
Siamo in Brasile, nella Foresta Amazzonica, e anche in quel lontano paese, agli estremi confini del mondo, c’è gente che vuole farsi vaccinare contro il Coronavirus 19 che tanto danno sta facendo in tutto il mondo causando migliaia di morti. I giornali di oggi hanno messo in prima pagina una foto che ci ha veramente commosso. Un figlio che si è caricato sulle spalle il padre disabile e camminando nella foresta per 6 ore lo ha portato in un centro dove c’erano gli uomini bianchi per farlo vaccinare contro il coronavirus. Questo gesto ha commosso pure il capo della squadra sanitaria e l’ha voluto immortalare scattando la foto che oggi si trova nelle prime pagine dei giornali nazionali. Lo scatto, però, risale a quasi un anno fa. Solo oggi, infatti, il dottore l’ha voluto diffondere. L’impresa del figlio che porta sulle spalle il padre anziano e invalido ha fatto il giro del mondo, perché è lo scatto più significativo a favore del vaccino anti covid. Postato su Istagram ha raggiunto migliaia di adesioni seguiti da commenti pieni di passione. Questa impresa a voi, cari lettori, ricorda qualcosa? A me vengono alla mente i giorni felici e spensierati quando frequentavo la scuola superiore e il Prof. di latino mi spiegava il secondo libro dell’Eneide di Virgilio. Enea in fuga dall’incendio di Troia che porta con sé il vecchio padre Anchise sulle spalle e, per mano, il giovane figlio Ascanio. Lo scultore Bernini ha immortalato la fuga in una memorabile scultura che ora si trova nella Galleria Borghese in Roma. Si tratta del primo grande gruppo marmoreo eseguito da Bernini per conto di Scipione Borghese. Solo che qui Enea vuole mettere in salvo il padre e il figlio, dall’incendio di Troia, nella foto, invece, il figlio, vuole portare il padre per farlo vaccinare. Nella foresta amazzonica c’è gente che fa enormi sacrifici per farsi vaccinare, invece, qui da noi, che abbiamo gli Hub sotto casa, c’è gente che rifiuta il vaccino procurando gravi danni per sé e per gli altri, intasando prontosoccorsi e ospedali. A voi, carissimi e amatissimi lettori di Tirreno News, la foto, non vi fa venire alla mente i giorni felici quando giovani e belli sedevate sui banchi di scuola?
Oggi, cari amici di Tirreno News, vi voglio raccontare una triste e curiosa avventura capitata ad un uomo di 83 anni che pensava di aver vinto al Super Enalotto centinaia di milioni di Euro, e che gli avrebbero cambiato davvero la vita, invece non ha vinto un bel niente, perché i numeri che lui gioca sempre gli stessi da anni non sono davvero usciti. Colpa del giornale che ha pubblicato i numeri sbagliati. Ora è disperato, aveva già fatto tanti castelli in aria, e chiede i danni al giornale perché ha visto sfumare il sogno milionario. Ma andiamo con ordine. Il sig. Francesco Ventresca di anni 83, ambulante di Vallecorvo di Sulmona, vedovo e padre di sei figli e tanti nipoti, aveva giocato i soliti 6 numeri al Super Enalotto e secondo il giornale che aveva comprato la mattina tutti i sei numeri erano regolarmente usciti. Aveva azzeccato il Jackpot. Aveva vinto la bellezza di 163 milioni di Euro. Mamma mia che bella vincita. Gli avrebbe cambiato la vita. Poteva stare a casa e non alzarsi più alle quattro di mattina per andare al mercato a lavorare. Avrebbe potuto sistemare i sei figli e gli innumerevoli nipoti. Ma il bel sogno dura davvero poco. Quando si reca presso il tabacchino dove aveva giocato i numeri apprende con disappunto e con molta rabbia che i suoi numeri giocati non erano usciti. I numeri che lui aveva letto sul giornale, purtroppo, erano errati. Ha fatto e rifatto controllare la schedina dal tabaccaio e da suo genero e i numeri vincenti riportati dal giornale. Gli hanno confermato che i numeri vincenti erano altri e che nessuno quella settimana aveva azzeccato il Jackpot. C’è rimasto malissimo il sig. Francesco, stava per svenire. Ora non riesce più a dormire. Ha subito un danno e ora vuole essere risarcito. Credeva di essere diventato milionario invece si ritrova peggio di prima con tanta rabbia dentro. Gli è andata davvero male. E non è la prima volta. Infatti alcuni anni fa centrò un bel 13 e tanti 12 al Totocalcio, ma la sua giocata non era stata registrata. Anche allora sfumò la vincita di 150 milioni di lire. Si dovette rassegnare, come dovrà fare anche adesso. Ma che scalogna! Il sogno di essere diventato milionario per ben due volte è durato poco. Il risveglio è stato durissimo. Che vada a farsi benedire da un prete o vada a piedi in pellegrinaggio in qualche santuario, il più vicino e il più famoso mi sembra di essere quello di San Gabriele dell’Addolorata.
Avete mai sognato un uomo alle prese con una inestricabile confusione; una tragedia senza cattivi, dove tutto porta verso un groviglio di violenza e ad un tuffo a capofitto giù dal mondo?Cadere e precipitareè fonte di grande spaventoe riflette ansie e paure rispetto a qualcosa che nella vita ha assunto una posizione “elevata” o che sta sfuggendo al suo controllo.
Vivere oggi è vivere quello che era un sogno. Come la poesia di Rimbaud : “Il Battello ebbro”. Fuori di ogni nozione usuale di tempo e di spazio, al di là di ogni limite di verosimiglianza, il sogno intrapreso conduce l’uomo alla scoperta del vuoto.
Lo stesso uomo, nel tentativo di barcamenarsi in questo mondo diretto da pochi, così instabile e per nulla rassicurante, può provare vari metodi per capire, incluso quello di procedere per tentativi ed eliminazione di errori, Come avrebbe suggerito il filosofo Karl Popper!
Utilizzando quest’ultimo metodo, una persona potrebbe, innanzitutto, conoscere come funziona la disumanizzazione, e se necessario cercare di capire la sua importanza.
Quindi, per dare il via, a tutto questo si dovrebbe anche capire quale ruolo, la disumanizzazione ha avuto in quello che viene considerato il singolo evento più distruttivo nella storia umana: un virus chiamato “Corona” con i suoi preventivati tre miliardi di persone morte. Un genocidio sistematico. La disumanizzazione (l’arte di non trattare gli umani in quanto tali) ha reso possibile gran parte di questa immane carneficina.
I nazisti, per esempio, chiamavano gli Ebrei “ratti” Gli Hutu coinvolti nel genocidio in Ruanda chiamavano e chiamano i Tutsi “scarafaggi”; Pol Pot, a capo dei suoi khmer rossi, chiamava le sue innumerevoli vittime semplicemente “feccia”.
Tutti siamo cresciuti convinti, al di là di quello che si vede nei cinematografi, che è molto difficile, psicologicamente, uccidere un altro essere umano. Quando accade, potrebbe essere utile capire come pochi esseri umani riescono a superare le inibizioni, profonde e naturali che permettono loro di trattare altri esseri umani come animali selvatici, parassiti o predatori pericolosi. Forse la chiave sta proprio in questo, non riconoscere gli umani come umani.
Gigino A Pellegrini & G elTarik in collegamento da un buco nero.