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lavoroIl recepimento delle Direttive Sociali europee in tema di sicurezza sul lavoro ha fatto sì che venisse redatto il D. Lgs. n. 626 del 14 settembre del 1994, decreto che ha imposto ai datori di lavoro l’obbligo della formazione. Da quel momento gli imprenditori non hanno potuto fare altro che adeguarsi. Il mercato del lavoro al tempo richiedeva la formazione di un gran numero di persone, testimoniata attraverso il rilascio di un attestato.

Le novità del futuro

Ora che la formazione alla sicurezza è una realtà consolidata, vale la pena di dare uno sguardo al futuro: per esempio tenendo conto dell’utilizzo dei simulatori, e più in generale di un corretto impiego di tutte le attrezzature. Da qualche tempo è possibile ricorrere a simulatori per garantire la formazione degli operatori che devono condurre macchine molto pericolose. Ma c’è un altro aspetto che vale la pena di mettere in risalto, ed è quello che riguarda la necessità di comunicare il rischio in maniera appropriata, affinché l’efficacia della formazione possa essere assicurata. La normativa impone una particolare abilitazione per l’impiego di specifiche attrezzature, tra le quali le piattaforme di lavoro elevabili e i carrelli elevatori. Viceversa, la norma non tiene conto dei simulatori per la formazione: il che è un peccato, dal momento che i dispositivi più all’avanguardia presenti sul mercato riescono ad assicurare esperienze formative contraddistinte da un alto tasso di realismo, che non hanno niente da invidiare alla tipica formazione sul campo.

La formazione esperienziale: che cos’è?

Nel caso in cui i partecipanti a un corso di formazione e istruzione ritengano di non avere appreso niente di nuovo frequentandolo, vuol dire che qualcosa non è andato per il verso giusto. Diventa necessario, allora, affidarsi alla formazione esperienziale, che consiste in un metodo in base al quale il fulcro del processo di apprendimento è rappresentato dall’esperienza pratica; successivamente si procede con un’interazione di gruppo, che porta a una riflessione a proposito dei temi che devono essere affrontati o che sono già stati presi in esame. Va detto che non stiamo parlando di un metodo nuovo, visto che gli studi più importanti in proposito sono stati effettuati negli Usa quasi un secolo fa, per poi essere pubblicati da noi negli anni Sessanta.

A chi rivolgersi per la formazione sulla sicurezza

Se si è alla ricerca di una realtà specializzata in attività di formazione in questo ambito si può fare sicuro affidamento su Sicurya, che giorno dopo giorno investe il massimo della professionalità per mettere a disposizione delle imprese soluzioni concrete. Un team di professionisti competenti e altamente qualificati garantisce un capitale umano di alto livello. A dimostrazione della bontà e della qualità del lavoro svolto da Sicurya ci sono i riconoscimenti e le certificazioni che attestano la correttezza delle procedure adottate, indicative dei valori e dei principi che orientano e guidano il modus operandi di questa azienda.

Come è cambiata la formazione

Da una decina di anni a questa parte si prevede il ricorso a nuovi metodi di formazione, come quella effettuata in video conferenza e quella in modalità e-learning: è la cosiddetta formazione a distanza. Si tratta di modalità formative in grado di assicurare una preziosa occasione dal punto di vista dello sviluppo culturale: nel corso degli anni più recenti, anche in epoca pre-Covid, si è fatto grande uso di tali strumenti.

L’uso delle attrezzature di lavoro

Fin da quando è stato pubblicato, il D. Lgs. n. 81 del 2008 prevedeva l’obbligo di possedere una particolare abilitazione per l’impiego di specifiche attrezzature di lavoro. Tali attrezzature sono state identificate attraverso l’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio del 2012, che per altro ha normato i diversi aspetti che riguardano gli attestati di formazione e l’organizzazione dei relativi corsi. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, poi, ha emanato la circolare n. 5 dell’11 marzo del 2013 attraverso la quale sono stati resi noti ulteriori chiarimenti relativi all’applicazione di questo accordo. Nel 2016, invece, la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano ha dato il via libera all’accordo in vigore ancora oggi, che individua i requisiti della formazione per gli addetti del servizio di prevenzione e protezione e per i responsabili.

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rilievo fotogrammetriaA partire dal 2014, con il boom mediatico dei droni, le immagini di edifici e paesaggi ripresi dall’alto non sono mai state così sensazionali. Sarà capitato quasi a tutti di vedere un drone volare nel cielo, intento a svolgere il suo lavoro. Come, allo stesso tempo, sarà capitato quasi a tutti di vedere video e immagini di paesaggi mozzafiato ricostruite anche in 3D. Ma pochi sanno come siano state realizzate realmente. È vero, sono state fatte da un drone ma con quale tecnica? Eccola qui spiegata.

Fotogrammetria con drone, anche detta aerofotogrammetria

Che cos’è: La fotogrammetria con drone è una tecnica che consiste nel far volare un drone attorno a un paesaggio o un edificio interessato, a cui scatterà una serie di foto che verranno successivamente rielaborate attraverso un software. Questo software (e di questo tipo ce ne sono tanti) sarà in grado di trarre da queste immagini una serie di punti, che andranno, poi, a formare una nuvola di punti, ovvero un gruppo di punti posizionati secondo coordinate ben precise. In questo modo si otterrà l’immagine 3D desiderata e il gioco sarà ormai fatto.

Rilievi con il drone: perché farli: La fotogrammetria con drone è un modo semplice ma, soprattutto, economico per svolgere lavori di questo tipo. Infatti, è ormai diventato un bene essenziale, utilizzato nei più svariati ambiti: dalla pianificazione urbana alle riprese archeologiche, nonché dalla semplice cartografia tecnica fino ad arrivare alle esplorazioni di cave e riprese per l’attività di sicurezza urbana. È davvero sensazionale! La tecnologia semplice e innovativa che ci piace!

La fotogrammetria con drone può sostituire un satellite?

Bisogna dire che c’è una bella differenza tra il lavoro che può svolgere un drone e quello che può svolgere un satellite. Sostanzialmente il lavoro che svolgono è quasi identico – pensiamo alle immagini in 3D di Google Maps che sono ottenute proprio grazie a un satellite. Tuttavia, ognuno di loro è in grado di fornire dei benefici e degli svantaggi a seconda del fine per cui verrebbero utilizzati. Ad esempio, un agricoltore che avrebbe voglia di monitorare i suoi campi coltivati potrebbe fare affidamento tanto a un drone quanto a un satellite. Per lui non farebbe tanta differenza usare uno piuttosto che l’altro. Mentre, per un ingegnere o un architetto che avrebbe intenzione, invece, di ristrutturare o costruire dal nulla un edificio, per cui avrebbe necessariamente bisogno di avere una vista più puntuale del luogo in cui andrà a lavorare, sarebbe più opportuno usare un drone. Per quale motivo? Il drone può fornire delle immagini più nitide e soprattutto può essere usato quando lo si voglia, mentre il satellite passa una volta ogni 3-4 anni sulla stessa area.

Conclusioni

L’aerofotogrammetria è una tecnologia del tutto nuova e rivoluzionaria. Può essere usata nei più svariati ambiti ed è in grado di rispondere a tutte le esigenze di cui abbiamo bisogno. Ecco spiegato come la fotogrammetria con drone sia l’innovazione per un primo passo verso il futuro.

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bandiera luttoDopo appena due anni di travagliata segreteria del Pd Zingaretti si è dimesso dal partito. Dimissioni irrinunciabili ha fatto sapere. Niente ripensamenti. Ma nella trasmissione di Barbara D’urso di ieri sera ha detto che non ha nessuna intenzione di scomparire e combatterà le sue idee. Ma il suo Pd è morto. Già Renzi lo aveva capito quando se ne è andato. Zingaretti ci ha messo due lunghi anni per capirlo. Al suo partito non interessa più il welfare, il lavoro, la formazione, ma interessano le poltrone. Non è più un partito di sinistra ma di sistema e questo non lo dico solo io ma lo ha detto il numero uno delle Acli di Bologna. Lo dovevano capire i Dirigenti e i Capi correnti del Pd e farsi delle domande come mai il Movimento 5 Stelle tiene e la Lega avanza e il Pd prendeva delle sonore batoste elettorali le cui ferite ancora sanguinano. Ha ragione Zingaretti, il Pd vuole solo poltrone. Non cambia le cose, altrimenti non avrebbe mai fatto un’alleanza col M5Stelle. Anche per il filosofo, ex Sindaco di Venezia, il Pd è morto. Si faccia subito il funerale e poi un bel congresso in cui si decida finalmente qualcosa. Se fanno finta che nulla sia successo allora non c’è avvenire per il Pd, resterà sempre un’armata Brancaleone. Fate presto. Domani potrebbe essere troppo tardi. I dirigenti attuali saranno capaci di mettere insieme i cocci e iniziare a parlare alla gente, ai lavoratori, ai cassi integrati, a chi è alla ricerca di una prima occupazione, a chi ha perso il lavoro causa Coronavirus, a chi ha dovuto abbassare la saracinesca dei suoi negozi? Zingaretti ha lasciato il partito, deluso e amareggiato. Ha pronunciato parole pesantissime, mai prima d’ora pronunciate da un segretario di un partito politico. Zingaretti si è dimesso perché prova vergogna ( e se lo dice lui che è il segretario, immaginate la vergogna che provano gli iscritti e i simpatizzanti delle piccole città e dei paesi dove il Pd è quasi del tutto assente ). I dirigenti parlano di posti, sono concentrati nei giochi di palazzo, quando l’Italia sta andando alla deriva e sta esplodendo la terza ondata del Covid. Ma, forse, il vero motivo per cui Zingaretti si è dimesso non lo sapremo mai. Lui non l’ha detto. Il punto di dissenso interno resta oscuro. Forse il progetto di alleanza con i 5 Stelle è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ce lo vedete voi, amici carissimi, che forse in passato avete votato PCI e DC, due gloriosi partiti politici che hanno fatto grande l’Italia, il Pd in posizione subordinata al movimento di un clown? Ma perché I Guerini, gli Orfini, la Serracchiani, i Franceschini, i Del Rio non sono intervenuti prima? Nessuno fino ad ieri ha avuto niente da ridire. Nessuno ha obiettato quando Zingaretti per far fuori Salvini ed evitare il suo trionfo si è alleato con Grillo e Di Maio. Quell’alleanza a molti ha fatto comodo. Dopo un anno di astinenza e digiuno, pur essendo il Partito uscito sconfitto nelle elezioni politiche del 2018, sono ritornati ad occupare le comode poltrone ministeriali nel secondo Governo Conte senza alcun merito. Nessuno ha osato obiettare quando Zingaretti diceva: - O Conte o elezioni anticipate -. Non c’è stato un Conte ter e non ci sono state elezioni anticipate. Hanno dovuto ingoiare il rospo. Un Governo Draghi appoggiato finanche da Berlusconi e Salvini. Ora Zingaretti, stanco, deluso, amareggiato, impallinato, accerchiato non da Salvini o dalla Meloni ma dai suoi stessi compagni, ha gettato la spugna. Si è dimesso. Chi si è fatto avanti come suo successore? Indovinate un po’. Beppe Grillo. Così ha scritto sul suo blog:- Non dobbiamo farci concorrenza. Io potrei portare ciò che più serve. Non l’equilibrio tra le correnti ma la risoluzione “green”- .E’ Una provocazione, non c’è dubbio. E’ una provocazione bella e buona. Le dimissioni di Zingaretti hanno fatto finanche risuscitare “Le Sardine”. Si sono presentate davanti al Nazareno con sacchi a pelo e hanno minacciato di occupare la sede del Pd.

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I Racconti

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