricostruire (peggio). Ma che bella idea distruggere l'unica fontana pubblica di un quartiere.

Che sia il frutto di qualche promessa tipo....... "al suo posto sorgerà la fermata della metropolitana"!!! magari facendoci una bella campagna elettorale.

Complimenti vivissimi ai politici di S.Maria per aver difeso -a mio avviso insieme alla Croce- uno dei simboli di questo quartiere, (e poco importerà se ne metterete una nuova magari digitale) attorno alla quale diverse generazioni di ragazzi, me compreso si sono cresciuti e dissetati dopo le interminabili partite a pallone o le corse in bici per le strade di S.M.

Una cosa la si è ottenuta però, non sentirete più ragazzini gridare "Guagliù tutti alla funtana".”

Pochi ricorderanno quanto sia antica questa fontana la cui acqua trovava origine in una delle più vecchie sorgenti delle nostre colline amanteane e che comunque era una delle poche che l’amministrazione del secolo scorso aveva posto a disposizione del “popolo”.

Già , un tempo le fontane erano del popolo, servivano per rifornire di acqua la comunità che vi si recava con la “vummula”

Ma era, come ricorda con mestizia Franco Perri, un luogo di incontro per i ragazzi degli anni sessanta , settanta ed ottanta.

Ben prima la fontana( le fontane) erano un luogo di incontro, di socializzazione ed addirittura negli anni trenta anche un luogo di appuntamento tra i giovani amanteani

Che tristezza, allora vederne la scomparsa e non sapere nemmeno chi possa ascriversi questo merito!!!!

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Dice Giovanni D’Agata dello “Sportello dei Diritti” che secondo i ricercatori tra due generazioni l’acqua non sarà sufficiente per tutti.

“L’acqua è un bene comune prezioso che dev’essere risparmiato e tutelato da leggi pubbliche dello Stato e da convenzioni della comunità internazionale perché non è inesauribile e se continuiamo a sfruttarla nei modi che oggi continuiamo a perpetrare arriveremo ad una crisi senza precedenti nella storia.

Non solo i forum dell’acqua che in questi anni si stanno battendo per la difesa dell’acqua pubblica, ma in questi giorni oltre 500 ricercatori di tutto il mondo riuniti a Bonn in una conferenza, hanno lanciato un appello per un uso più razionale dell'acqua, nella convinzione che sia possibile evitare la crisi.

Una crisi che assomiglia ad uno scenario apocalittico: dirottiamo o arginiamo i fiumi che arrivano in mare quasi vuoti, inquiniamo le falde, usiamo grandi quantità di acqua dolce per sfruttare l'energia fossile: se continueremo su questa strada, nell'arco di due generazioni l'acqua non sarà più sufficiente per la maggior parte dei 9 miliardi di persone che popoleranno la Terra.

Nell'appello, chiamato 'Dichiarazione di Bonn', i ricercatori hanno rilevato che "la crisi dell'acqua è del tutto evitabile" in quanto è dovuta "solo ad una cattiva gestione di questa risorsa essenziale e insostituibile".

È ovvio ed è sotto gli occhi di tutti, quindi, che l'attività umana giochi un ruolo centrale nel sistema idrico globale. Innumerevoli azioni errate individuali si sommano e si riflettono su cambiamenti globali. In questo modo, gesto dopo gesto, l'uomo ha cambiato drasticamente la portata dei fiumi, delle riserve sotterranee d'acqua, alterato la qualità dell'acqua e danneggiato gli ecosistemi acquatici.

Con le attuali conoscenze, hanno sottolineato i ricercatori, non è possibile prevedere esattamente quando il limite planetario sarà superato. Se si arriverà a quel punto, secondo gli esperti, "si potrebbero innescare cambiamenti irreversibili con potenziali, catastrofiche conseguenze".

Ma tutto ciò può essere ancora evitato, si legge nella dichiarazione, se si applicano le seguenti 6 raccomandazioni: potenziare la ricerca sul sistema idrico globale; elaborare una sintesi delle attuali conoscenze sul sistema acqua per migliorarne la protezione; formare la prossima generazione di ricercatori specializzati nel settore idrico; intensificare il monitoraggio dell'acqua; preferire soluzioni basate sulla salvaguardia degli ecosistemi a costosi interventi strutturali; stimolare l'innovazione nella gestione dell'acqua.

L'aumento dell'approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari hanno dato indubbi benefici per le persone di tutto il mondo, ma ora c'è un altro bisogno pressante: arrivare a una gestione dell'acqua basata sul rispetto degli ecosistemi.

NdR. Se questo articolo vuole suggerire ad ognuno di noi di economizzare , non possiamo certo esimerci dal ricordare lo spreco di acqua della fontanella di piazza Cappuccini. Forza “un rubinetto costa poco”

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Che c’entra vi starete chiedendo il Giudice di Pace con la marmellata di more? Niente, chiariamo tutto per evitare equivoci. Niente inciuci.

Stiamo solo osservando che l’abbandono dell’area dello stabile dell’ex pretura, poi ufficio del Giudice di pace è in uno stato di incredibile abbandono. Al punto che davanti alle macchine del personale, tra le stesse ed il muro dell’immobile è facile scorgere rovi che fra breve daranno i loro frutti.( nella foto)

Se saranno abbondanti si potrà dar luogo alla raccolta ed alla produzione di marmellata di more.

Stiamo ipotizzando che se questo immobile oggi sede dell’ufficio del Giudice di pace è in queste condizioni di abbandono e pur frequentato, fra breve appena lo Stato farà mancare ad Amantea questo ultimo ufficio pubblico, potrà diventare una selva di rovi e davvero invece dell’importante ufficio potremo avere un fabbrichetta di marmellata.

Due le preoccupazioni.

La prima e che le canne marine infestanti che sono dall’altro lato possano invadere lo spazio vitale dei rovi( ed ahimè le canne non danno marmellata)

La seconda è che siccome l’ immobile è in condizioni pietose i muri possano crollare seppellendo i rovi.

Speriamo di no!

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